30 maggio 2019

#Credito: accordo tra #Valfidi e #Ascomfidi Nordovest

L’approvazione del bilancio dell’esercizio 2018 è stata al centro dell’Assemblea Ordinaria dei soci di Valfidi, convocata per martedì 21 maggio. Ma non solo. Il Presidente Laurent Vicquéry, presentando la Relazione del Consiglio di Amministrazione, ha messo in evidenza il percorso che il confidi dovrà effettuare nei prossimi 2 anni per raggiungere la soglia dei 150 milioni di Euro di attività finanziarie necessaria per mantenere l”iscrizione nell'Albo Unico ex art. 106 del TUB degli Intermediari Finanziari.

In proposito Vicquéry ha informato i presenti «circa l”accordo sottoscritto con Ascomfidi Nordovest che permetterà alle imprese valdostane del settore commercio, oggi supportate dal confidi piemontese, di tornare a beneficiare dei contributi in conto interessi e di mantenere i costi delle 
garanzie contenuti. Un accordo che può portare Valfidi a fare un importante passo avanti nel percorso di raggiungimento della soglia dei 150 Milioni di euro e rilancia la necessità di riprendere il dialogo con Confidi Valle d’Aosta per un percorso aggregativo a livello regionale».

Il Presidente ha posto l'accento sulle profonde differenze tra la realtà economica valdostana e quella delle altre regioni d’Italia, sulle importanti disparità tra l’operatività dei confidi valdostani rispetto ai confidi di altre regioni e sulle possibili sinergie tra i confidi valdostani, invitando a ulteriori riflessioni chi oggi sta valutando come prioritarie le soluzioni aggregative con confidi extra regionali, sottolineando come in passato quelle stesse scelte non abbiano prodotto risultati apprezzabili.

Ma veniamo ai numeri di Valfidi. 3.276 soci ordinari costituiti da imprese e professionisti e 7 soci sovventori. Nel corso del 2018 sono stati ammessi alla cooperativa 107 nuovi soci e ne sono fuoriusciti per recesso, decadenza o esclusione 84 soci. Al 31/12/2018 lo stock complessivo di garanzie ammonta ad euro 83.569.609 a cui corrispondono 184.339.000 di euro di finanziamenti e affidamenti attivi garantiti. Nel corso del 2018 Valfidi ha erogato 22.418.515 euro di nuove garanzie
corrispondenti ad Euro 41.459.000 di nuove linee di credito concesse dalle banche convenzionate.
Le garanzie in bonis rappresentano il 91% del totale, le garanzie deteriorate il 9%, di cui il 6,85% sono garanzie relative a pratiche a sofferenza presso le banche. Nel 2018 è proseguito il calo dell’indice di ingresso a deteriorato, con un miglioramento della qualità del credito, a dimostrazione del calo delle posizioni problematiche. Il patrimonio netto della società ammonta ad oltre 12.691.000 euro.

Nel commentare i numeri sopra riportati «Va evidenziato, - ha spiegato il Direttore Roberto Ploner
- come sia cresciuto l'importo delle nuove garanzie rilasciate nell'anno rispetto agli anni precedenti,
con una conseguente crescita dello stock di garanzie in bonis di 627.000 Euro (+0,83%). Positivo
anche il dato delle garanzie deteriorate in calo del 7% rispetto all’anno precedente. Le posizioni
classificate in stato deteriorato si attestano al 9% del totale del portafoglio garanzie, un dato questo al di sotto rispetto alle percentuali che rileva la Banca d”Italia sul sistema del credito in Valle d’Aosta, in particolare sul target delle micro e piccole imprese. Questi dati confermano come Valfidi in questi anni non abbia fatto mancare il suo sostegno alle imprese, soprattutto a quelle che ne avevano maggiore necessità, attingendo anche a risorse pubbliche, ad esempio il fondo di Garanzia per le PMI, idonee a mitigare il rischio di credito».

24 maggio 2019

La mia (ma non solo mia) intervista a #CarloCottarelli: «#Evasione e #Burocrazia peccati capitali dell'economia italiana»


Venerdì 10 maggio, presso la sala congressi dell’Hostellerie du Cheval Blanc, ho avuto il piacere di moderare una serata con il Professor Carlo Cottarelli, organizzata dai Rotary Club Aosta e Courmayeur-Valdigne, col sostegno di Banca Passadore e la collaborazione di Confindustria Valle d’Aosta, degli Ordini dei Dottori Commercialisti e dei Consulenti del Lavoro della Valle D’Aosta e dell’Università della Valle d’Aosta. Tema della serata «Il Sistema Italia nel contesto internazionale: quale equilibrio tra competitività e stato sociale?». Ne è nata (anche con l'aiuto del pubblico) una intervista che ho avuto il piacere di sottoporre ai lettori del Corriere e ora propongo in versione integrale ai visitatori del blog. Il reportage fotografico è a cura di Bruno China Bino e Matilde Quaglia. Aggiungo che è stato bello vedere tra le oltre 300 persone presenti molti dei nostri fedeli abbonati. 
Fabrizio Favre


Professor Cottarelli lei nel suo libro scrive che l'Italia non cresce come dovrebbe dal 1999. Da dove nascono le fatiche italiane?
Partiamo prima di tutto dai dati della congiuntura immediata. Oggi (venerdì 10 maggio ndr) sono usciti i dati della produzione industriale che a marzo è scesa dell'1%. Tra gennaio e febbraio è cresciuta, mentre nell'ultimo trimestre del 2018 era scesa. Che cosa sta succedendo? L'anno scorso c'è stato un forte rallentamento nella crescita Europea e noi abbiamo subito questo rallentamento. Ma siccome il nostro tasso di crescita in generale è più basso il nostro risultato è stato negativo anche se di poco. Negli ultimi trimestri del 2018 abbiamo avuto così una piccola recessione tecnica. Va comunque detto che ci abbiamo messo del nostro. Quando il Governo ha cominciato a dire basta con le regole europee, basta con l'austerità e ha presentato una legge di bilancio che prevedeva un significativo aumento del deficit pubblico i mercati si sono spaventati e lo spread è salito. Il mitico spread è qualcosa che non è tangibile, ma fa male all'economia. Quando sale diventa più difficile per le banche prestare e se sale troppo si rischia di tornare nel 2011, quando a quota 600 l'economia è crollata. Come quindi il rallentamento dell'anno scorso nasceva dal rallentamento dell'Europa, la ripresa di questi primi mesi è dovuto alla ripresa dell'economia europea. L'area europea è passata da 0,2 a 0,4 e noi siamo passati – 0,1 a 0,2. Anche in questo caso abbiamo dato comunque un nostro contributo perché grazie all'accordo trovato tra l'Italia e l'Europa sui conti pubblici di quest'anno lo spread è sceso. La sostanza è che noi quest'anno riusciremo ad avere un segno positivo sulla crescita. Il Governo è stato molto prudente ipotizzando uno 0,2, io sono convinto che si possa arrivare anche ad un + 0.4. L'aspetto drammatico è che si parla sempre di “zero virgola”, ma noi non dovremmo crescere come l'area dell'euro, ma più rapidamente perché negli ultimi 20 anni abbiamo perso terreno. Di quanto? Alla fine degli anni '90 la Germania aveva un reddito pro capite in termini di potere di acquisto più alto del nostro del 4% ora siamo tra il 20 e il 25%. In questo momento abbiamo lo stesso reddito pro capite di 20 anni. E non era mai successo dal 1861 che ci fosse un periodo di 20 anni senza crescita.




