3 gennaio 2014

Il #Nonprofit e la sfida dell'#innovazione sociale


«Come si è visto, il tema oggi non  sembra essere più quello di riconoscere il mondo non profit. Di riconoscerne la funzione, sociale ed economica. Il tema – invece – è diventato quello dell’impatto sociale delle iniziative promosse dalle istituzioni nonprofit. Da qui la sfida dell’innovazione sociale». 
Nereo Zamaro, Dirigente di ricerca ISTAT, lo dice chiaramente. Il mondo del non profit oggi è chiamato a rendere palesi e misurabili i benefici derivanti dal suo operato soprattutto in un contesto come quello valdostano dove anche Dario Ceccarelli, Capo dell’Osservatorio economico e sociale della Regione, evidenzia numeri da primato. 

Il numero di organizzazioni non profit ogni 10mila abitanti è passato da 69,2 a 104,2 nel 2011, contro una media italiana di 50,7. Sulla stessa lunghezza d'onda valdostana soltanto Trento passata da 46,7 a 102,3. Si tratta di alcuni dei dati forniti nel corso del Convegno Osservare, capire, agire. Leggere il mondo non profit attraverso i dati del censimento, svoltosi nell’Aula magna dell’ateneo valdostano e organizzato la Presidenza della Regione e la Fondazione comunitaria della Valle d’Aosta, in collaborazione con l’Università della Valle d’Aosta e la Chambre Valdôtaine. 

Nel dettaglio i numeri del settore consistono in 1.219 unità istituzionali attive, 2113 addetti, 589 lavoratori esterni, 24 lavoratori temporanei e 18.692 volontari. In pratica la Valle d'Aosta conta 187 addetti ogni 10 abitanti (media italiana 115 e Bolzano, per fare un esempio significativo è a quota 150, mentre Trento guida a quota 211) e i volontari sono 1.525 sempre ogni 10mila abitanti contro una media italiana di 801 e un Bolzano a 3.012, miglior risultato italiano. Il 35,6% degli addetti si dedica ad attività assistenziali e di protezione civile, il 25,9 ad istruzione e ricerca e il 13,8 a cultura, sport e ricreazione. 

Numeri tutti che esprimono una grande ricchezza che però a detta di molti osservatori si scontra con il pericolo di una frammentazione che inevitabilmente mina l'efficacia dell'azione del Terzo settore. In proposito Zamaro in una delle slides presentate ha ipotizzato alcune soluzioni per migliorare la qualità dell'operato del mondo della coperazione sociale. Prima di tutto la necessità di Piattaforme comuni, della condivisione delle informazioni e di sistemi di allerta per sovrapposizioni da gestire. Poi la creazione di maggiori opportunità per il lavoro a distanza, la formazione online, l'integrazione delle basi dati tra istituzioni diverse; l'attenzione ai punti di rischio e gestione del rischio informativo; la presenza di Standard comuni tra uffici; il produrre e diffondere indicatori per il monitoraggio dei livelli di risultato individuale; il costruire occasioni di comunicazione; la consultazione frequente dei cittadini; la diffusione di indicatori sui risultati raggiunti; l'utilizzo di varie soluzioni e-gestite e, infine, la Condivisione del back office, anche via cloud; della formazione on-line; e la nascita di luoghi di condivisione delle best practices.

All'incontro sono intervenuti anche il Presidente della Chambre Nicola Rosset, e il Rettore dell’Università Fabrizio Cassella, Luigino Vallet, Presidente della Fondazione Comunitaria di Aosta. Il convegno ha dato anche spazio ad alcune realtà valdostane del non profit, i cui rappresentanti sono intervenuti in una tavola rotonda, e alla relazione di Anna Maria Merlo, docente di Economia solidale e gestione delle aziende non profit presso l’Università della Valle d’Aosta, sulle linee di azione da intraprendere in questo ambito. 

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