20 aprile 2012

Ad Gallias (Bard): L'impegno costante per la Ristorazione di qualità

Dalla cucina vegana (ma non solo, anzi c'è molto di più) alla valdostana, dai 400 metri di Bard in Bassa Valle ai 1470 dell'Ermitage di Courmayeur, dalla pioggerellina alla neve. Tra le 11 e le 16 giovedì (prendendomi un po' di relax dal Corriere, cosa che capita di rado) ho finalmente portato a termine (come già avrete compreso dal post di ieri) la consegna degli stambecchi-tatà in ceramica di ImpresaVda per il miglior ristorante e la miglior trattoria del 2011. Ti propongo la prima tappa oggi e la seconda domani.
da sinistra Billia, Facco e Solinas

All'Ad Gallias (ristorante e albergo di proprietà della famiglia Colliard) mi accoglie il direttore Giovanni Billia, il maître di sala Gian Luca Solinas e lo chef  Enrico Facco. Aperto il ristorante nel dicembre 2007 e l'albergo nel febbraio 2008 la struttura offre 18 camere (con un confort da suite e non è uno slogan), e 35 coperti. Il tutto gestito da 7 dipendenti. Senza dimenticare la nuova spa "Ad Aquas". L'intero edificio nasce da un attento recupero di due edifici posti all'imbocco dello storico borgo di Bard e conserva le tracce delle varie attività umane che vi sono succedute nel tempo. Dal punto di vista architettonico non si può non cogliere la valdostanità della struttura. Tre i menù offerti: à la carte, quello del Borgo e il vegano che purtroppo all'inizio, forse per un errore di comunicazione, ha un po' oscurato (anche in virtù di un nome che in italiano suona un po' settario ma non è altro che la contrazione della parola americano vegetarian) tutto il restante impegno per una cucina di qualità che tiene anche conto delle risorse del territorio.

Nella saletta bar che conduce al ristorante ho intervistato Billia, a Bard dal 2009 - un curriculum sperimentato anche al di fuori dei confini regionali -  su passato, presente e futuro dell'albergo. 

Come sta andando il ristorante?
Direi bene.  Ci stiamo ritagliando alcune soddisfazioni sia grazie al turismo, cioè all'Hotel, che ci porta una serie di clienti che dimostrano di apprezzare questo tipo di offerta e ristorazione sia con i clienti locali. Valdostani prima di tutto, ma abbiamo anche un ottimo riscontro dal biellese e dell'Alto Canavese.

Qualche novità?
Prosegue l'attenzione sempre costante e quotidiana alla qualità dell'offerta che è aumentata in questi ultimi mesi. Abbiamo più secondi, più primi. Lavorando sempre delle materie prime di qualità. La nostra cucina in parte si rifà al territorio e in parte no in quanto vogliamo anche essere appetibili per la gente del territorio che magari vorrebbe gustare dei sapori nuovi. E così sul pesce riusciamo ad avere delle  grandi soddisfazioni. Poi ci sono le cene a tema che torneremo a proporre. Ricominceranno da maggio fino a giugno. Saranno due al mese il giovedì. Questo perché da qui a giugno c'è un periodo che in settimana ci permette di organizzare una simile iniziativa. Lo avevamo già fatto l'anno scorso riscuotendo un ottimo successo. Stiamo definendo in questa settimana il calendario delle cene e le tipologie (tenete d'occhio il blog perché ne daremo notizia ndr). Una serata sarà dedicata ad un produttore di vino. L'anno scorso valdostano, quest'anno quasi sicuramente di fuori valle. Poi una cena di formaggi ed una vegana.
Ecco il mio tatà nella sua nuova casa

Approfondiamo la vostra scelta di offrire piatti vegani...
E' una scelta che ci sta dando grosse soddisfazioni in quanto di questi tempi tutto ciò che è green, eco-sostenibile, qualsiasi cosa esso sia, dalla macchina fotografica a ciò che si mangia, ha un certo appeal. Del resto una volta la dieta si faceva soltanto quando si verificavano dei problemi fisici, oggi invece la gente è molto più attenta al mangiar sano, a non esagerare con certi alimenti.Di conseguenza la nostra proposta vegana non è soltanto appetibile per i vegani in sé, ma ci sono persone che si stanno avvicinando a questa alimentazione con curiosità anche perché, riusciamo a ritagliarci la loro attenzione, offrendogli un piatto che sia totalmente vegano ma che non sia banale. Se un vegetariano o una persona che ha qualche problema di salute va nei ristoranti si riduce a mangiare un piatto di verdure, una bella insalata. La grande sfida è riuscire a fare di un prodotto totalmente vegetale, - e in questo è il nostro Enrico che ci perde le notti -  un prodotto che sia attraente. 

Un esempio?
Noi in carta abbiamo queste crespelle fatte con la farina di farro e i ceci ripieni di cime di rapa e patate. Sono crespelle che non hanno proteine animali quindi non c'è il latte. La sfida grande è riuscire a fare questi piatti che abbiano una connotazione totalmente vegana potendo stimolare un cliente che non sia per forza vegano. E negli anni abbiamo visto molti avvicinarsi con soddisfazione a questo tipo di cucina. Anche perché il vantaggio di questo tipo di cucina è riuscire a mangiare una quantità di cibo soddisfacente ed essere comunque leggeri.Questo ci ha permesso di diversificare la nostra offerta, anche se si tratta di un lavoro difficile perché cucinare vegano è prima di tutto una filosofia. In realtà non esiste ancora una cucina vegana. Non sappiamo neppure se sia giusto dividerli tra antipasti, primo, secondo e dessert cioè immaginarli come in un menu tradizionale. Solitamente i vegani fanno dei piatti unici molto grandi.  Nelle scuole alberghiere ancora oggi non si insegna la lavorazione per esempio del seitan, la proteina del frumento, e quindi in una cucina così in divenire noi ci pregiamo, grazie alla proprietà che ha fatto questa scelta, di essere tra i pochi a fare questo tipo di proposta.