Quali prospettive sono possibili?
Ci sono due scenari: quello buono è quello in cui non cresciamo a meno di non fare riforme importanti. Con un grosso punto di domanda però: la legge di Bilancio del prossimo anno. Comunque è lo scenario che ritengo più probabile anche se non è un grande scenario. C'è poi lo scenario preoccupante in cui ricadiamo nella crisi del 2011 di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. Non è un rischio altissimo, però non è irrilevante. Cosa può scatenare questa crisi? La crisi del 2011 è avvenuta perché lo spread è salito quasi a 600 e il PIL era in calo ad un ritmo del 4%. La disoccupazione è salita rapidissimamente. Gli investitori stranieri e domestici hanno cominciato a temere che l'Italia uscisse dall'euro e che quindi se io investo in euro potevo venire ripagato dopo un anno in nuove Lire. Un dubbio che è venuto in quanto l'Italia negli anni precedenti era cresciuta poco e aveva esportato poco. Noi avevamo uno squilibrio nei nostri conti con l'Estero. Questo perché dopo l'entrata nell'euro avevamo perso competitività. Per un po' di anni abbiamo continuato ad avere un aumento dei nostri costi e dei nostri prezzi superiore alla Germania. Una volta questo non era un problema perché noi ogni tanto svalutavamo, ma ora non era più possibile. Le nostre esportazioni ne hanno risentito. Tra il 1999 e il 2009 le esportazioni italiane non sono cresciute, quelle tedesche sono invece cresciute di quasi il 70%. Di conseguenza un paese in queste condizioni poteva avere la tentazione di uscire dall'Euro. Inoltre l'Italia aveva e ha un debito pubblico molto elevato, il secondo dopo la Grecia, e un Paese così potrebbe di nuovo avere la tentazione di uscire dall'Euro e riavendo la propria Banca Centrale stampare moneta e ripagare il debito pubblico. Questi due motivi hanno creato preoccupazione nei mercati finanziari. Non c'è stata nessuna congiura internazionale per far cadere l'allora Governo Berlusconi, ma c'erano motivi oggettivi per cui un Paese in una simile situazione venisse attaccato dai mercati finanziari. Da allora i conti con l'estero sono migliorati. Esportiamo più di quanto importiamo, anche perché importiamo poco. C'è stato anche un po' di recupero di competitività rispetto alla Germania: non perché i costi nostri si sono ridotti, ma perché in Germania sono aumentati più rapidamente. Il problema dei conti pubblici è rimasto irrisolto. Si aggira intorno al 132%. L'anno scorso è un po' cresciuto e quest'anno potrebbe crescere ancora un po'. In questo contesto la Legge di bilancio per il prossimo anno diventa cruciale. Il problema è che come far tornare i conti in autunno non sarà per niente facile in quanto sono stati già decisi degli aumenti di spesa. Ad esempio il reddito di cittadinanza e quota 100 e altre misure, che avranno il loro impatto pieno il prossimo anno. A carte ferme e senza aumenti dell'Iva il prossimo anno potremmo trovarci un debito pubblico tra il 3,3 e il 3,5% del PIL. Non sono numeri enormi ma quest'anno finiremo sul 2,3, quindi si tratta di un punto in più in una situazione in cui il PIL non cresce molto. A questo punto potremmo trovarci di nuovo in autunno con i mercati finanziari che cominciano a dubitare che l'Italia non riesca a rispettare le regole sui conti pubblici europei, che il deficit cresca a un livello per cui il debito comincia ad aumentare rapidamente e che lo spread riprenda a rapidamente la sua corsa. Sono convinto che alla fine un accordo con l'Europa si troverà, anche se adesso non so immaginarmi quale soluzione si possa trovare di contenimento del deficit del prossimo anno. Anche la promessa della flat tax pone la grande incognita di dove si possano trovare le risorse necessarie per attuarla. Difficile dare una risposta. Vediamo cosa succede in autunno.




