21 gennaio 2012

L'intervento di Emma Marcegaglia ad Aosta (prima parte)



La Marcegaglia ha visitato la Cogne Acciai Speciali

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Il sindaco di Aosta Bruno Giordano
Emma Marcegaglia, la presidente nazionale di Confindustria, è arrivata in Valle, giovedì 19 gennaio, all'aeroporto Corrado Gex, alle 10,15. Poi prima tappa alla Cogne Acciai Speciali per una visita lampo all'azienda con cui da tempo sono intrattenuti importanti rapporti commerciali. Ad accogliere la Presidente il presidente della CAS Giuseppe Marzorati, l’amministratore delegato Monica Pirovano e il consigliere di amministrazione Eugenio Marzorati. L’incontro, che si è svolto in forma riservata, è stato l’occasione per illustrare al presidente di Confindustria il nuovo piano di riposizionamento strategico di prodotti e mercati che la Cogne Acciai Speciali sta attuando con lo scopo di rilanciare le prospettive industriali della società.


Alle 11,20 l'entrata in un Teatro Giacosa con un parterre politico-industriale piuttosto ampio. Al completo anche le autorità civili e religiose (compreso Mons. Franco Lovignana). A dare il saluto il sindaco di Aosta Bruno Giordano in fascia tricolore. Poi il video sui 100 anni di Confindustria in rapporto ai 150 dell'Unità d'Italia con tanto di inno italiano finale e Montagne Valdôtaine. In entrambi i casi tutti in piedi e, qualcuno, pure la mano sul cuore. L'intervento della presidente di Confindustria Valle d'Aosta Monica Pirovano che ha descritto il tessuto imprenditoriale della Regione soffermandosi sui dati dell'ultrima indagine previsionale trimestrale dell'associazione (di cui leggerai in un altro post). Il Presidente Augusto Rollandin ha messo su un ideale piatto della bilancia difetti e pregi della Valle: da un trasporto ferroviario che penalizza oltremisura il sistema imprenditoriale ad una attenzione alla ricerca fino ad un utilizzo al meglio dei fondi europei. E pure qualche battuta. Il presidnete riferendosi alla ricchiezza mineraria valdostana e citando, fra l'altro, la presenza un tempo di miniere d'oro ha spiegato di non dirlo troppo ad alta voce "altrimenti Monti ci prende anche quello".  Qui trovi la photogallery dell'evento.

A questo punto ha preso la parola la Presidente Marcegaglia. Mi è sembrato utile riportare ampi stralci del suo intervento anche perchè in alcuni passaggi trapela chiaramente (essendo a fine mandato) un primo bilancio del suo quadriennio. I titoletti sono miei e il post per complessità è stato diviso in due parti. La prossima verrà messa on line più tardi. Dopo i saluti di rito ed aver sottolineato la sua conoscenza non soltanto turistica ma pure industriale della regione la Presidente si è così espressa:


Lo scenario valdostano e italiano
«Ho ascoltato con attenzione sia le parole di Monica, del Sindaco e del presidente della Giunta ed evidentemente siamo in un'area che, come tutto il paese, ha subito gli effetti della peggiore crisi dal dopo guerra ad oggi. E' aumentato il tasso di disoccupazione, le previsioni sulla produzione industriale sono in peggioramento e l'utillizzo della cassa integrazione in aumento, ma, come sottolineava bene Monica, se guardiamo la media del tasso di disoccupazione italiano, all'8,6%, e lo si confronta con quello valdostano c'è sicuramente un vantaggio, ma direi pure se lo mettiamo a confronto con le regioni del Nord, dove si è verificato un peggioramento maggiore. Siamo dunque in un'area solida, in cui c'è ancora una presenza industriale forte fatta sicuramente da Cogne, ma pure da tante piccole imprese. E' pure buona la presenza del  turismo. E' presente una Regione che collabora con l'industria per poter mettere a frutto alcuni strumenti che si sono rivelati  utili e preziosi per supportare la crisi. Mi complimento con voi. Certamente abbiamo però davanti a noi ancora un anno, o almeno la prima parte del 2012, difficile. Anche il 2013 sarà un anno in miglioramento, ma non certo di crescita. Però come diceva giustamente il Presidente della Regione non ci dobbiamo rassegnare e dobbiamo, anche qui oggi, provare a ragionare su che cosa fare per tornare a crescere e a creare un futuro migliore per noi, ma soprattutto per i nostri figli.