Un piatto non vegano molto apprezzato?
In molti vengono per il nostro steak-tartare di manzo preparato al tavolo. Anzi è uno dei nostri piatti più venduti. Un curioso paradosso. In un tavolo la carne totalmente cruda e nell'altro la totale eliminazione delle proteine animali.

Una curiosità: ma non essendoci una scuola come siete riusciti ad acquisire le conoscenze per creare questi piatti? (Risponde lo chef Facco)
Io preparavo già dei piatti vegetariani ma non in tutti i ristoranti. Poi sono venuto a Bard nel 2009 e mi sono confrontato con lo chef che c'era prima di me a cui era stata affidata la fase di start up che mi ha spiegato in cosa consisteva. Poi leggendo sui blog (uno molto noto è il cucchiaio di legno ndr) e provando e riprovando, tenendo come base il principio che non ci devono essere proteine animali. E' certo che ad esempio per le già citate crespelle non poter usare le uova come legante, la farina e il latte risulta molto difficile.

Una sfida alla creatività incredibile... (ancora Facco)
Certamente. Bisogna poi conoscere molto bene la componente chimica degli alimenti. Va trovato il legante giusto che non intralci magari con un altro ingrediente. Poi ci sono alcuni alimenti che assolutamente non vanno usati, come i peperoni.

(Riprende Billia...)
Va anche detto che esistono dei ristoranti di un certo livello che utilizzano dei prodotti vegani, come il Kuzu o l'Agar agar, un'alga che è un addensante naturale, al posto della colla di pesce, sicuramente sana dal punto di vista igienico-sanitario, ma realizzata in una maniera che almeno da un punto di vista estetico lascia un po' a desiderare (si fanno bollire le teste di pesce finché non si ottiene una gelatina ndr).

Come è cambiata l'alta ristorazione?
A mio avviso è finito il tempo - o almeno da noi non è più così - del menu degustazione per tutto il tavolo. Si deve dare una ristorazione semplice dal punto di vista dell'offerta, cioè permettere al cliente di mangiare quello che vuole senza limitazioni. Mentre magari un tempo soprattutto nell'alta ristorazione chi ordinava si sentiva a disagio  se non se la sentiva di prendere il menu completo. Per me è importante eliminare il concetto del prezzo di ingresso. Se mia moglie non mangia quanto me deve essere libera di ordinare quello che vuole. Certi vincoli finiscono per scoraggiare il cliente ad entrare al ristorante. Si rischia di diventare dei posti soltanto per l'anniversario di matrimonio, per l'evento particolare. Occorre riuscire a dare  qualità del cibo, giusta professionalità e un corretto rapporto qualità-prezzo. I clienti poi somo cambiati. Una volta si lavorava in borghese e si usciva al ristorante in giacca e cravatta, oggi si lavora in giacca e cravatta e si esce al ristorante in borghese a prescindere dal lavoro che tu fai. Nei confronti dell'alta ristorazione non c'è più quell'ossequio di un tempo. Noi poi non abbiamo mire di Stella Michelin. Poi non si può mirare ad una Stella. Arriva da sola. Anche se il numero di coperti ci permette di raggiungere un certo tipo di risultato. Doodiché mese per mese, anzi giorno per giorno, apportiamo delle modifiche, facciamo evolvere il menu. Questo è costante. E abbiamo da due anni a questa parte un discreto successo di pubblico. Tre anni fa si lavorava a vista. Oggi abbiamo gente che prenota e clienti abituali. Anche grazie al Forte di Bard che garantisce un sacco di passaggio.

Come è fare ristorazione in Valle d'Aosta?
Non è facile farlo su un territorio così piccolo, di soli 120mila abitanti. Anche perché le stagioni turistiche durano 200 giorni, ma poi gli altri 165 giorni devi rifarti sulla gente del territorio. E siamo veramente troppo pochi. In Valle d'Aosta ci sono comunque delle eccellenze eccezionali. Dall'Hotel Bellevue al Vecchio ristoro, da Agostino Buillas al Café Quinson alla Cassolette è tutta gente che merita tutto il rispetto per ciò che fa, per i soldi che investe, per la costanza che ci mette. Anche perché non è così redditizia la ristorazione ad altissimo livello. Rende molto di più quella di medio-basso livello.

Siete inseriti anche voi nei Saveurs du Val d'Aoste...
Sì, anche se a noi piacerebbe che si guardasse non soltanto all'utilizzo dei prodotti del territorio, ma alla creazione di nuove ricette con questi prodotti. Una sfida che ad esempio hanno raccolto molto bene Grange della Clusaz e Buillas del Café Quinson che propongono con questi prodotti della tradizione ricette nuovissime. Avanti a carbonade e polenta non andiamo molto distante.

Come si entra nel cuore di un cliente?
E' fondamentale il legame con la memoria di ciò che mangiamo. Secondo me uno chef riesce ad entrare nel cuore di un cliente quando gli fa assaggiare un qualcosa che il cliente conosce già, ma lo fa in maniera straordinaria.

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