Nel suo libro sui sette peccati capitali il settimo, che li tiene dentro un po' tutti, è quello sulla difficoltà italiana a convivere con l'Euro. Probabilmente anche perché non si fanno le riforme che lei ha spiegato come necessarie. Quali sono queste riforme?
Va detto che non tutti gli economisti sono di questa opinione. Come ho già detto quando l'Italia è entrata nell'euro per un po' di anni dal 1999 al 2009 i nostri costi di produzione sono aumentati rapidamente. Ma perché? Prima di tutto per inerzia. Noi avevamo sempre aumenti di costi e di stipendi più alti in termini nominali che in Germania, l'inflazione era però più alta da noi. Poi si è verificato un caso di scuola, presente in tutti i testi di economia internazionale: quando un paese come l'Italia che ha tassi di interesse e di inflazione alti si unisce dal punto di vista monetario con un Paese come  la Germania che ha tassi di interesse bassi, i tassi di interesse alti scendono se l'accordo di cambio è credibile. E l'Euro era credibile inizialmente. E così diventa più facile prendere a prestito soldi dalla Banca e spenderli, il che spinge verso l'alto i prezzi, compresi quelli delle case. I mutui ipotecari sono aumentati del 20%. Il libro di testo di economia internazionale dice che c'è un rimedio a questo, cioè che lo Stato spenda di meno, invece lo Stato italiano, una volta entrato nell'Euro, ha detto: “i tassi di interesse scendono anche per me. Io non devo più prendere a tassi di interesse del 10% ma del 2%. E allora a questo punto posso ricominciare a spendere anche io”. E così il Governo tra il 2000 e il 2006 ha ricominciato a spendere molto, perdendo l'occasione di mettere a posto i nostri conti pubblici una volta per sempre. Lì c'è stato un errore di valutazione. All'epoca, fra l'altro, io ero il capo delle missioni del Fondo Monetario che faceva le ispezioni annuali in Italia e con il Ministro dell'Economia di allora, Tremonti, ci furono delle tensioni in quanto noi gli dicevamo che stavano spendendo troppo. Questa ulteriore spesa ha buttato benzina sul fuoco dell'inflazione e si è creata questa perdita della competitività. Il costo del lavoro per unità di prodotto tra il 1999 e il 2009 è aumentato in Italia di circa il 30%, mentre in Germania è stato pari a zero. Di conseguenza abbiamo perso quote di mercato. Le riforme necessarie sono tutte quelle che fanno recuperare produttività e competitività alle imprese italiane. Non vuol dire tagliare i salari. Ci sono altri costi. Le PMI italiane ogni anno per compilare moduli spendono dai 30 ai 35 miliardi. Una cifra enorme. Un imprenditore di Mantova mi ha detto di avere 100 operai che producono biciclette e 20 negli uffici che riempiono i moduli. In Germania il rapporto è di 100 a 5. Sono i costi della burocrazia. E' essenziale che si faccia qualcosa per ridurla. E non parlo dei dipendenti pubblici, ma del numero di regole che ci sono. La CGIA di Mestre da anni produce statistiche sul numero di moduli che si devono compilare ogni anno. La burocrazia sono anche i tempi di attesa che influiscono sulle decisioni di investimento e con macchine nuove l'operaio che produce biciclette invece di 10 al giorno ne fa 20 e così il costo del lavoro per unità di prodotto si dimezza. Gli investimenti privati in Italia sono frenati dal livello della tassazione, dalla burocrazia e dalla lentezza della giustizia civile, un altro dei peccati capitali di cui parlo nel libro. Un processo legato ad un contratto in Italia può durare oltre 7 anni, in Germania due anni e due mesi, in Spagna due anni e tre mesi, In Polonia un anno e due mesi. Ora se voi avete un contratto e la controparte non fa quello che dovrebbe fare, e voi andate dal giudice e dovete aspettare in media più di 7 anni significa che non avete in mano un contratto valido e il lavoro degli imprenditori deve essere basato sulla certezza del diritto. Qui occorrono riforme. E poi c' il livello della tassazione. Tagliare le tasse è facile, ma non può essere fatto in deficit. E' un problema perché non è credibile. Se io per farlo prendo soldi a prestito il taglio di tasse non è detto che sia permanente. Vanno trovate delle fonti permanenti di finanziamento se vogliamo farlo. Ce ne sono due: la lotta all'evasione fiscale - ogni anno lo Stato perde 130 miliardi per evasione fiscale, tenete conto che la spesa per la Pubblica Istruzione in Italia è pari a 65 miliardi - e poi il risparmio sul lato della spesa. Occorrono delle spending review serie. Occorrono delle priorità. E' chiaro che non si va tagliare istruzione e welfare, ma in tutte le altre aree credo che ci sia qualcosa su cui è possibile risparmiare. Queste sono le riforme utili a portare una maggiore crescita e così risolvere il problema del debito pubblico. Più crescita, più entrate per lo Stato. Occorre però anche avere un po' di fortuna in quanto richiedono tempo e dobbiamo sperare che l'Europa cresca, noi continuiamo a crescere, magari meno dell'Europa, ma questo ci dà il tempo per fare le riforme e così riusciamo a riprendere a crescere.




Alcuni dei peccati capitali di cui lei accenna nel libro sono legati alla debolezza del capitale sociale italiano. Oltre alla politica anche noi cittadini siamo chiamati a dare un contributo...
Purtroppo spesso come italiani non ci comportiamo da buoni cittadini. Ad esempio non si pagano le tasse quando si dovrebbero pagare oppure il funzionario pubblico si fa corrompere perché tanto il Paese è corrotto, lo fanno tutti e, quindi, lo faccio anche io. Diversi peccati capitali sono spiegabili così. Addirittura la lentezza della giustizia in parte è dovuta a questo fatto. Ogni anno cominciano tantissime cause. Siamo molto più litigiosi di quanto avviene all'estero. La spesa per la giustizia in Italia è più o meno come negli altri paesi, ma la domanda è molto più alta dell'offerta. L'impressione è che talvolta si inizi una causa per dar fastidio a qualcun altro, magari so che non ho ragione, ma la comincio lo stesso. E così per 6-8 anni ho dato fastidio a questo qualcun altro. Anche questo è un comportamento egoistico. Se tutti fanno così il sistema si intasa e si danneggiano anche quelle cause che sono del tutto legittime. Purtroppo non si fanno le riforme utili a risolvere certi problemi. E così ce la prendiamo con i politici. Ma chi li elegge i politici? I politici li eleggiamo noi e quindi eleggiamo politici che non vogliono fare certe cose o preferiscono farne altre. Se vi dico votatemi per rendere la giustizia civile più rapida o per ridurre la burocrazia sicuramente sono argomenti validi, ma hanno più effetto proposte come l'andare in pensione prima o il reddito di cittadinanza. Al di là di tutto c'è un problema di cultura per cui noi ormai da anni, e non mi riferisco tanto a quest'ultimo governo, eleggiamo governi che non fanno certe riforme che sono nel lungo periodo più efficaci, ma nell'immediato non danno grossi risultati. Ecco perché ormai di lavoro faccio il “predicatore” vado in giro nelle parrocchie, nelle scuole, nelle Università, perché mi sono convinto che per cambiare le cose in Italia si deve cercare di cambiare la mentalità. E noi economisti siamo stati sempre molto bravi a parlare tra di noi ma poco a metterci la faccia e andare a parlare in pubblico.


L'Italia è il secondo Paese in Europa nel campo manifatturiero e il settimo nel mondo. Il risparmio italiano è tra i più elevati in Europa. La ricchezza italiana è nei primi dieci nel mondo. Tutti questi elementi un valore lo avranno? Secondo lei c'è soltanto un problema di sfiducia verso l'Italia oppure veramente il cigno nero sta per arrivare?
Il mio scenario di base non prevede una crisi tra pochi mesi. Perché ci sia una crisi in Italia occorre un incidente di percorso. Il problema è la fragilità del sistema Italia. Nel 2011 c'è stata la crisi greca che ha messo in luce che l'euro non era eterno. Io temo, come ho già detto, una recessione in Europa. Una recessione dell’1 e 1,5% non so se la reggiamo. Significa riduzione del PIL e perdita di entrate da parte dello Stato. Il deficit aumenta e il rapporto tra debito pubblico e PIL cresce di 3-4 punti percentuali. Noi per ora stiamo tranquilli perché il debito aumenta di poco. Occorre molta prudenza per non finire nella crisi perché quando ci si trova nella crisi non c'è una ricetta facile. La medicina dell'austerità è sempre amara però la si deve prendere. Io però vorrei evitare di arrivare a quella situazione. E questo significa fare riforme prima finché siamo in tempo. Nel maggio del 2011 lo spread era 130 noi siamo oggi a 270, sei mesi dopo eravamo a 600. Io non mi fido dei mercati finanziari perché sono erratici. Stanno tranquilli e poi all'improvviso tutti scappano verso l'uscita. Il motivo per cui noi dovremmo ridurre il debito pubblico finalmente è perché questa sarebbe davvero una operazione di indipendenza, renderci indipendenti dall'erraticità dei mercati internazionali. Il Primo ministro svedese che negli anni '90 decise di abbattere il debito pubblico lo fece perché era stufo di andare a mendicare soldi a Londra. Questa deve diventare una priorità anche per l'Italia.


