24 maggio 2019

La mia (ma non solo mia) intervista a #CarloCottarelli: «#Evasione e #Burocrazia peccati capitali dell'economia italiana»


Venerdì 10 maggio, presso la sala congressi dell’Hostellerie du Cheval Blanc, ho avuto il piacere di moderare una serata con il Professor Carlo Cottarelli, organizzata dai Rotary Club Aosta e Courmayeur-Valdigne, col sostegno di Banca Passadore e la collaborazione di Confindustria Valle d’Aosta, degli Ordini dei Dottori Commercialisti e dei Consulenti del Lavoro della Valle D’Aosta e dell’Università della Valle d’Aosta. Tema della serata «Il Sistema Italia nel contesto internazionale: quale equilibrio tra competitività e stato sociale?». Ne è nata (anche con l'aiuto del pubblico) una intervista che ho avuto il piacere di sottoporre ai lettori del Corriere e ora propongo in versione integrale ai visitatori del blog. Il reportage fotografico è a cura di Bruno China Bino e Matilde Quaglia. Aggiungo che è stato bello vedere tra le oltre 300 persone presenti molti dei nostri fedeli abbonati. 
Fabrizio Favre


Professor Cottarelli lei nel suo libro scrive che l'Italia non cresce come dovrebbe dal 1999. Da dove nascono le fatiche italiane?
Partiamo prima di tutto dai dati della congiuntura immediata. Oggi (venerdì 10 maggio ndr) sono usciti i dati della produzione industriale che a marzo è scesa dell'1%. Tra gennaio e febbraio è cresciuta, mentre nell'ultimo trimestre del 2018 era scesa. Che cosa sta succedendo? L'anno scorso c'è stato un forte rallentamento nella crescita Europea e noi abbiamo subito questo rallentamento. Ma siccome il nostro tasso di crescita in generale è più basso il nostro risultato è stato negativo anche se di poco. Negli ultimi trimestri del 2018 abbiamo avuto così una piccola recessione tecnica. Va comunque detto che ci abbiamo messo del nostro. Quando il Governo ha cominciato a dire basta con le regole europee, basta con l'austerità e ha presentato una legge di bilancio che prevedeva un significativo aumento del deficit pubblico i mercati si sono spaventati e lo spread è salito. Il mitico spread è qualcosa che non è tangibile, ma fa male all'economia. Quando sale diventa più difficile per le banche prestare e se sale troppo si rischia di tornare nel 2011, quando a quota 600 l'economia è crollata. Come quindi il rallentamento dell'anno scorso nasceva dal rallentamento dell'Europa, la ripresa di questi primi mesi è dovuto alla ripresa dell'economia europea. L'area europea è passata da 0,2 a 0,4 e noi siamo passati – 0,1 a 0,2. Anche in questo caso abbiamo dato comunque un nostro contributo perché grazie all'accordo trovato tra l'Italia e l'Europa sui conti pubblici di quest'anno lo spread è sceso. La sostanza è che noi quest'anno riusciremo ad avere un segno positivo sulla crescita. Il Governo è stato molto prudente ipotizzando uno 0,2, io sono convinto che si possa arrivare anche ad un + 0.4. L'aspetto drammatico è che si parla sempre di “zero virgola”, ma noi non dovremmo crescere come l'area dell'euro, ma più rapidamente perché negli ultimi 20 anni abbiamo perso terreno. Di quanto? Alla fine degli anni '90 la Germania aveva un reddito pro capite in termini di potere di acquisto più alto del nostro del 4% ora siamo tra il 20 e il 25%. In questo momento abbiamo lo stesso reddito pro capite di 20 anni. E non era mai successo dal 1861 che ci fosse un periodo di 20 anni senza crescita.




