19 novembre 2007

Grosjean, il nostro vino deve raccontare storie e paesaggi

«Nel nostro settore serve ancora più sinergia nella commercializzazione ». Vincent Grosjean, otto ettari di vigneti, 85.000 bottiglie, proprietario di «terroir pregiati», storicamente vocati - come il «vigneto rovetta» sulla collina di Quart, dove da generazioni si produce vino- è da pochesettimane il nuovo presidente dell’Associazione piccoli produttori di vino. Un incarico che lo carica di responsabilità in un direttivo che però da quando è nato sa fare gioco di squadra. Sul sito dell’associazione, dove è proposta una piccola scheda di ogni produttore, a proposito dell’etichetta Frères Grosjean, si legge: «Dal 1781 da Fornet, piccolo villaggio della Valgrisenche, ormai sepolto dall’acqua della diga di Beauregard, scendevano i nonni materni fin qui per rifornirsi del vino e delle castagne per superare i lunghi inverni montani; fu poi nel 1969, stimolato dall’amico Pino Albaney, che Papà Dauphin, iniziò a imbottigliare il proprio vino per presentarlo alla «II exposition des vins du Val d’Aoste». Fu proprio questa fiera che stimolò l’iniziativa che portò l’azienda dai 3.000 metri quadri di vigneto agli attuali 8 ettari, coinvolgendo nell’attività i 5 figli ».
L’azienda è situata sul confine dei Comuni di Quart e Saint-Christophe dove si trovano i vigneti di Tzeriat, Rovetta, Creton, Tourena Quart, Tzantè de Bagnère, Merletta e Castello di Pléod a Saint-Christophe. Le viti coltivate inizialmente, oltre al tradizionale Petit Rouge, furono il Gamay, il Pinot Noir e la Petite Arvine, mentre attualmente si stanno coltivando anche gli autoctoni quali Fumin, Cornalin, Premetta e Vuillermin. «Questi ultimi vini in particolare – prosegue Grosjean – sono il nostro futuro. Su questi così legati al nostro territorio né Cile, né
Australia, né Sudafrica potranno farci concorrenza con i loro vini tecnicamente perfetti ma tutti uguali. Inoltre produciamo anche il Torrette diviso in due qualità, cioè base e Rovetta di cui facciamo una selezione a parte. Senza dimenticare il nostro Blanc Dauphin che è un cavallo di battaglia dell’azienda da sempre ed è un assemblaggio di moscato, muller thurgau, pinot grigio e chardonnay
». Ed è proprio nella nicchia degli autoctoni che Grosjean punta a crescere e con la vendemmia del 2007 a riuscire a mettere in commercio nel 2008 100.000 bottiglie, testimonianza concreta di come sta crescendo l’apporto dei produttori privati alla viticoltura valdostana che oggi vede due terzi di produzione da parte delle cantine sociali e il restante terzo, cioè circa 600.000 bottiglie, da parte dei privati, che da un lato fanno crescere le proprie dimensioni aziendali e dall’altro vedono nuovi soggetti lanciarsi nella viticoltura.
«Vent’anni fa – spiega Grosjean – quando è nata l’associazione eravamo una decina. Oggi siamo circa una trentina. E i nuovi ingressi sono giovani non soltanto appassionati ma anche qualificati con alle spalle l’Institut agricole e studi universitari nel settore della viticoltura e dell’enologia. E tutto questo non può fare che bene al settore». Grosjean ci crede molto al confronto e non è l’unico all’interno dell’associazione. «Proprio perché siamo convinti che questo ci possa aiutare a crescere tutti insieme abbiamo previsto delle degustazioni al buio limitate soltanto agli associati in modo da poter esprimere nel modo più franco e corretto possibile un giudizio sui vini che produciamo che realmente ci permetta di migliorare tutti». Sul fronte dei problemi del fare impresa Grosjean precisa come molti degli ostacoli derivino dalle nuove normative comunitarie «Il blocco degli impianti ci crea non poche difficoltà a livello di espansione e quindi ci auguriamo che ci si renda conto che i vigneti di montagna non possono essere trattati alla stregua dei grandi vigneti di pianura dove tutto è meccanizzato. Finiamo per essere penalizzati due volte anche perché tutti gli aiuti messi a disposizione dell’Unione europea per il settore sono impostati per andare bene dove si producono grandissime quantità a costi molto bassi. Noi così non rientriamo in nessuna misura comunitaria per gli aiuti economici però subiamo comunque le limitazioni della normativa. Una situazione davvero molto scomoda. L’altra difficoltà di fare impresa è che siamo ancora a livelli aziendali abbastanza artigianali e quindi le attività di marketing e di commercializzazione sono sovente limitate alla forza di produzione dell’azienda. Teniamo poi conto che siamo in un momento di crisi profonda della viticoltura a livello generale, anche se noi, per ora, in Valle dobbiamo constatare di essere ancora in una situazione favorevole. E’ chiaro che lo scenario va tenuto sotto controllo perché è presto fatto ritrovarsi con la cantina piena di bottiglie e non riuscire a venderle».
Per evitare il verificarsi di una simile impasse Grosjean è molto chiaro. «La qualità enologica non è più sufficiente. Il nostro vino deve raccontare storie, paesaggio, cultura, personaggi. Di qui l’importanza di ricercare «terroir», cioè zone storiche dove il vigneto è sempre stato coltivato in Valle. Di conseguenza attenzione ai vitigni autoctoni che in questo momento ci stanno garantendo una forza di mercato importante».
Sullo sfondo si legge anche l’importanza dell’enoturismo e Grosjean ce lo conferma. «E’ inevitabile. L’agricoltura da sola non ha nessuna possibilità di sopravvivere, ma deve entrare nel sistema Valle d’Aosta e legarsi al turismo. E non soltanto la viticoltura». (Articolo pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 14 giugno 2007)

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Fabrizio,
scelgo di scrivere in coda al tuo articolo su Vincent Grosjean (con il quale ho lavorato alcuni anni, ancora in quel di Montfleury), per esprimerti i miei calorosi complimenti sinceri per la coraggiosa apertura del tuo interessante "blog". Al di là delle corrette posizioni di parte di ognuno, e al di sopra degli argomenti specifici, credo che nella nostra Vallée, sempre e solo proposta quanto a ricchezze, benessere e beato turismo, siano quanto mai indispensabili queste occasioni di stimolo e di partecipazione inter-culturali. Dunque, seguirò con costanza l'evolversi di questa Rubrica, partecipando volentieri con il mio modesto contributo, ogni volta che mi sarà possibile. Maurizio R.

 

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