Mancano 15 giorni alle elezioni (era il 10 maggio ndr). Cosa pensa possa succedere a livello europeo e se non succedesse niente a livello di equilibri politici quale influenza potrebbe avere sui nostri conti, sul nostro PIL?
Io credo che ci sarà una avanzamento delle cosiddette forze sovraniste, anche se le forze tradizionali manterranno la maggioranza. E' però una pia illusione sperare che questo avanzamento potrebbe portare un cambiamento nelle regole sui conti pubblici a livello europeo, perché i sovranisti d'oltralpe sono cattivissimi quando si parla di conti pubblici. Ho incontrato questa mattinata una delegazione di deputati europei olandesi e il più accanito contro i conti pubblici italiani era l'unico parlamentare appartenente all'area sovranista. Scordiamoci il fatto che in caso di vittoria di queste forze politiche potremo fare quel che vorremo con i nostri conti pubblici. Non accadrà mai.


Secondo lei una riduzione dei livelli di tassazione può portare ad una riduzione di evasione?
E' possibile, ma non ci conterei. Il livello di evasione sull'Iva non è influenzato dal livello di tassazione. Detto questo io penso che si possa sperare che se abbasso le tasse ci sia un po' meno la tentazione di evadere. E' però una speranza. Non ci posso contare ex-ante. Sarebbe sbagliato e rischioso soprattutto per una paese con un debito pubblico elevato come l'Italia.




A livello di taglio della spesa pubblica a partire dalla sua analisi fatta quando si è occupato della spending review che cosa è possibile fare?
L'apparato della Pubblica Amministrazione in Italia è troppo frammentato, troppo complesso. Ci sono 8000 comuni, ancora 10mila società partecipate dagli enti territoriali, ci sono 200 enti pubblici centrali, ci sono gli enti pubblici regionali. Lo Stato stesso è frammentato nel senso che è presente in quasi tutte le province d'Italia con più di un ufficio ministeriale. Anche soltanto il Ministero dell'Economia ha l'Agenzia delle Entrate. Questo sistema è costoso. Ci sono poi anche enti pubblici inutili. Ma esistono anche due problemi nel risolvere la situazione. Il primo è che comunque fare riforme per snellire l'apparato dello Stato richiede tempo, un investimento politico e che dà risultati nel giro di tre anni. Si può pianificare ma spesso la legge di bilancio è preparata all'ultimo momento e se uno ha una proposta che fa risparmiare soldi fra tre anni si preferisce lasciar perdere in quanto servono soldi subito. Come Commissario della revisione della spesa ho visto casi del genere. L'altro problema grosso è quello del personale. Tutti siamo d'accordo nel chiudere un ente inutile, ma normalmente il 70% dei costi di un ente inutile sono stipendi. Quando io ho detto a un Presidente del Consiglio che si doveva affrontare il problema dei costi del personale è chiaro che diventa tutto più complicato. Cosa facciamo licenziamo le persone? Non fa parte della nostra cultura. Ci sono però modi di risparmiare senza licenziare a patto di pianificare la propria azione. Per esempio ci sono servizi che lo Stato compra dall'esterno e potrebbero essere fatte con risorse interne. Ad esempio io ho sostenuto che spesso ci sono delle duplicazioni tra le cose che fanno le varie forze di polizia. Il mio esempio preferito è la Guardia di Finanza che ha i reparti antisommossa. Perché la Finanza debba fare i servizi antisommossa a Roma non l'ho mai capito? Oppure spesso ci sono le auto blu guidate dalle forze di polizia. Questi poliziotti potrebbero essere utilizzati al Tribunale di Milano che invece usa guardie giurate. Con un po' di organizzazione questi eccessi di personale potrebbero essere utilizzati per risparmiare servizi che attualmente lo Stato compra dall'esterno.




Quali conseguenze possiamo aspettarci dalla fine del mandato di Mario Draghi alla BCE?
La prima è quella cui pensano tutti. Draghi se ne va, l'Europa decide di aumentare i tassi di interesse, arriva un tedesco, un olandese e i tassi di interesse aumentano. In realtà credo che la Banca Centrale Europea sia vincolata dal suo mandato. Questo scenario potrebbe avvenire soltanto se ci fossero spinte inflazionistiche in Europa, ma se ci fossero vorrebbe dire che in Europa l'economia sta tirando. Ciò che mi preoccupa molto è come verrebbe gestita una crisi come quella del 2011 in presenza di un Presidente tedesco. Un anno fa Weidman, uno dei possibili candidati, in un incontro a porte chiuse alla mia domanda se lei fosse Presidente della BCE e l'Italia andasse in crisi e ci fosse un governo pronto a fare delle riforme che cosa direbbe? “Va bene italiani facciamo scendere il tasso di interesse per aiutarvi” oppure “Italiani vi abbiamo dato otto anni di interesse bassi, non avete messo i vostri conti pubblici e ora vi arrangiate”? Mi ha risposto “la seconda”. Non credo che accadrà però è chiaro che la personalità che guida la BCE diventerebbe cruciale in un periodo di crisi. Uno dei problemi del 2012 è che lo spread con Monti ci ha messo nove mesi a scendere. Non basta l'austerità perché i tassi scendano, occorre anche un intervento della Banca centrale che è arrivato nel luglio del 2012. Draghi non poteva appena nominato Presidente della BCE far subito scendere i tassi per il proprio Paese. Sarebbe stato poco credibile. L'Italia ha dovuto conquistare la fiducia degli altri Paesi prima di ottenere la discesa dei tassi. Purtroppo per questi nove mesi l'Italia è stata tenuta sulla graticola. Per uscire dalla crisi oltre che fare i compiti a casa serve una BCE che agisca rapidamente.