Quali prospettive sono possibili?
Ci sono due scenari: quello buono è quello in cui non cresciamo a meno di non fare riforme importanti. Con un grosso punto di domanda però: la legge di Bilancio del prossimo anno. Comunque è lo scenario che ritengo più probabile anche se non è un grande scenario. C'è poi lo scenario preoccupante in cui ricadiamo nella crisi del 2011 di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. Non è un rischio altissimo, però non è irrilevante. Cosa può scatenare questa crisi? La crisi del 2011 è avvenuta perché lo spread è salito quasi a 600 e il PIL era in calo ad un ritmo del 4%. La disoccupazione è salita rapidissimamente. Gli investitori stranieri e domestici hanno cominciato a temere che l'Italia uscisse dall'euro e che quindi se io investo in euro potevo venire ripagato dopo un anno in nuove Lire. Un dubbio che è venuto in quanto l'Italia negli anni precedenti era cresciuta poco e aveva esportato poco. Noi avevamo uno squilibrio nei nostri conti con l'Estero. Questo perché dopo l'entrata nell'euro avevamo perso competitività. Per un po' di anni abbiamo continuato ad avere un aumento dei nostri costi e dei nostri prezzi superiore alla Germania. Una volta questo non era un problema perché noi ogni tanto svalutavamo, ma ora non era più possibile. Le nostre esportazioni ne hanno risentito. Tra il 1999 e il 2009 le esportazioni italiane non sono cresciute, quelle tedesche sono invece cresciute di quasi il 70%. Di conseguenza un paese in queste condizioni poteva avere la tentazione di uscire dall'Euro. Inoltre l'Italia aveva e ha un debito pubblico molto elevato, il secondo dopo la Grecia, e un Paese così potrebbe di nuovo avere la tentazione di uscire dall'Euro e riavendo la propria Banca Centrale stampare moneta e ripagare il debito pubblico. Questi due motivi hanno creato preoccupazione nei mercati finanziari. Non c'è stata nessuna congiura internazionale per far cadere l'allora Governo Berlusconi, ma c'erano motivi oggettivi per cui un Paese in una simile situazione venisse attaccato dai mercati finanziari. Da allora i conti con l'estero sono migliorati. Esportiamo più di quanto importiamo, anche perché importiamo poco. C'è stato anche un po' di recupero di competitività rispetto alla Germania: non perché i costi nostri si sono ridotti, ma perché in Germania sono aumentati più rapidamente. Il problema dei conti pubblici è rimasto irrisolto. Si aggira intorno al 132%. L'anno scorso è un po' cresciuto e quest'anno potrebbe crescere ancora un po'. In questo contesto la Legge di bilancio per il prossimo anno diventa cruciale. Il problema è che come far tornare i conti in autunno non sarà per niente facile in quanto sono stati già decisi degli aumenti di spesa. Ad esempio il reddito di cittadinanza e quota 100 e altre misure, che avranno il loro impatto pieno il prossimo anno. A carte ferme e senza aumenti dell'Iva il prossimo anno potremmo trovarci un debito pubblico tra il 3,3 e il 3,5% del PIL. Non sono numeri enormi ma quest'anno finiremo sul 2,3, quindi si tratta di un punto in più in una situazione in cui il PIL non cresce molto. A questo punto potremmo trovarci di nuovo in autunno con i mercati finanziari che cominciano a dubitare che l'Italia non riesca a rispettare le regole sui conti pubblici europei, che il deficit cresca a un livello per cui il debito comincia ad aumentare rapidamente e che lo spread riprenda a rapidamente la sua corsa. Sono convinto che alla fine un accordo con l'Europa si troverà, anche se adesso non so immaginarmi quale soluzione si possa trovare di contenimento del deficit del prossimo anno. Anche la promessa della flat tax pone la grande incognita di dove si possano trovare le risorse necessarie per attuarla. Difficile dare una risposta. Vediamo cosa succede in autunno.




