Tutti parlano del Jobs Act ma chi conosce davvero la materia?
A dispetto dell’origine decisamente poco anglosassone, è con questo termine inglese che in Italia viene definita la nuova normativa sulla riforma del lavoro.
Stiamo parlando di una legge delega (cioè approvata dal Parlamento che delega, appunto, il governo a esercitare la funzione legislativa), che ha ottenuto carattere ufficiale da pochissimi mesi ma che ha creato un grande polverone mediatico già ai tempi della sua prima apparizione nel programma dell’allora nuovo governo presieduto dal premier Matteo Renzi.
Essendo una legge delega deve essere attuata con decreti legislativi ‘ad hoc’.
In estrema sintesi stiamo parlando di una riforma strutturata che coinvolgerà parte degli ammortizzatori sociali vigenti (cassa integrazione, disoccupazione), introdurrà il contratto di ricollocazione, modificherà le attuali tutele sulla maternità e sui lavoratori (le attuali Aspi e Mini Aspi si tramuteranno in Naspi a decorrere dai primi di maggio) e in ultimo prevederà un “nuovo sistema di tutele” sia per i lavoratori che per i datori di lavoro.
Per i primi si parla di “tutele crescenti” mentre per i secondi si parla di “garanzie processuali”.
Al momento ci risulta che il governo abbia previste quattro decreti e completati due che diventeranno operativi, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, i primi di marzo (riguarderà il Contratto a Tutele crescenti e il riordino degli ammortizzatori sociali e NASPI).
L’intento del legislatore delegato è superare le polemiche sull'art. 18 dello Statuto dei lavoratori che, per decenni, hanno condizionato tutte le discussioni sulla regolazione del mercato del lavoro.
Concretamente il disegno di legge non introduce alcuna nuova forma contrattuale e il contratto a tutele crescenti sembra tradursi, in definitiva, in un ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato al pari di quello fino ad oggi conosciuto che, tuttavia, non è tutelato – nel caso di illegittima risoluzione disposta dal datore – dalla disciplina dettata dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (c.d. “tutela reale”) o da quella di cui all’art. 8 della L. 604/1966 (c.d. “tutela obbligatoria“), bensì dall’impianto normativo di cui all’emanando decreto legislativo, che andrà ad affiancarsi alle precedenti discipline.
In sostanza, in virtù delle nuove normative, la possibilità di reintegro viene limitata. Per essere concreti, la differenza con la precedente legge Fornero del 2012, sta nel fatto che prima il lavoratore riotteneva il proprio posto nel momento in cui la motivazione del licenziamento veniva dichiarata illegittima. Ciò vuol dire che la linea di demarcazione tra quei tempi e il momento attuale, in cui entra in vigore il Jobs Act, è l’importanza della discrezionalità del giudice che oggi va perduta.
Per porre un esempio pratico, prima la reintegra nel posto di lavoro avveniva quando il giudice accertava l’insussistenza materiale del motivo del licenziamento. Ma in quei casi i metri di paragone erano due: quello materiale e quello psicologico. Per tale ragione, mentre oggi il giudice deve solo accertare che un’eventuale ingiuria sia materialmente avvenuta o meno, prima bisognava valutare anche se il comportamento fosse legittimo o provocato“.
La nuova normativa si applicherà a tutte le assunzioni a tempo indeterminato che saranno effettuate a decorrere dal giorno di entrata in vigore del decreto legislativo (primi di marzo). Per gli assunti a tempo indeterminato in data antecedente, continueranno, invece, ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 18 della L. 300/1970 ovvero all’art. 8 della L. 604/1966, a seconda che il datore di lavoro occupi più o meno di quindici dipendenti. Il legislatore precisa pure che le nuove norme si applicheranno anche a tutti i dipendenti, ancorché assunti in epoca antecedente, di quelle aziende che si troveranno a superare il requisito dimensionale previsto dall’art. 18 L. 300/1970 in conseguenza delle assunzioni effettuate dal datore in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto.
Si profila, dunque, un doppio regime di tutela che distinguerà tra assunti prima dell’entrata in vigore del decreto – che continueranno a beneficiare dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori – e assunti post riforma, che invece accederanno alle più snelle garanzie. Tale scelta è stata da più parti criticata poiché, secondo i primi commentatori, potrebbe disincentivare la migrazione di lavoratori già in precedenza assunti da un posto di lavoro a un altro, atteso che il secondo sarebbe meno garantito del primo. Importante ricordare come parte della dottrina ha pure criticato la scelta ritenendola inopportuna dal punto di vista della certezza del diritto.
Confindustria Valle d'Aosta sta organizzando un ciclo di seminari informativi, presso la propria sede, per illustrare tutte le opportunità connesse alla riforma del mercato del lavoro.
Il primo incontro dal titolo "Contratto a tutele crescenti", rivolto esclusivamente alle aziende associate a Confindustria Valle d'Aosta si terrà il 16 marzo 2015, dalle ore 14.30 alle ore 18.00, intende approfondire i primi decreti attuati della legge delega n. 183/2014 in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Il seminario sarà tenuto dall'autore di questo post, Responsabile Ufficio Lavoro e Relazioni Industriali Confindustria Valle d'Aosta.
Marco Lorenzetti
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