Se fosse chiamato a guidare un governo tecnico per prima cosa che farebbe?
Chiariamo subito un aspetto. Quello per cui ero stato chiamato io era davvero un governo tecnico in quanto la chiamata era arrivata senza avere avuto la fiducia dal Parlamento e che quindi avrebbe potuto gestire l'ordinaria amministrazione. E quindi non può fare riforme. Un governo guidato da un tecnico ma con una maggioranza politica come quello di Monti non è tecnico, ma politico. E' stato votato. Ha avuto la fiducia. Tutti i provvedimenti di Monti sono stati votati dal Parlamento. Poi adesso si dice tecnico perché i politici non hanno voluto prendersi la responsabilità. In questo secondo caso io avrei tre priorità: primo ridurre la burocrazia, secondo ridurre la burocrazia e terzo ridurre la burocrazia.

23 maggio 2019

Assemblea #BCCValdostana


Si svolgerà venerdì 24 maggio, a partire dalle 17, presso la sala conferenze della BCC di Gressan, in Fraz. Taxel 26, l’Assemblea ordinaria della BCC Valdostana. All’incontro sono convocati i quasi 10.000 soci dell’Istituto per deliberare sui cinque punti all’ordine del giorno. Oltre alla presentazione e approvazione del bilancio al 31 dicembre 2018, l’ordine del giorno prevede la
determinazione dell’importo del sovrapprezzo, l’approvazione delle politiche di remunerazione e incentivazione, la risoluzione consensuale dell’incarico di revisione legale e l’informativa in merito all’adozione del Regolamento di Gruppo per la gestione delle operazioni con soggetti collegati. Ad aprire l’assemblea sarà la relazione del presidente di BCC Valdostana Davide Adolfo Ferré, che ripercorrerà gli importanti eventi che hanno caratterizzato il 2018, con particolare riferimento al cambiamento del modello di business, nonché i cambiamenti determinati dall’entrata di BCC Valdostana nel Gruppo bancario di Cassa Centrale Banca, costituito da 84 banche di credito cooperativo e casse rurali su tutto il territorio italiano.
Sarà, inoltre, presentato il percorso di consolidamento e risanamento della struttura della BCC Valdostana concordato con Cassa Centrale Banca, che ha portato anche al ripensamento della presenza sul territorio regionale della banca, alla conseguente riorganizzazione delle filiali, anche in risposta al crescente utilizzo dell’internet-banking e alla crescita dei servizi di consulenza sui prodotti offerti dall’istituto.

«Una BCC Valdostana più forte, più protetta, più solida e con una prospettiva di crescita ben pianificata. Su questi aspetti e molti altri abbiamo lavorato nel corso del 2018, attraverso la costruzione di un percorso di risanamento e consolidamento che ci permette, già dal 2019, di guardare avanti positivamente – ha dichiarato il presidente Ferré – Sono questi gli elementi che avremo modo di presentare e spiegare ai nostri soci nel corso dell’Assemblea. Elemento importante è che cresce per BCC Valdostana l’indicatore della solidità patrimoniale passato dall’8,04% del 2017 al 9,34% al 31.12.2018, e che nel primo trimestre 2019 si è attestato al 9,94%».

Le principali componenti patrimoniali vedono un mantenimento sostanziale della raccolta complessiva (oltre 800 mln. €) che evidenzia un miglioramento sul profilo di concentrazione, un miglioramento del comparto Crediti dove migliora la componente deteriorata con una diminuzione del 22% rispetto al 2017 e un aumento della copertura che sulle sofferenze passa dal 54% del 2017 al 63% nel 2018. Con riguardo alle componenti economiche, migliorano i ricavi caratteristici (+510mila € interessi e commissioni), i proventi di gestione (+ 883mila €) ma soprattutto il costo del credito si riduce a 4,8 mln (-75% rispetto al 2017) e le spese amministrative sono in concreta riduzione. Ultimo aspetto è l’efficientamento della rete distributiva, con la creazione di tre aree commerciali (alta, media e bassa valle), di filiali “madri o hub” in grado di soddisfare tutte le esigenze della clientela e filiali “figlie o spoke” che ne garantiscono le esigenze operative e con una rivisitazione della presenza delle filiali sul territorio in quanto, con l’adesione alla Capogruppo, la BCCV ha esteso la competenza territoriale al 99% dei comuni valdostani.

11 maggio 2019

#Grandangolo sulle #Professioni in Valle d'Aosta: Gli #Odontoiatri

Questa settimana proponiamo l’intervista a Massimo Ferrero, Presidente dell’Albo degli Odontoiatri.

IDENTIKIT

Iscritti totali anno 2018: 79


Presidente:Massimo Ferrero
Segretario: Fabrizio Perret
Consiglieri: Walter Madiai, Franz Stuffer, Carel Kreutzberg

                                                          
Il trend nei prossimi anni in termini di iscritti si prevede in lieve aumento

Sito internet: www.omceo.vda.it


Intervista al Presidente Massimo Ferrero

Quali sono le principali problematiche a livello regionale e nazionale?

La professione negli ultimi 25 anni ha subito moltissimi cambiamenti e adattamenti in linea con quello che è avvenuto nella nostra società e quindi un incremento delle problematiche di carattere fiscale, previdenziale, organizzativo, autorizzativo, inoltre il rapporto con il cittadino-paziente è diventato sempre più complesso in quanto non c’è più quel paternalismo che ammantava la professione medica e odontoiatrica, ma il cittadino è spesso più cosciente e competente, anche se spesso la competenza deriva da una conoscenza approssimativa acquisita dai media o via internet e così si creano delle difficoltà comunicative cui dobbiamo ovviare grazie alle nuove tecnologie.

Esistono possibilità di lavoro in Valle d’Aosta oppure il settore è saturo?
Una dei maggiori problemi è stato quello legato alle frammentazioni delle competenze in seguito alla devoluzione di esse alle regioni. In effetti le nostre difficoltà derivano dal confrontarci con le specifiche normative che la Regione emana a volte difformi da quelle vicine. Da un punto di vista professionale in questi ultimi venti anni possiamo dire che il numero degli odontoiatri è rimasto costante. Abbiamo però - proprio a seguito dell’introduzione di normative nazionali che in qualche modo consentivano anche la pubblicità dell’attività odontoiatrica – avuto l’accesso e la creazione di nuovi centri odontoiatrici anche nella nostra regione che si vanno ad affiancare a quella che è l’offerta tradizionale dell’odontoiatra come professionista esercente una professione eminentemente intellettuale. Le nuove normative prevedono infatti che il Direttore sanitario della struttura in questione deve essere iscritto all’Ordine regionale. Per le strade si vedono molti cartelloni pubblicitari che pubblicizzano sorrisi splendenti, visite gratuite presso centri odontoiatrici aperti ad Aosta ma pure centri aperti fuori regione che in qualche modo pubblicizzano addirittura trasporti e rimborsi delle spese di viaggio gratuiti. Non solo nelle regioni vicine, ma pure in altre nazioni, come la Croazia, con tutte le problematiche, in questo caso, che possono derivare dal non avere un dialogo con il proprio curante. La vigilanza su tutto questo mondo è un nostro cruccio.