Nel suo libro sui sette peccati capitali il settimo, che li tiene dentro un po' tutti, è quello sulla difficoltà italiana a convivere con l'Euro. Probabilmente anche perché non si fanno le riforme che lei ha spiegato come necessarie. Quali sono queste riforme?
Va detto che non tutti gli economisti sono di questa opinione. Come ho già detto quando l'Italia è entrata nell'euro per un po' di anni dal 1999 al 2009 i nostri costi di produzione sono aumentati rapidamente. Ma perché? Prima di tutto per inerzia. Noi avevamo sempre aumenti di costi e di stipendi più alti in termini nominali che in Germania, l'inflazione era però più alta da noi. Poi si è verificato un caso di scuola, presente in tutti i testi di economia internazionale: quando un paese come l'Italia che ha tassi di interesse e di inflazione alti si unisce dal punto di vista monetario con un Paese come  la Germania che ha tassi di interesse bassi, i tassi di interesse alti scendono se l'accordo di cambio è credibile. E l'Euro era credibile inizialmente. E così diventa più facile prendere a prestito soldi dalla Banca e spenderli, il che spinge verso l'alto i prezzi, compresi quelli delle case. I mutui ipotecari sono aumentati del 20%. Il libro di testo di economia internazionale dice che c'è un rimedio a questo, cioè che lo Stato spenda di meno, invece lo Stato italiano, una volta entrato nell'Euro, ha detto: “i tassi di interesse scendono anche per me. Io non devo più prendere a tassi di interesse del 10% ma del 2%. E allora a questo punto posso ricominciare a spendere anche io”. E così il Governo tra il 2000 e il 2006 ha ricominciato a spendere molto, perdendo l'occasione di mettere a posto i nostri conti pubblici una volta per sempre. Lì c'è stato un errore di valutazione. All'epoca, fra l'altro, io ero il capo delle missioni del Fondo Monetario che faceva le ispezioni annuali in Italia e con il Ministro dell'Economia di allora, Tremonti, ci furono delle tensioni in quanto noi gli dicevamo che stavano spendendo troppo. Questa ulteriore spesa ha buttato benzina sul fuoco dell'inflazione e si è creata questa perdita della competitività. Il costo del lavoro per unità di prodotto tra il 1999 e il 2009 è aumentato in Italia di circa il 30%, mentre in Germania è stato pari a zero. Di conseguenza abbiamo perso quote di mercato. Le riforme necessarie sono tutte quelle che fanno recuperare produttività e competitività alle imprese italiane. Non vuol dire tagliare i salari. Ci sono altri costi. Le PMI italiane ogni anno per compilare moduli spendono dai 30 ai 35 miliardi. Una cifra enorme. Un imprenditore di Mantova mi ha detto di avere 100 operai che producono biciclette e 20 negli uffici che riempiono i moduli. In Germania il rapporto è di 100 a 5. Sono i costi della burocrazia. E' essenziale che si faccia qualcosa per ridurla. E non parlo dei dipendenti pubblici, ma del numero di regole che ci sono. La CGIA di Mestre da anni produce statistiche sul numero di moduli che si devono compilare ogni anno. La burocrazia sono anche i tempi di attesa che influiscono sulle decisioni di investimento e con macchine nuove l'operaio che produce biciclette invece di 10 al giorno ne fa 20 e così il costo del lavoro per unità di prodotto si dimezza. Gli investimenti privati in Italia sono frenati dal livello della tassazione, dalla burocrazia e dalla lentezza della giustizia civile, un altro dei peccati capitali di cui parlo nel libro. Un processo legato ad un contratto in Italia può durare oltre 7 anni, in Germania due anni e due mesi, in Spagna due anni e tre mesi, In Polonia un anno e due mesi. Ora se voi avete un contratto e la controparte non fa quello che dovrebbe fare, e voi andate dal giudice e dovete aspettare in media più di 7 anni significa che non avete in mano un contratto valido e il lavoro degli imprenditori deve essere basato sulla certezza del diritto. Qui occorrono riforme. E poi c' il livello della tassazione. Tagliare le tasse è facile, ma non può essere fatto in deficit. E' un problema perché non è credibile. Se io per farlo prendo soldi a prestito il taglio di tasse non è detto che sia permanente. Vanno trovate delle fonti permanenti di finanziamento se vogliamo farlo. Ce ne sono due: la lotta all'evasione fiscale - ogni anno lo Stato perde 130 miliardi per evasione fiscale, tenete conto che la spesa per la Pubblica Istruzione in Italia è pari a 65 miliardi - e poi il risparmio sul lato della spesa. Occorrono delle spending review serie. Occorrono delle priorità. E' chiaro che non si va tagliare istruzione e welfare, ma in tutte le altre aree credo che ci sia qualcosa su cui è possibile risparmiare. Queste sono le riforme utili a portare una maggiore crescita e così risolvere il problema del debito pubblico. Più crescita, più entrate per lo Stato. Occorre però anche avere un po' di fortuna in quanto richiedono tempo e dobbiamo sperare che l'Europa cresca, noi continuiamo a crescere, magari meno dell'Europa, ma questo ci dà il tempo per fare le riforme e così riusciamo a riprendere a crescere.




