1 novembre 2008

Santi e defunti: siamo tutti invitati a pensare all'essenziale

Come sempre ospito sul mio blog gli editoriali che pubblico sul Corriere della Valle anche se non sono di materia economica. In questa maniera celebro anche in questo spazio la ricorrenza di «Tutti i santi» e della «commemorazione dei defunti». Un pensiero che ci invita, almeno per 48 ore, ad andare al di là delle contingenze del momento e a spingere il nostro sguardo un po più in là, un po' più in su.

La vicinanza della festa dei santi a quella dei morti fa pensare ad uno strano testacoda, ad un cortocircuito liturgico che affianca sentimenti apparentemente diversi e contrapposti,gioia e cordoglio, e di cui si fa fatica a dare ragione, ad esempio, ai nostri figli. E così, per qualche genitore ben venga Halloween, che fa apparire la visita famigliare sulle tombe dei propri cari uno strano rituale americano, molto trendy, «molto forte» come direbbero i nostri figli. Ma non è così. E dobbiamo stare attenti (e chi scrive parla prima di tutto a se stesso come genitore) a non inforcare inconsciamente spericolate scorciatoie. Esemplifico con una frase - di cui purtroppo ignoro l’autore - un po’ ruvida ma chiara. «Nella vita non puoi essere un pacco che l’ostetrica consegna al becchino. La vita è un dono di Dio che non va sprecato». Trovo che questa
affermazione possa essere un'utile bussola in grado di guidarci in questi giorni stimolandoci a far ben attenzione che entrambe queste dimensioni liturgiche coesistano. La carmelitana Cristiana Dobner rende ancora più concrete queste ricorrenze, invitandoci a non cadere nel grande imbroglio, occulto o palese, che viene teso a tutti noi dalla moda corrente e dai trend che infestano il nostro quotidiano, cioè che il fascino della giovinezza non ha mai fine. «Per poco che ci si guardi in giro e si osservi, la corsa all’apparire, - spiega la Dobner - al coprire le rughe e allo scoprire i corpi, è frenetica e travolgente. Oggi un mercato fiorente è proprio quello del fitness, del lifting, del silicone, del botulino, di una medicina che non garantisce all’individuo di diventare persona sana e vigorosa, ma che gli crea l’illusione di un traguardo inesistente e che si sposta sempre più in là. Si rimuove, prima di tutto, la realtà».
Il risultato è che la vita come dono di incontro con Dio e fra i fratelli non è più considerata come essere insieme pellegrini che, tenendo fisso lo sguardo sul Fratello Gesù, corrono incontro al Padre. «Tutto – conclude Dobner - viene scardinato e inizia la grande corsa che poggia su due piedi con due nomi differenti: Avere e Spendere».
La vicinanza di queste ricorrenze ci indica in realtà l’essenziale e questo dobbiamo imparare a comunicare. Una vita merita di essere vissuta facendo del sogno di Dio il nostro e per fare questo non c’è una strada migliore di altre. Ognuno può trovare la propria: ma tutti siamo chiamati a partecipare alla stessa gloria e alla stessa beatitudine di Dio. Le innumerevoli biografie di vite di santi sono lì per dirci questo. Forse leggerne una con i nostri figli il 1° novembre potrebbe essere un modo per rendere più concreto ai loro occhi che cosa significhi essere amici di Dio. (Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 30 ottobre 2008)

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