Esistono nuovi sbocchi professionali?
Il settore è saturo. In 20 anni gli iscritti a livello nazionale sono passati da 25mila a quasi 60mila. Anche per noi che siamo ai confini italiani c’è una migrazione costante dalle regioni vicine, soprattutto dalle città con sedi universitarie. Ma non è questo il problema visto che si tratta di un numero programmato da 30 anni pari a 900 nuovi accessi alla facoltà all’anno. Il problema che abbiamo maggiormente riscontrato in questo ultimo triennio e l’iscrizione di un numero sempre maggiore di laureati provenienti da università straniere: Romania e Spagna ad esempio. Un numero che si aggira intorno alle 500 unità. Di conseguenza la programmazione basata sulle effettive esigenze e sul trend i anzianità dei nostri iscritti non ha più un riscontro perché oltre la metà dei nuovi iscritti provengono da università estere e non rientrano nella programmazione nazionale.

Iniziative di formazione realizzate nel 2018 e in programma nel 2019?
E’ uno dei compiti previsti istituzionalmente dalla nostra legge istitutiva che ormai ha oltre 70 anni e che prevede che gli Ordini si facciano promotori della formazione e la garantiscano. Più recentemente è nato il programma di educazione continua in medicina (ECM) che prevede l’acquisizione di 150 crediti formativi, pari a 150 ore nell’arco di tre anniv e l’Ordine è garante del fatto che i propri iscritti abbiano seguito questa formazione come previsto dalla Commissione nazionale. Noi a livello locale abbiamo degli eventi per i nostri iscritti. Delle conferenze dedicate a vari temi ad esempio questa settimana ne abbiamo organizzato uno sulla fotografia in quanto la documentazione fotografica sta diventando sempre più importante: da un lato nel rapporto con il paziente che deve vedere e rendersi conto delle problematiche del suo cavo orale, dall’altro dal punto di vista storico perché ci consente di registrare delle situazioni che in un futuro ci potrebbero essere contestate. A maggio abbiamo in programma un evento sull’endodonzia cioè sulla devitalizzazione dei denti con il professor Berutti dell’Università di Torino. In autunno altri eventi sull’odontoiatria legale e anche sui problemi previdenziali.

Consigli per chi si vuole avvicinare alla professione?
E’ una professione molto complessa con un’alta valenza dal punto di vista tecnologico oltre che sanitario. Bisogna avere una certa predisposizione manuale. La giornata non finisce mai. C’è sempre da fare, da studiare e continuare per tutta la vita ad attivarsi per essere sempre più efficienti. Ma soprattutto i giovani che si approcciano alla professione esclusivamente per motivazioni economiche ci devono un po’ ripensare in quanto non è più una professione così attrattiva, probabilmente potrebbero trovare altri sbocchi.

Ci sono problemi sul fronte pensionistico?
L’ente di previdenza e assistenza della Fondazione odontoiatri è attiva da oltre 70 anni. Ed è l’ente di previdenza privatizzato con le maggiori disponibilità economiche. Abbiamo un capitale che supera i 22 miliardi di euro. E grazie ad una gestione oculata e attenta possiamo dire di avere raggiunto un equilibrio fra contributi e pensioni erogate a 50 anni. Noi a seguito delle normative emanate da Monti e Fornero abbiamo dovuto procedere ad alcune modifiche del nostro sistema, ma riusciamo comunque a essere perfettamente pronti a garantire queste pensioni per un periodo di tempo così lungo. I nostri iscritti devono però rendersi conto che la pensione sarà proporzionale al contributo versato, cosa che non sempre si ricordano.

Il mondo digitale è entrato nelle vostre professioni? E se sì come?
E’ entrato anche in una professione che è molto a contatto con l’uomo, con la persona. Una professione che cura e provvede anche alla riabilitazione che passa storicamente attraverso i momenti in cui si prende l’impronta della dentatura, del cavo orale. Adesso con la digitalizzazione riusciamo ad utilizzare delle telecamere che ci consentono la ripresa dell’impronta e la trasmissione del file al laboratorio che può essere anche distante 4000 chilometri, negli Stati Uniti, per cui un file di rilievo di una cavità a livello dentale può essere trasmesso così distante e l’azienda negli USA può mandarci il manufatto finito. Poi abbiamo le stampanti 3D, attualmente ancora con costi elevati, ma in un futuro si potrà pensare di realizzare delle protesi, delle dentiere, realizzate con la stampante 3D. E poi c’è tutta la documentazione che ci aiuta nella acquisizione e conservazione dei dati.

Un valore professionale da recuperare in questa nostra società?
Come cultore della deontologia professionale da molti anni – la prima volta che sono stato presidente è stato nel 1990 – posso dire che rispetto a quegli anni si è perso molto del senso del decoro della professione, un termine forse desueto, ma per me ha ancora un significato. Per me decoro significa non eccedere in quello che è il messaggio pubblicitario. Il professionista poi non deve seguire il codice soltanto nell’attività professionale, ma deve trattarsi di uno stile di vita e quindi io richiamerei tutti quanti a riflettere su questo. Non dimentichiamoci che noi non vendiamo un prodotto ma curiamo le persone. 

10 maggio 2019

Michelangelo Chasseur: #Touchware sbarca nella #DragonValley

Proponiamo l'intervista a Michelangelo Chasseur della Touchware.

C’è una grossa novità di cui parlare subito...
E' il Fablab, una struttura pensata per la manifattura digitale dove ci sono alcune particolari attrezzature ed è pensata per permettere a imprese, professionisti o privati di accedere a spazi presso la nostra sede in Regione Borgnalle per mettere insieme il digitale e il fisico.