Alcuni dei peccati capitali di cui lei accenna nel libro sono legati alla debolezza del capitale sociale italiano. Oltre alla politica anche noi cittadini siamo chiamati a dare un contributo...
Purtroppo spesso come italiani non ci comportiamo da buoni cittadini. Ad esempio non si pagano le tasse quando si dovrebbero pagare oppure il funzionario pubblico si fa corrompere perché tanto il Paese è corrotto, lo fanno tutti e, quindi, lo faccio anche io. Diversi peccati capitali sono spiegabili così. Addirittura la lentezza della giustizia in parte è dovuta a questo fatto. Ogni anno cominciano tantissime cause. Siamo molto più litigiosi di quanto avviene all'estero. La spesa per la giustizia in Italia è più o meno come negli altri paesi, ma la domanda è molto più alta dell'offerta. L'impressione è che talvolta si inizi una causa per dar fastidio a qualcun altro, magari so che non ho ragione, ma la comincio lo stesso. E così per 6-8 anni ho dato fastidio a questo qualcun altro. Anche questo è un comportamento egoistico. Se tutti fanno così il sistema si intasa e si danneggiano anche quelle cause che sono del tutto legittime. Purtroppo non si fanno le riforme utili a risolvere certi problemi. E così ce la prendiamo con i politici. Ma chi li elegge i politici? I politici li eleggiamo noi e quindi eleggiamo politici che non vogliono fare certe cose o preferiscono farne altre. Se vi dico votatemi per rendere la giustizia civile più rapida o per ridurre la burocrazia sicuramente sono argomenti validi, ma hanno più effetto proposte come l'andare in pensione prima o il reddito di cittadinanza. Al di là di tutto c'è un problema di cultura per cui noi ormai da anni, e non mi riferisco tanto a quest'ultimo governo, eleggiamo governi che non fanno certe riforme che sono nel lungo periodo più efficaci, ma nell'immediato non danno grossi risultati. Ecco perché ormai di lavoro faccio il “predicatore” vado in giro nelle parrocchie, nelle scuole, nelle Università, perché mi sono convinto che per cambiare le cose in Italia si deve cercare di cambiare la mentalità. E noi economisti siamo stati sempre molto bravi a parlare tra di noi ma poco a metterci la faccia e andare a parlare in pubblico.


