Federico Jacquin, impresario edile presidente della sezione edile di Confindustria Valle d'Aosta e del Confidi industriali, ci accoglie subito, nel suo ufficio di Piazza Chanoux, sottolineando la sua intenzione di voler parlare «da cattolico » che avverte la necessità di «risvegliare un sistema». Anche se prima delle strategie pone come centrale per la piccola regione autonoma la necessità di un cambiamento di atteggiamento.
«Mi piace citare una frase del regista Oliver Stone – spiega – il quale sostiene che il sistema va affrontato quando è in espansione. Quando è in recessione come è attualmente non serve a nulla. L’unica cosa che serve, anche se in parte la sua affermazione è una battuta, è accendere una candela per riscaldare i cuori. Se però ci pensiamo bene la frase non è così peregrina: in un momento di recessione chi sta meglio spesso automaticamente finisce per non essere generoso. Anzi ha la paura di perdere anche quello che ha. Da qui questi grandi problemi sociali che abbiamo. Ovviamente non soltanto in Valle d’Aosta».
Per Jacquin serve un atto concreto di ottimismo. «Le energie positive ci sono. La classe dirigente deve però dar loro l’occasione di esprimersi. Servono luoghi dove si possa dibattere serenamente posizioni anche politicamente contrapposte, ma dove non si perda il rispetto dell’antagonista politico. Invece sembra che non siamo più capaci di dire una mezza verità. E questo da cattolico, cresciuto nell’Azione Cattolica, mi manca». Inoltre, prosegue il presidente del Confidi, «dobbiamo smetterla, come sta invece avvenendo nei fatti, di dividerci su tutto. Anche perché spesso ci dividiamo senza mai aver chiarito nulla e la conflittualità così resta perenne, irrisolta. E oltre tutto fino ad ora dove ci ha portato?».
Jacquin sottolinea anche il fatto che fra i politici, a livello nazionale come a livello regionale, ci siano pochi imprenditori, fatta eccezione per il «fenomeno Berlusconi». «Io non voglio che per forza ci siamo. Ma perché non discuterne? Analizziamo da chi è composto in termini professionali il Consiglio regionale. Valutiamo insieme se sia giusto o sbagliato. A chi è delegata oggi la politica? Il problema è che in generale non si discute di nulla. Oppure accadono cose incredibili. Come ad esempio certi dibattiti sulla casa da gioco dove le maggiori critiche arrivano da chi vi ha lavorato una vita. Come è possibile? Ma chi parla ha fatto qualcosa per cambiare la situazione che sta criticando? Eppure nessuno dice nulla».
E proprio in riferimento al fare Jacquin cita la nuova avventura del suo Confidi che ha firmato un primo protocollo d’intesa per fondersi con il Confidi industriali di Biella. «La nostra iniziativa – spiega – non è in contrasto con il progetto valdostano di fare un unico consorzio regionale. Anzi. Sono convinto che anche noi dovremo farne parte ma non possiamo rinchiuderci in Valle d’Aosta. Altrimenti dopo Pont-Saint-Martin non contiamo più nulla, finiamo per non fare sviluppo, mentre c’è l’area canavesana e quella del biellese dove possiamo diventare una presenza importante. Ed è un’occasione che non dobbiamo perdere. Sarebbe un errore grave».
«Il Canavese – aggiunge Jacquin – che è fatto di realtà industriali prima o poi dalla sua situazione di crisi ne uscirà per cultura. E noi rischiamo l’isolamento. E’ vero che abbiamo grandi mezzi economici, ma questi mezzi come sono arrivati prima o poi potrebbero anche andarsene ». Jacquin è preoccupato. «Sono sconcertato soprattutto da un fatto. In Valle d’Aosta chi sta bene non riesce ad accorgersi che la sua situazione non è quella di tutta la regione. Che il suo mondo non è tutto il mondo. Ed è una convinzione che non si riesce minimamente a scalfire. Ed è presente anche nella nostra classe dirigente». (Da Corriere della Valle d'Aosta del 22 marzo 2007)
0 commenti:
Posta un commento