Come avete deciso di occuparvi del Fablab?
La tipologia di attività che si fa all'interno del Fablab è molto affine o comunque è parallela rispetto alla nostra attività che è legata allo sviluppo software. Qui si tratta di mettere il software al servizio di attività un po' più fisiche, di coniugare l'aspetto artistico-manifatturiero con quello digitale dello sviluppo. Del resto l'acquisto di stampanti 3D o di frese CNC era qualcosa che ci sarebbe sempre piaciuto fare ma non avevamo mai avuto il coraggio di fare questo passo in quanto gli investimenti sono significativi. Abbiamo potuto farlo grazie alla Camera di Commercio che alla fine dell'anno scorso ha bandito una gara per dare alla Valle d'Aosta una struttura di questo tipo e quindi ci siamo lanciati e siamo riusciti ad aggiudicarci questo bando che ci ha permesso di far partire l'attività.

Il fablab cosa ha portato alla vostra azienda?
Un'opportunità, la possibilità di esandere i nostri confini, le nostre vedute. E' interessante anche per il contatto che può creare tra la nostra azienda e le aziende o i professionisti in Valle in quanto nella nostra idea dovrebbe diventare un punto di incontro di professioni che più legate al mondo tradionale si vogliono avvicinare al mondo digitale.

Siete nati nel 2012 non mi sembra che patite la crisi del settimo anno...
Ci sono alti e bassi. Si fa fatica. Essere fisicamente in Valle non ci aiuta in quanto la maggior parte dei nostri clienti sono nella grandi città d'Italia, Milano e Roma, anche all'estero. Io viaggio molto. L'azienda comunque nonostante la crisi continua a crescere.

A cosa state lavorando in questo periodo?
Stiamo per lanciare a brevissimo un progetto molto interessante. Si tratta di una piattaforma che abbiamo sviluppato in collaborazione con Fondazione Terrasanta, che fa riferimento alla Custodia francescana di Terrasanta. Questa piattaforma si chiama “In parrocchia” ed è dedicata a tutte le parrocchie italiane per permettere ai parroci una comunicazione più diretta e strutturata con la propria comunità. L'idea è che questo servizio permetta ai parroci di avere una comunicazione digitale attraverso una App con la propria comunità in modo da rendere più smart i bollettini parrocchiali, le comunicazioni.

Un progetto particolarmente impegnativo che avete affrontato in questi mesi?
Stiamo sviluppando delle piattaforme legate al mondo industriale dove c'è la necessità di collegarsi ai PLC e alle macchine, fare aggregazioni di dati ed estrarre dei sistemi di analisi anche predittiva per la visualizzazione dei dati. Parliamo di impianti di produzione quindi l'obiettivo è il miglioramento delle performances. Il cliente è una multinazionale e ci stiamo lavorando in partnership con lacune aziende di Milano. Sono progetti molto importanti che ci permettono di costruire il know how ed utilizzarlo anche in altri contesti.

Sognavate gli Stati Uniti: c’è stata qualche evoluzione in questo senso?
Abbiamo ridotto un po' le nostre aspettative, più che altro per la distanza, però l'anno scorso abbiamo aperto una filiale in Polonia nell'ottica di riuscire ad espanderci sul territorio europeo. Diciamo che per ora ci limitiamo a tutto ciò che è a distanza di un volo aereo in giornata. L'area dove abbiamo aperto la nostra sede è a Cracovia e che sta all'interno di un'area geografica che hanno denominato Dragon Valley, un po' sulla scorta della Silicon Valley americana, ed è un'area tecnologicamente molto rilevante a livello europeo perchè c'è disponibilità di risorse tecniche con profili professionali elevati. E' un'area famosa per gli ingegneri di software.

Novità per il 2019?
Abbiamo siglato un accordo con SAP, multinazionale tedesca leader nel settore dei gestionali per aziende di certe dimensioni. Siamo stati contattati da loro l'anno scorso, c'è stato un processo di conoscenza reciproca e alla fine abbiamo deciso di fare questo passo che per noi è importante perchè al di là dell'investimento economico che comporta, vorrà dire per noi formare personale, per SAP vuol dire avere un centro di competenza certificato in Valle d'Aosta. Sul territorio italiano attualmente hanno una quarantina di partner, la maggior parte situati nel centro-nord. In Valle d'Aosta per SAP Business One che è la soluzione entry level di SAP non c'era nessuno. Stiamo lavorando molto - anche per via della nostra delocalizzazione - sul tema del lavoro in partnesrhip e quest'anno ci stiamo muovendo molto bene con una azienda milanese con cui collaboriamo da tempo e con cui a breve stringeremo un rapporto di join-venture molto stretto in modo da avviare un percorso che avvicini le due aziende.

Un sogno imprenditoriale da realizzare?
Ho imparato che mettendosi degli obiettivi, quando questo si raggiunge dopo ce n'è sempre un altro. I sogni quindi continuano perciò mi piace pensare che il sogno un po' lo stiamo anche vivendo. Se uno ama fare ciò che fa come dicono gli americani “living the dream”. 

#Grandangolo sulle #Professioni in Valle d'Aosta: I #Medici

IDENTIKIT

Iscritti totali anno 2018: 694 (79 odontoiatri, 644 medici e 29 doppie iscrizioni)

Composizione del Consiglio Direttivo
Presidente: Rosset Roberto
Vice Presidente: Sirianni Piero
Segretario: Brachet Contul Riccardo
Tesoriere: Ciccarelli Antonio
Consiglieri: Brinato Franco, Borrelli Paolo, Caramanico Laura, Cerruti Antonio, Ferrero Massimo, Madiai Valter e Venturella Nunzio.

Trend:Nel corso del 2019 si prevedono 17 iscrizioni

E-Mail: segreteria@omceo.vda.it

Sito internet: https://www.omceo.vda.it/


L'INTERVISTA AL PRESIDENTE ROBERTO ROSSET

Quali sono le principali problematiche a livello regionale e nazionale?

