6 maggio 2011

Gioachino Gobbi (Grivel): La Cina non è così Vicina, ma i Cinesi Pagano come dei Banchieri

Gioachino Gobbi

Ho rivolto alcune domande via mail a Gioachino Gobbi sull'interesse di Grivel per la Cina (news di cui ho scritto sia sul Corriere che sul Sole). Purtroppo per motivi di spazio (la carta è tiranna) ho potuto ospitare una piccola parte delle riflessioni dell'imprenditore. Siccome mi sembrano di un certo interesse te le voglio riproporre in versione integrale. Un altro contenuto «premium» per te che sei un fedele lettore di questo blog. I titoletti sono a mia cura.


La premessa

Buonasera Fabrizio,
le risposte  alle sue domande sono un po’ più complicate di quanto possa sembrare; infatti quello cinese della montagna non è ancora un mercato strutturato e con serie storiche sulle quali ragionare.
 Proviamo: fino ad oggi il mercato era pressoché inesistente. Confinato nell’ambito universitario, quello cioè dei “bambini ricchi” (esistono anche in Cina) che seguono gli avvenimenti del mondo, che abitano nella fascia costiera sviluppata, che hanno la possibilità di viaggiare fino alle montagne che sono invece nella parte interna della Cina e perciò lontane dai luoghi di creazione del reddito. Questo si risolveva in vendite di attrezzature esigue, più dell’ordine delle centinaia di pezzi che delle migliaia.
Ricordiamo che la Cina nel 1964 dichiarò formalmente il Tibet "Provincia Autonoma del Tibet"  annettendosi le più alte montagne del mondo, e che condivide con il Pakistan le altre (come il K2).
Lo sforzo di globalizzazione di Grivel, indispensabile in un mercato piccolo come quello dell’alpinismo, ci ha sempre portato a ricercare il mercato ovunque nel mondo esistessero delle montagne e, soprattutto, il desiderio di salirle. Proprio questo è il punto: nella mentalità tradizionale cinese le montagne non hanno nessun “appeal”: perché andare a cercare dei problemi al freddo, con fatica, con il rischio di farsi male o addirittura di morire? E’ un atteggiamento simile a quello dei nostri montanari che hanno dovuto attendere gli Inglesi del 1800 che li pagassero per salire le loro montagne!
Oggi però la realtà sta cambiando e come sempre avviene con la Cina, cambia velocemente. Il governo cambia le priorità o aggiunge nuovi obbiettivi prima sconosciuti che balzano così alla cronaca. Sta accadendo con l’alpinismo probabilmente come parte dell’offerta turistica e sicuramente come possibilità di reddito per zone altrimenti difficili da sviluppare, come il Tibet appunto.
In Cina si parte dall’alto, dall’Imperatore, da Mao Zedong, dal governo, mai dal basso dal popolo che esiste solo come numero, e che numero: unmiliardoquattrocento milioni di persone, quasi 5 volte l’Europa! Quindi dall’alto è stata presa la decisione ed è stata montata una organizzazione al comando di un generale dell’esercito, con selezione dei giovani adatti (due dei quali erano del gruppo che salì l’Everest nel 2008 e due sono tibetani), con scelta dell’istruttore più qualificato ai loro occhi, con le attrezzature più avanzate, e con il contributo di una grande industria chimica tedesca, la Lanxess, che da anni è installa in Cina con 6 stabilimenti. Ricordiamo che i tedeschi, attraverso la vecchia Germania Est sono arrivati in Cina molti decenni prima di tutte le altre nazioni occidentali!

Le risposte alle domande

I vostri Fatturati 2009-2010 e le previsioni per il 2011?
L’azienda si sta avvicinando ai 10  milioni di Euro che dovremmo superare nel 2011.

La percentuale di export in Asia e in particolare in Cina
La percentuale di esportazione è attorno al 90% del fatturato
La percentuale in Asia è del 12,5% , principalmente in Giappone 7,8% ed in Korea 2%,  la Cina fino ad oggi è 0,6%

Come è nato questo contatto con il Governo cinese? Esistono stime sulle percentuali di crescita del mercato cinese e asiatico nel vostro settore?
Premesso che i cinesi sono loro a decidere, che Grivel è conosciuta in Cina per i suoi prodotti che sono considerati “premium”, Grivel già aveva avuto rapporti con l’amministrazione cinese (governo è un termine un po’ forte) in occasione delle olimpiadi di Pechino del 2008 quando decisero di portare la fiaccola olimpica sulla vetta dell’Everest, la più alta montagna del mondo. In quella occasione ci ordinarono, acquistandole, le attrezzature Grivel, ramponi, piccozze, chiodi etc, le foto sono lì a dimostrarlo. I cinesi hanno imparato molto in fretta a diventare ottimi produttori, hanno digerito, anche se non completamente, le regole capitalistiche dell’esportazione, ma non hanno ancora ben introitato molte regole del mercato libero. Molte delle cose che a noi appaiono essenziali hanno poco riscontro nella loro cultura. La proprietà intellettuale per esempio (non copiare le idee di un altro produttore), i concetti e quindi i contratti di esclusiva,  gli accordi sui tempi di consegna e sui prezzi, il mantenimento delle condizioni stabilite senza dover ridiscutere continuamente, sempre con nuove persone,  quanto è stato già deciso e firmato. Tutto questo è ancora più complicato di fronte a quantità piccole, che cresceranno lentamente, e che nel momento dell’eventuale esplosione creeranno i veri problemi. A quel punto infatti sarà assolutamente indispensabile andare a produrre lì le quantità richieste, inimmaginabile produrle qui e portarle fino in Cina: “la Cina è vicina” (film di  Marco Bellocchio del 1967) è un bel titolo ma non è la realtà.

Come è fare affari con i cinesi e come si fa a fare affari con i cinesi?
La principale virtù da usare è la pazienza: i tempi sono stabiliti da loro, tutto va ridiscusso un numero sterminato di volte sempre con interlocutori diversi, i problemi non sono praticamente mai affrontati direttamente ma “obliquamente” (bisogna imparare cosa questo significhi), il NO non esiste e comunque è assai scortese e considerato molto maleducato.
In compenso pagano come dei banchieri e quando considerano il prodotto di valore accettano il prezzo molto più facilmente dei clienti occidentali. Ovviamente stiamo parlando di prodotti”premium” i solo che noi occidentali posiamo immaginare di consegnare in Cina.
In conclusione: se ricordiamo che esportare deve essere innanzitutto un arricchimento culturale e solo in secondo ordine un arricchimento finanziario, allora la Cina deve essere un obbiettivo tra quelli principali. In fondo quando qui ci dipingevamo ancora la faccia di blu, loro, in Cina, costruivano la Grande Muraglia, lunga 6500 kilometri!

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