23 marzo 2011

Risorse Umane in Albergo: tra Flessibilità e Fidelizzazione

Per le imprese valdostane il difficile compito di fronteggiare una domanda blanda nei periodi di bassa stagione e molto elevata nei periodi di altissima stagione. Il punto di vista degli amici di Turismok.


L’albergo é un’azienda di servizi caratterizzata da una domanda notoriamente legata alla stagionalità, fenomeno che diviene maggiormente marcato nelle stazioni alpine e in generale quando si lavora con la clientela leisure. Per questo motivo si alternano periodi di bassa affluenza a periodi di alta stagione (peraltro sempre più limitati negli ultimi anni); questa forte oscillazione della domanda crea il problema non banale dell’adeguamento della capacità produttiva dell’impresa che in sostanza per le imprese di servizi non può che tradursi in una variazione del personale.


La necessità di flessibilità della gestione è dunque il primo aspetto da considerare, una variabile generalmente proporzionale alla dimensione media delle strutture. Sono infatti le strutture a conduzione familiare di media e piccola grandezza che registrano i tassi di turnover maggiori. Proprio l’organizzazione familiare è senza dubbio quella prevalente in Valle d’Aosta dove la dimensione media delle imprese è piuttosto limitata. Come detto questa condizione, associata alla tipologia di clientela prevalentemente leisure che frequenta i nostri alberghi e alla tipica stagionalità marcata delle destinazioni alpine, acuisce il problema delle risorse umane. Per questi motivi il comparto, non solo valdostano, gode di alcune forme contrattuali particolari, ad esempio per far fronte alle specifiche esigenze esiste il «contratto a chiamata» al quale, insieme ad altre forme di lavoro parasubordinato, occasionale o a progetto, si ricorre per formalizzare le posizioni contrattuali.

Questo tipo di esigenza, se da un lato non appesantisce la struttura dei costi dell’impresa genera dall’altro alcune controindicazioni talvolta complesse. L’instabilità lavorativa rappresenta, soprattutto nel nostro paese dove sussiste una forte cultura del lavoro fisso, un forte disincentivo alla domanda di lavoro che diviene così dequalificato perché meno interessante per chi cerca impieghi e contratti più lunghi.
La sensazione è comprovata dai dati che indicano nell’assenza di personale qualificato il primo motivo nella difficoltà di reclutamento del personale (45%). Secondo l’Archivio Asia (Istat) gli addetti ammonterebbero a 6.700 unità, di questi il 43% proviene da bacini d’impiego extraregionali e quasi il 70% è stagionale.


La grande offerta di lavoro generata dal comparto alberghiero si contrappone dunque ad un bacino di impiego estremamente limitato tale per cui, come visto, gran parte della manodopera viene importata.
Questa situazione pone alla luce un’importante questione legata alla cultura dell’accoglienza. Da sempre l’albergo rappresenta un punto di contatto diretto con il turista, molto più che i centri di informazione, il contatto e la relazione che s’instaura con il turista è dunque molto forte e risulta determinante al successo dell’impresa ma questa condizione richiede conoscenze specifiche del territorio che chi arriva da lontano difficilmente possiede.


 Lavorare attentamente su questi aspetti permette all’albergatore di fidelizzare la propria clientela, il personale (non solo quello del front office) deve essere quindi in grado di raccontare il territorio, per questo prima ancora delle sue mansioni, andrebbe formato sul rapporto che deve intrattenere con gli ospiti e dell’importanza che il suo ruolo ricopre.


Per ottemperare a tale situazione occorre pensare un inserimento lavorativo graduale accompagnato da una formazione sulla conoscenza del territorio, ma spesso la mancanza di tempo dovuta al tardivo reclutamento del personale, talvolta a stagione già iniziata, limita questo prezioso scambio di know-how.

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