La peggiore crisi...
Abbiamo alle spalle anni difficili. Io ho iniziato la mia presidenza di Confindustria nel 2008 e ho attraversato quella che si può definire la peggiore crisi dal dopoguerra ad oggi. E' sufficiente sapere che abbiamo perso il 6% di Pil. Se poi guardiamo alcuni settori industriali - siderurgia, meccanica, edilizia, molti dei settori industriali che sono parte fondamentale  della nostra industria - in alcuni casi nel 2009 abbiamo perso il 50-60% di produzione industriale, di fatturato industriale. Una crisi profonda, molto pesante. In quegli anni abbiamo cercato di lavorare con l'allora governo, con i sindacati, con le altre istituzioni per mantenere la coesione sociale che è certamente un patrimonio importante per tutto il Paese. Si è molto lavorato sugli ammortizzatori sociali, sulle casse integrazione per dare strumenti ai lavoratori che avevano difficoltà nelle proprie imprese in modoche mantenessero un reddito, e anche alle imprese affinché non perdessero i propri lavoratori in attesa che ritornasse un livello di produzione e di ordini in grado di riassorbire tutti. Abbiamo lavorato molto sul credito. Insieme al Governo abbiamo realizzato la moratoria per i mututi. So che voi a livello regionale l'avete fatta ancora più lunga. Poi l'impegno dei Confidi. Abbiamo anche ottenuto una Tremonti per aiutare la ripresa del ciclo di investimenti, soprattutto su impianti e macchinari, inevitabilmente caduto durante la crisi. Abbiamo fortemente supportato la riforma dell'Università che il precedente Governo ha varato. Tutto questo per non perdere il nostro patrimonio industriale. Del resto non dimentichiamoci che l'Italia è il secondo paese per produzione manifatturiera ed export in Europa dopo la Germania.


L'Eurodebito
Dopo questo primo periodo - nel 2010 la crisi ha cominciato un po' a rallentare - si è aggiunta  però una crisi ancora peggiore, quella dell'eurodebito e dell'euro. A causa dei problemi della Grecia l'Europa e l'Euro sono precipitati in una crisi mai vista prima che ha evidenziato quanto la costruzione europea - noi lo avevamo già detto insieme a tanti altri - fosse monca. Non può esistere una monet   unica se non è completata da un coordinaemnto vero di politiche fiscali, economiche fino ad arrivare ad un aunione più ampia di quella attuale. Fino a quando la congiuntura negli anni 2000, con alti e bassi, è rimasta positiva la costruzione europea incompleta - cioè solo moneta unica, solo Banca centrale europea -  ha tenuto. Nel momento della crisi però questo disegno ha mostrato tutta la sua debolezza. La crisi greca non è stata affrontata nel modo giusto, con la giusta velocità, con la giusta determinazione. In fondo la Grecia rappresenta il 3-4% del totale dell'economia europea. Aveva sì un debito pubblico alto rispetto al suo PIl, ma basso in valore assoluto e agendo tempestivamente si sarebbe potuto scongiurare il contagio nei confronti di tanti altri paesi europei. La crisi si è poi spostata in Portogallo, Irlanda. Fino ad un certo punto l'Italia ne era fuori, almeno fino all'estate scorsa. Da quel momento, invece, siamo entrati nel mirino dei mercati. Il differenziae -  il famoso spread, tra il titolo di stato tedesco e quello italiano che fino ad allora era di 180 basic point - è schizzato a 300 e siamo arrivati ad un picco di 570.

Un numero da comprendere e due problemi da risolvere
In alcuni casi questo numero non è ben compreso per cui può sembrare riguardare soltanto quelli che fanno finanza, speculazione. Purtroppo non è così. Chi fa impresa lo sa benissimo. Uno spread di questo tipo incide sulla vita di tuttii giorni di imprese e cittadini. Le nostre banche riescono a finanziarsi sul mercato soltanto a tassi molto alti e a loro volta prestano i soldi alle imprese  a tassi altissimi e spesse volte non li prestano. Se prima noi ci finanziavamo al 2,5-3% oggi siamo al 6-7-8%. Tassi che rendono in alcuni casi la vita delle imprese molto difficile, ma pure dei cittadini che magari vanno a chiedere la possibilità di finanziare proprie spese o investimenti. Molti si sono chiesti ma perché fino ad un certo punto siamo stati fuori dalla crisi? Io credo che alla fine i fondamentali finiscono per contare anche per le nsotre imprese. E noi abbiamo due problemi:


1°) Un alto debito pubblico, il 120% del Pil. Alto anche in termini assoluti visto che siamo la terza economia europea.
2°) Abbiao un livello di crescita troppo basso, da troppo tempo. E un livello di produttività, di competitività che negli anni è fortemente peggiorato.

