Stati Uniti, Giappone, Canada, Russia e Hong
Kong sono i mercati che hanno
determinato questi risultati, quindi Paesi extracomunitari, che
complessivamente nel 2012 hanno visto aumentare le quantità importate di salumi
italiani del 12,7% pari a un +16,5% di valore. Più contenuto l’aumento
incassato in Europa, che si ferma a un modesto +1,3%, segno evidente delle
difficoltà economiche in cui il Vecchio Continente, pur con i distinguo del
caso, si sta dibattendo.
La salumeria Made in Italy dunque piace
sempre di più, soprattutto al di là dell’oceano, dove prosciutti crudi
stagionati, prosciutti cotti e mortadelle italiane continuano a incassare il
favore di mercati sempre più affascinati dalle nostre produzioni di qualità. Spiccano
le percentuali di incremento degli Stati Uniti (+21,5%), del Giappone (+32,4%),
della Russia (+33,9%), di Hong Kong (+23,1%), ma anche di un Paese ben più
vicino a noi come la Bosnia Erzegovina che nel 2012 ha aumentato le
importazioni di salumi italiani del 12,5% in quantità, pari a un +21,5% di
valore.
L’export
vola ma non compensa le perdite nazionali. Lo afferma il professor Alessandro
Olper, secondo il quale le aziende devono sapersi strutturare meglio
“I risultati pur positivi – spiega Alessandro
Olper, docente presso il Dipartimento di Economia e Politica Agraria
all’Università di Milano – non compensano purtroppo le perdite del mercato
nazionale che come tutti sanno vive un periodo di profonda recessione. Ciò
detto però, non vi è alcun dubbio che l’export rappresenti per il settore
agroalimentare italiano uno sbocco interessante e, se ben sfruttato, una grande
occasione di crescita e soprattutto di business».
Ma come può essere sviluppata questa
tendenza, quali sono le strategie da mettere in atto per dare impulso a una
voce così importante, oggi ancora di più, dell’economia italiana?
«Credo che il nodo della questione sia
racchiuso nella necessità di far crescere le aziende – risponde il docente – e
quando parlo di crescita mi riferisco a un sistema ben strutturato in grado di
far fronte anche al rischio che, inevitabilmente, le dinamiche legate
all’export comportano. Le potenzialità ci sono e l’elevata qualità delle nostre
produzioni sono universalmente riconosciute, ma la qualità, da sola, non basta».
Il commento di Guido Bertolin della Maison Bertolin
«Non
posso fare altro che confermare i dati e le considerazioni riportate nel
comunicato - spiega Bertolin - per
quanto riguarda la Bertolin nel 2012 l’export in valore è aumentato del +30,07%
rispetto al 2011. +17,30%
in Paesi extra UE (Russia – Giappone), +9,30% in Francia e +16,80% in Belgio. Molto
buoni anche i dati del primo trimestre 2013. L’export cresce anche per noi, ma
nel nostro fatturato totale purtroppo incide per poco più del
3%. Confermo in effetti forti perdite in questo primo trimestre. Oltre il 10% nel mercato
nazionale. L’export
è sicuramente uno sbocco interessante, ma in Valle d'Aosta siamo aziende piccole. Le
potenzialità ci sono e anche la qualità. E' necessario investire in questi mercati ma facendo sinergie in modo da ridurre i
costi e il rischio».
La filiera si riunisce a Italpig - Rassegna Suinicola di Cremona
Il tema dell'export e della qualità garantita al consumatore italiano e internazionale è uno degli argomenti più attuali del settore perché apre nuove opportunità commerciali per tutta la filiera. Per questo tutti i protagonisti si sono dati appuntamento a Italpig il 24 ottobre 2013 per un confronto aperto e diretto sulla direzione da prendere per valorizzare tutti i segmenti della filiera.
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