L'Italia è il secondo Paese in Europa nel campo manifatturiero e il settimo nel mondo. Il risparmio italiano è tra i più elevati in Europa. La ricchezza italiana è nei primi dieci nel mondo. Tutti questi elementi un valore lo avranno? Secondo lei c'è soltanto un problema di sfiducia verso l'Italia oppure veramente il cigno nero sta per arrivare?
Il mio scenario di base non prevede una crisi tra pochi mesi. Perché ci sia una crisi in Italia occorre un incidente di percorso. Il problema è la fragilità del sistema Italia. Nel 2011 c'è stata la crisi greca che ha messo in luce che l'euro non era eterno. Io temo, come ho già detto, una recessione in Europa. Una recessione dell’1 e 1,5% non so se la reggiamo. Significa riduzione del PIL e perdita di entrate da parte dello Stato. Il deficit aumenta e il rapporto tra debito pubblico e PIL cresce di 3-4 punti percentuali. Noi per ora stiamo tranquilli perché il debito aumenta di poco. Occorre molta prudenza per non finire nella crisi perché quando ci si trova nella crisi non c'è una ricetta facile. La medicina dell'austerità è sempre amara però la si deve prendere. Io però vorrei evitare di arrivare a quella situazione. E questo significa fare riforme prima finché siamo in tempo. Nel maggio del 2011 lo spread era 130 noi siamo oggi a 270, sei mesi dopo eravamo a 600. Io non mi fido dei mercati finanziari perché sono erratici. Stanno tranquilli e poi all'improvviso tutti scappano verso l'uscita. Il motivo per cui noi dovremmo ridurre il debito pubblico finalmente è perché questa sarebbe davvero una operazione di indipendenza, renderci indipendenti dall'erraticità dei mercati internazionali. Il Primo ministro svedese che negli anni '90 decise di abbattere il debito pubblico lo fece perché era stufo di andare a mendicare soldi a Londra. Questa deve diventare una priorità anche per l'Italia.


Mancano 15 giorni alle elezioni (era il 10 maggio ndr). Cosa pensa possa succedere a livello europeo e se non succedesse niente a livello di equilibri politici quale influenza potrebbe avere sui nostri conti, sul nostro PIL?
Io credo che ci sarà una avanzamento delle cosiddette forze sovraniste, anche se le forze tradizionali manterranno la maggioranza. E' però una pia illusione sperare che questo avanzamento potrebbe portare un cambiamento nelle regole sui conti pubblici a livello europeo, perché i sovranisti d'oltralpe sono cattivissimi quando si parla di conti pubblici. Ho incontrato questa mattinata una delegazione di deputati europei olandesi e il più accanito contro i conti pubblici italiani era l'unico parlamentare appartenente all'area sovranista. Scordiamoci il fatto che in caso di vittoria di queste forze politiche potremo fare quel che vorremo con i nostri conti pubblici. Non accadrà mai.


Secondo lei una riduzione dei livelli di tassazione può portare ad una riduzione di evasione?
E' possibile, ma non ci conterei. Il livello di evasione sull'Iva non è influenzato dal livello di tassazione. Detto questo io penso che si possa sperare che se abbasso le tasse ci sia un po' meno la tentazione di evadere. E' però una speranza. Non ci posso contare ex-ante. Sarebbe sbagliato e rischioso soprattutto per una paese con un debito pubblico elevato come l'Italia.




A livello di taglio della spesa pubblica a partire dalla sua analisi fatta quando si è occupato della spending review che cosa è possibile fare?
L'apparato della Pubblica Amministrazione in Italia è troppo frammentato, troppo complesso. Ci sono 8000 comuni, ancora 10mila società partecipate dagli enti territoriali, ci sono 200 enti pubblici centrali, ci sono gli enti pubblici regionali. Lo Stato stesso è frammentato nel senso che è presente in quasi tutte le province d'Italia con più di un ufficio ministeriale. Anche soltanto il Ministero dell'Economia ha l'Agenzia delle Entrate. Questo sistema è costoso. Ci sono poi anche enti pubblici inutili. Ma esistono anche due problemi nel risolvere la situazione. Il primo è che comunque fare riforme per snellire l'apparato dello Stato richiede tempo, un investimento politico e che dà risultati nel giro di tre anni. Si può pianificare ma spesso la legge di bilancio è preparata all'ultimo momento e se uno ha una proposta che fa risparmiare soldi fra tre anni si preferisce lasciar perdere in quanto servono soldi subito. Come Commissario della revisione della spesa ho visto casi del genere. L'altro problema grosso è quello del personale. Tutti siamo d'accordo nel chiudere un ente inutile, ma normalmente il 70% dei costi di un ente inutile sono stipendi. Quando io ho detto a un Presidente del Consiglio che si doveva affrontare il problema dei costi del personale è chiaro che diventa tutto più complicato. Cosa facciamo licenziamo le persone? Non fa parte della nostra cultura. Ci sono però modi di risparmiare senza licenziare a patto di pianificare la propria azione. Per esempio ci sono servizi che lo Stato compra dall'esterno e potrebbero essere fatte con risorse interne. Ad esempio io ho sostenuto che spesso ci sono delle duplicazioni tra le cose che fanno le varie forze di polizia. Il mio esempio preferito è la Guardia di Finanza che ha i reparti antisommossa. Perché la Finanza debba fare i servizi antisommossa a Roma non l'ho mai capito? Oppure spesso ci sono le auto blu guidate dalle forze di polizia. Questi poliziotti potrebbero essere utilizzati al Tribunale di Milano che invece usa guardie giurate. Con un po' di organizzazione questi eccessi di personale potrebbero essere utilizzati per risparmiare servizi che attualmente lo Stato compra dall'esterno.