In modo molto più attenuato che in altre Regioni anche in Valle di Aosta la professione medica sta vivendo un periodo di profondi cambiamenti con la percezione che il proprio ruolo stia  profondamente mutando nella società. Al medico viene in effetti sempre più richiesto non solo di fare
diagnosi e terapia ma anche di governare i sempre più crescenti gradi di complessità che presenta
l'irriducibile singolarità del malato ormai, a un tempo, persona, cittadinoe consumatore. E' necessario
acquisire nuove competenze per padroneggiare il nuovo, complesso, ecosistema salute in un'ottica di visione comune, aprendosi a nuove forme di dialogo tra stakeholders e operatori sanitari affinché ognuno assuma le giuste decisioni attraverso la condivisione degli obiettivi. In più, il medico 4.0 deve fornire informazioni qualificate al paziente, soprattutto in un mondo in cui esiste uno smodato uso della comunicazione e in cui le informazioni sono molto sovente scorrette e/o interessate. Nel futuro dobbiamo quindi immaginare una relazione medicopaziente che riesca a mediare tra empatia, fiducia,
comprensione umana e richiesta di salute. Il passaggio non è facile e qualche medico, in questo
momento, avverte una perdita di autorevolezza e di libertà di azione. In effetti nonostante la recente
legge 24/2017 sulla responsabilità sanitaria il contenzioso rimane molto alto in un settore, quello sanitario, in cui gli eventi avversi sono elevati in tutto il mondo e prescindono dalla competenza
e dalla professionalità degli operatori: 300.000 sono oggi le cause giacenti nei tribunali italiani, 35.000 sono le cause intentate ogni anno (praticamente una ogni dieci medici) e anche se il 95% dei procedimenti penali vengono respinti il costo morale, il danno di immagine, i problemi di natura disciplinare, assicurativa e amministrativa che comunque il medico subisce fanno sì che la paura di azioni legali da parte del paziente o della sua famiglia comporti forti tensioni nell'esercizio della professione. Molti medici avvertono anche la difficoltà nel gestire la burocrazia con un rapporto sovente conflittuale con il settore burocratico-amministrativo che governa il sistema e in cui l'aspetto
economico, gestionale, e organizzativo richiede al medico di essere comunque “sostenibile” con le
risorse disponibili, con l’imposizione del vincolo nazionale alla spesa per il personale sanitario e con
il blocco del turnover introdotti dalla legge finanziaria 2007 e che in molte Regioni ha creato condizioni lavorative molto impegnative

Esistono possibilità di lavoro in Valle d’Aosta oppure il settore è saturo?
Qualcuno si preoccupa anche che del fatto che il medico in Italia stia quasi a rischio di estinzione a
causa del numero chiuso per l'accesso all'Università, dell’imbuto formativo dovuto alla carenza di
posti per le scuole di specializzazione (gli attuali 64 mila studenti in medicina avranno a disposizione
38 mila posti per la specializzazione in sei anni) e del progressivo pensionamento dell’attuale
classe medica. A causa della 'gobba demografica' tra il 2019 e il 2025 andranno in pensione quasi
la metà dei 105mila medici del Servizio Sanitario Nazionale, mentre la carenza di specialisti potrebbe
ragionevolmente attestarsi intorno al 18% del totale. Oggi i posti resi disponibili per le scuole di specializzazione sono complessivamente circa 6.500 l'anno, ma secondo le stime ne sarebbero  necessari almeno 8.500. Si stima che a mancare nelle corsie saranno soprattutto pediatri, chirurghi, ginecologi e cardiologi. Più in dettaglio raggiungeranno i requisiti per andare in pensione: 5.189 pediatri: si faranno contratti di formazione per 2.900 specialisti e dunque ne mancheranno all'appello
circa 2.289. 4.406 igienisti: 4.006 andranno in pensione, 1.400 ne arriveranno e la carenza stimata è di 2.606 specialisti. 3.615 cardiologi: se ne formeranno 2.480 e dunque la carenza stimata è di
1.135. 4.054 chirurghi: se ne formeranno 2.710 e le 'assenze' saranno 1.344. 3.674 ginecologi:
se ne formeranno 2.160 e il saldo negativo è pari a 1514. E, infine, 2.482 psichiatri: se ne formeranno 1.820 e dunque ne mancheranno 662. Quanto a medicina interna la differenza tra pensionati
(2.804) e neospecialisti (2.280) è pari a -524. Per ortopedia, urologia e geriatria le carenze stimate
sono rispettivamente pari a 182, 143 e 142 specialisti.

Possiamo dire che questi sono i nuovi sbocchi professionali?
Sì. Inoltre le misure pensionistiche volute dal governo, come “quota 100”, vanno naturalmente a
peggiorare ancora di più questo dato. Il governo ha individuato una soluzione tampone che  consentirebbe  di poter, anche solo da corsisti, accedere alle aree carenti i cui concorsi ora vanno deserti per mancanza di specialisti. In effetti già la riforma della Sanità, attuata con la legge 502 del 1992, a cui ha fatto seguito il Decreto legislativo 517 del 21 dicembre 1999 prevedeva che il medico
potesse conseguire la specializzazione durante il servizio ospedaliero, acquisendo non solo la professionalità richiesta, ma anche il necessario “rapporto clinico” con colleghi e superiori.
In realtà non è mai stato cambiato l’impianto in quanto sono mancati i decreti attuativi conseguenti,
anche perché nel frattempo si sono recepite la direttive europee sulle specializzazioni e non si è trovata armonizzazione tra l’allora ministero dell’Istruzione e l’allora ministero della Sanità per quanto riguarda la formazione didattica. Anche per questi motivi nell’arco di 10 anni oltre 10mila camici bianchi hanno messo lo stetoscopio in valigia e sono andati all’estero dove trovano migliori condizioni lavorative.

Iniziative di formazione realizzate nel 2018 e in programma nel 2019?
Tutti i medici sono obbligati all'ECM (Educazione Continua in Medicina) che consiste nell'acquisizione di almeno 150 crediti formativi nel triennio. Tali crediti vengono erogati da Providers accreditati attraverso attività formative e relative valutazioni di apprendimento.

Consigli per chi si vuole avvicinare alla professione?
Valutare le proprie attitudini ad aiutare gli altri, a studiare in modo continuo durante tutta la vita professionale ed essere certi di possedere una elevata capacità relazionale e empatica.

Ci sono problemi sul fronte pensionistico?
I medici Convenzionati hanno una loro cassa previdenziale privata, l'Enpam, che è sottoposta a vigilanza ministeriale, è solida ed eroga i trattamenti pensionistici in base al sistema contributivo. I medici dipendenti afferiscono all'INPS come tutti i Dirigenti pubblici e hanno modalità erogative
che solo recentemente sono passate dal retributivo al contributivo, motivo per cui attualmente il trattamento è più generoso

Il mondo digitale è entrato nelle vostre professioni? E se sì come?
I medici sono stati la prima categoria professionale a sposare l'informatica e la telematica. La trasmissione dei dati di salute è un elemento fondamentale per la correttezza e la qualità delle cure.
Purtroppo le disposizioni e i problemi inerenti alla protezione dei dati personali stanno molto complicando il sistema impedendo quell'approccio immediato che sovente è indispensabile sopratutto
in emergenza/urgenza

Un valore professionale da recuperare in questa nostra società?
Sicuramente il rapporto di fiducia e l'alleanza terapeutica. Il medico si prende comunque cura del
cittadino anche se sovente purtroppo non può guarirlo (malattie croniche) Deve difenderlo da
false aspetttative e dalla pressione del marketing che inducono prestazioni sempre più numerose a
cui non sempre corrispondono effettivi benefici di salute.
 

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