Data la ricorrenza natalizia abbandono per una volta i temi economici e vi propongo alcuni spunti di riflessione selezionati dalle monache del Monastero Regina Pacis di Saint-Oyen.
«Il Salvatore vorrebbe farci visita, e il luogo dell’incontro ha questo in comune con la stalla di Betlemme, che non appare per nulla bello ma piuttosto desolato. Ti sia reso grazie, Dio, per questo luogo oscuro, per questa stalla anche nella nostra vita! È qui che egli attende di essere riconosciuto, creduto, amato da noi. Qui egli ci porta il suo saluto e a noi non resta altro da fare che augurargli il benvenuto. Non vergogniamoci di essere così vicini al bue e all’asino! Proprio qui egli rimane fermamente fedele a noi tutti» (Karl Barth).
Come le sentinelle che affrettano l’aurora, vogliamo anche noi portare la notizia “bella” al mondo (1ª lettura: Is 52,7-10). Sì, Dio ha già parlato “molte volte e in diversi modi” (2ª lettura: Eb 1,1-6), ma come mai c’è ancora tanto buio sulla nostra terra? Come mai “la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta?” (Vangelo: Gv 1,1-18). Eppure, anche nelle tenebre, anzi, proprio nelle tenebre, brillano le stelle, per far luce, ancora e sempre, sul mistero del nostro Dio fatto Bambino.
«Gli uomini non sanno ascoltare le stelle. E tuttavia le stelle parlano, anzi cantano.
Bisogna far silenzio in sé, per udire la loro voce. Non le senti, fratello?
Che cosa dicono stasera le stelle? Esse dicono che la gloria di Dio è grande.
Ognuna di esse, azzurra o iridescente,
fa luce sullo splendore di Dio» (Eloi Leclerc).
• Dove cercare questo Dio tanto desiderato?
«Chiudiamo la porta dietro di noi! Ascoltiamo con l’orecchio teso l’ineffabile melodia che risuona nel silenzio di questa notte. L’anima silenziosa e solitaria canta qui al Dio del cuore il suo canto più soave e affettuoso. È può avere fiducia che egli l’ascolta.
Infatti, questo canto non deve più cercare il Dio amato al di là delle stelle, in una luce inaccessibile, che egli abita, tanto che nessuno per questo lo vede. Poiché è Natale, poiché la Parola s’è fatta carne, Dio è vicino, e la dolcissima parola, la parola dell’amore, trova il suo orecchio e il suo cuore nella stanza più silenziosa del cuore. […] Occorre essere tranquilli, non temere la notte, bisogna tacere. Altrimenti non si sente nulla.
Infatti l’ultima cosa vien detta solamente nel silenzio della notte, da quando, per l’arrivo pieno di grazia della Parola nella notte della nostra vita, s’è fatto natale, notte santa, notte di silenzio» (Karl Rahner, Dio si è fatto uomo, Brescia, 1990, Casale Monferrato, pp. 72-73).
• Perché la Chiesa è in festa. Qual è il protagonista, che si rischia di dimenticare?
«La Chiesa, che è la sola a capire pienamente il Cristo nascente in questa notte, è in festa affinché il mondo intero riceva qualche briciola del festino. A questa festa di gioia non può essere dimenticato Colui che vi presiede, l’Autore di ogni gioia e Principe della Pace: Dio che viene personalmente a visitarci attraverso il Figlio. Gioia di Dio siamo anche noi, che abbiamo bisogno della misericordia, noi per i quali il Figlio di Dio ha abbandonato tutto, il Padre e tutti gli esseri celesti, per raggiungerci e salvarci» (André Louf).
• Quali sono le “luci” che rendono bella la notte di Natale?
«Le luci che rendono la notte di Natale un paradiso di luci si chiamano dolcezza e obbedienza, semplicità e umiltà, rassegnazione e sacrificio; una decorazione luminosa che brilla su tutte le famiglie cristiane […]. Questa luce benedetta si è accesa a Betlemme e poi si è irradiata da Nazareth: luce del mattino e luce del tramonto, luce che non cessa nemmeno quando le nubi la coprono […]. Come Gesù visse a Nazareth, così si viva in ogni famiglia cristiana; la tenga egli unita con la sua carità in un vincolo perenne, per ogni ora del tempo e per l’eternità» (Giovanni XXIII).
• Qual è la cosa più importante da fare?
«Da quando il Figlio di Dio si è incarnato nel tempo e nello spazio, il mondo non ha altro centro di gravità che Gesù, il bambino della notte di Natale. Non resta che sintonizzarsi con l’ora di Dio ed aprire nel cuore del mondo e nel cuore degli uomini angoli in cui Dio possa abitare e diventare nostro vicino» (André Louf).
• Come, dunque, vivere da cristiani questo santo Natale?
«Come vivere oggi questo evento sbalorditivo? Come ritrovare il senso genuino della festa tradizionale che si è tanto commercializzata e rivestita di banalità?
Anche i cristiani più ferventi corrono il rischio di viverlo in modo pagano.
Natale è Dio con noi.
Il Figlio di Dio che viene nel mondo come Salvatore, inaugura il Regno della Vita e dell’Amore, della giustizia e della Pace. Ma egli non opera da solo. Cerca uomini di “buon volere”. Nessuno pensi di non essere tra i chiamati a lavorare per il Regno di Dio; nessuno chiuda gli occhi per non vedere e le orecchie per non udire l’appello.
Occorre svegliarsi dal torpore dell’indifferenza e aprirsi ad accogliere il dono di Dio con fede schietta, con spirito di gratitudine, con stupore di gioia.
Occorre assumere interiormente ed esteriormente lo stile di vita che è proprio di Gesù, Figlio dell’Eterno Padre, nato uomo, in estrema povertà, dalla Vergine Maria.
Vivere il Natale da cristiani significa ritrovare uno stile di vita semplice, umile, povero, che lasci spazio alla gratuità dell’amore e del servizio. Ciò comporta un serio impegno ascetico per non adeguarsi alla moda del Natale consumistico, per rinunziare al superfluo in favore di chi non ha il necessario, per non dare soltanto qualcosa, ma – sull’esempio di Cristo – farsi dono a tutti, senza misura.
Vivere veramente la grazia del Natale significa, in breve:
accogliere il Cristo nei fratelli
accogliere nel Cristo i fratelli
in Cristo farsi dono ai fratelli.
Allora possiamo essere chiamati “figli di Dio” e possiamo riconoscerci tutti fratelli in forza di una parentela che non deriva dal sangue e dalla carne, ma da Colui che ci ha amati per primo e si è fatto uomo per renderci partecipi della sua vita divina» (Anna Maria Cànopi).
• Una preghiera
«Inizia un altro giorno. Gesù vuole viverlo in me […].
Incontrerà ciascuno di quelli che incrocerò per strada […].
Tutti saranno quelli che egli è venuto a cercare.
Ciascuno, colui che è venuto a salvare […].
Gesù in noi, non cessa di essere inviato,
durante questo giorno che inizia,
a tutta l’umanità, del nostro tempo, di ogni tempo,
della mia città e del mondo.
Attraverso i fratelli più vicini
Che egli ci farà servire amare salvare,
le onde della sua carità giungeranno sino in capo al mondo,
andranno sino alla fine dei tempi.
Benedetto questo nuovo giorno che è Natale per la terra,
poiché in me Gesù vuole viverlo ancora»
(Madeleine Delbrêl, La gioia di credere).
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