Anche prima del 2008 avevamo un tasso di crescita dell'1% inferiore alla media europea, e non dico alla Cina o al Brasile. Se guardiamo il parametro di costo del lavoro per unità di prodotto e lo confrontiamo con quello della Germania negli ultimi dieci anni abbiamo perso 32 punti percentuali. Questi sono problemi gravi che hanno posto l'Italia in una situazionedi debolezza. A quel punto lo spread è arrivato ad un livello altissimo, la Commissione europea ci ha chiesto allora alcune riforme. Il precedente Governo era in difficoltà nel realizzarle e così il 17 novembre è nato il Governo Monti. Ora come sapete nei primi 17 giorni della sua vita questo Governo ha fatto una manovra che noi abbiamo definito pesante, fatta di tasse, di tagli di trasferimenti agli enti locali, ma che era assolutamente necessaria. Se, in quel momento non la avessimo realizzata, dimostrando la nostra capacità immediata di mettere a posto i conti pubblici le conseguenze avrebbero potuto essere più gravi. E' una manovra che ha al suo interno una riforma delle pensioni forte che ci rende ormai il paese europeo con il sistema pensionistico più all'avanguardia in Europa.

Le riforme
Come Confindustria abbiamo supportato questa richiesta di riformare le pensioni perchè un Paese come il nostro che deve ridurre la spesa pubblica non può avere un sistema pensionistico più costoso della media europea. Avremmo avuto nei prossimi anni un 2% di Pil di costo in più rispetto alla Germania Ma questa riforma non è un vantaggio per le imprese. Anzi. Per noi far arrivare nuove forze in azienda, èun processo che si verifica anche attraverso il pensionamento dei dipendenti. Tutto questo è un costo. Però per senso di responsabilità abbiamo sostenuto questa riforma ed accanto ad alcuni aumenti di tasse che hanno riguardato i cittadini si sono verificati però due elementi positivi: per la prima volta è stato levato un pezzo di Irap, cioè è stato reso deducibile il componente del costo del lavoro dell'Irap, pari a circa 3 miliardi di euro in meno di tasse sulle imprese, e poi in estate è stata fatta una norma fiscale che si chiama Ace la quale premia le imprese che con gli utili fanno aumenti di capitale e patrimonializzano le proprie imprese. Per affrontare le sfide del futuro, per essere più internazionali, più forti, più capaci di competere, per fare più ricerca abbiamo bisogno di più patrimonio e questa norma va nella direzione giusta. E' stata poi semplificata la progettazione e messa in opera di nuove infrastrutture, un problema che il nostro paese ha da tempo. Negli ultimi anni gli investimenti sono infatti calati in modo drammatico. Ovviamente quello che è stato fatto non è ancora sufficiente. Per tornare a crescere dobbiamo fare molto di più.


Che cosa dobbiamo allora fare?
Nonostante tutto siamo ancora in una situazione critica. Lo spread è rimasto molto alto e nel lungo termine non è sostenibile in quanto significa pagare più interessi sul debito pubblico, dover fare nuove manovre, non riuscire a finanziarsi. Accanto a questo le previsioni per il 2012 non sono buone. Come Centro studi di Confindustria abbiamo previsto che quest'anno ci sia un -1,6% di Pil a livello italiano e nel 2013 un +0,5%. Ahimé un altro anno di recessione dopo il pessimo 2009. E un 2010-2011 con crescita molto bassa. Nonostante i tanti sacrifici fatti lo scenario non è ancora a posto.Che cosa fare allora? A livello europeo dobbiamo essere consapevoli che l'attuale assetto non sta in piedi. Assolutamente si deve andare avanti verso un maggior coordinamento europeo. Su questo siamo tutti d'accordo. Ma è anche necessario che si rendano opertaivi strumenti per aiutare quei paesi in  difficoltà come il nostro, o come alcuni altri, a uscire dalla crisi. Se si rimane in questa situazione ci avvitiamo su noi stessi  e se ci avvitiamo noi il rischio è che vada male tutta l'Europa. Come sapete il Presidente Monti ha chiesto - e nonè  il solo - che ci sia un potenziamento del fondo salva-stati e dall'altra parte che si permetta alla banca Centrale europea di sostenere i nostri titoli del debito pubblico. Questo nel breve. Poi nel lungo serve più Unione europea  a livello fiscale. Si sta già lavorando sul fiscal compact per avere unminimo di  coordinamento. Ma nell'immediato chi specula contro l'Italia deve capire che ci sono degli strumenti potenti per contrastarli.

(Continua - Più tardi la seconda parte)

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