Quali conseguenze possiamo aspettarci dalla fine del mandato di Mario Draghi alla BCE?
La prima è quella cui pensano tutti. Draghi se ne va, l'Europa decide di aumentare i tassi di interesse, arriva un tedesco, un olandese e i tassi di interesse aumentano. In realtà credo che la Banca Centrale Europea sia vincolata dal suo mandato. Questo scenario potrebbe avvenire soltanto se ci fossero spinte inflazionistiche in Europa, ma se ci fossero vorrebbe dire che in Europa l'economia sta tirando. Ciò che mi preoccupa molto è come verrebbe gestita una crisi come quella del 2011 in presenza di un Presidente tedesco. Un anno fa Weidman, uno dei possibili candidati, in un incontro a porte chiuse alla mia domanda se lei fosse Presidente della BCE e l'Italia andasse in crisi e ci fosse un governo pronto a fare delle riforme che cosa direbbe? “Va bene italiani facciamo scendere il tasso di interesse per aiutarvi” oppure “Italiani vi abbiamo dato otto anni di interesse bassi, non avete messo i vostri conti pubblici e ora vi arrangiate”? Mi ha risposto “la seconda”. Non credo che accadrà però è chiaro che la personalità che guida la BCE diventerebbe cruciale in un periodo di crisi. Uno dei problemi del 2012 è che lo spread con Monti ci ha messo nove mesi a scendere. Non basta l'austerità perché i tassi scendano, occorre anche un intervento della Banca centrale che è arrivato nel luglio del 2012. Draghi non poteva appena nominato Presidente della BCE far subito scendere i tassi per il proprio Paese. Sarebbe stato poco credibile. L'Italia ha dovuto conquistare la fiducia degli altri Paesi prima di ottenere la discesa dei tassi. Purtroppo per questi nove mesi l'Italia è stata tenuta sulla graticola. Per uscire dalla crisi oltre che fare i compiti a casa serve una BCE che agisca rapidamente.


Se fosse chiamato a guidare un governo tecnico per prima cosa che farebbe?
Chiariamo subito un aspetto. Quello per cui ero stato chiamato io era davvero un governo tecnico in quanto la chiamata era arrivata senza avere avuto la fiducia dal Parlamento e che quindi avrebbe potuto gestire l'ordinaria amministrazione. E quindi non può fare riforme. Un governo guidato da un tecnico ma con una maggioranza politica come quello di Monti non è tecnico, ma politico. E' stato votato. Ha avuto la fiducia. Tutti i provvedimenti di Monti sono stati votati dal Parlamento. Poi adesso si dice tecnico perché i politici non hanno voluto prendersi la responsabilità. In questo secondo caso io avrei tre priorità: primo ridurre la burocrazia, secondo ridurre la burocrazia e terzo ridurre la burocrazia.

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