7 febbraio 2018

Alessandro Ansermé (Consorzio Apistico): «il sogno di un'ape autoctona»

Questa settimana proponiamo l’intervista a Alessandro Ansermé, Presidente del Consorzio apistico della Valle d’Aosta.

Cosa significa produrre miele in Valle d’Aosta?
Vuol dire confrontarsi con un territorio vantaggioso per certi aspetti e difficoltoso per altri. A inizio stagione trasferiamo i nostri alveari in Piemonte per fare la prima fioritura dell’acacia. Poi una volta fiorita l’acacia dopo maggio torniamo in Valle d’Aosta per produrre i nostri mieli locali. Nelle valli laterali dove ci sono boschi di castagno produciamo il miele di castagno, a metà giugno, poi saliamo di quota e in certe zone dell’Alta Valle produciamo il miele di tiglio e poi saliamo ancora per la fioritura del rododendro e così realizziamo il millefiori di montagna. Come periodo di fioritura va da inizio giugno ai fini di luglio. In valle produciamo anche il tarassaco che si colloca a cavallo tra acacia e castagno, dai 1000 ai 1400 metri.

Quanto è hobby e quanto è professione?
Alla base di tutto ci deve essere la passione. Altrimenti non ha senso. In valle siamo circa 500 apicoltori, la gran parte lo fa per hobby e ha da due a 50 arnie. Poi c’è un gruppo più ristretto che va da 70 a 150 arnie e possiamo considerarla una integrazione di reddito, un secondo lavoro. Infine una decina di apicoltori che hanno un numero superiore alle 200 e lì si può già parlare di reddito e di una professione.

Con 200 arnie quanto miele si fa?
Dipende un po’ dalle annate. Difficile fare un piano di produzione, al massimo una media spalmabile sul quinquennio. Noi vediamo da due-tre anni in cui la produzione media per alveare è stata bassa. Ci sono state prima le gelate primaverili e poi dei periodi piovosi. Se un’annata è buona si può arrivare a fare 40 chili di produzione per alveare. Poi ci sono le annate come la passata in cui la produzione scende e si va da 20 a 25 chili. Mediamente si potrebbe parlare di 30. Poi dipende se si fa nomadismo, se si lasciano le postazioni fisse. E’ chiaro che noi abbiamo il vantaggio di produrre miele di qualità e questo contrasta con la quantità. Portando gli alveari a quote di 1600-1800 metri si va su un territorio privo di inquinamento, ma allo stesso tempo le temperature più rigide possono danneggiare gravemente la produzione.

Come commercializzate i vostri prodotti?
In questo momento non abbiamo grossi problemi. C’è richiesta. Il nostro miele è molto apprezzato perché è di qualità. Noi apicoltori partecipiamo a mercatini nelle varie sagre dei paesi, poi ci sono tutta una serie di esercizi commerciali cui ci appoggiamo, soprattutto nelle vallate laterali, sfruttando il fatto che siamo una regione turistica e quindi c’è il sufficiente passaggio. Infine un’altra vetrina molto importante è la sagra del miele di Chatillon che si svolge ogni anno ad ottobre e che ogni anno è caratterizzata da una grande partecipazione.

Lei è alla guida del Consorzio apistico: quale è il suo ruolo?
Da maggio c’è un nuovo direttivo. Il Consorzio deve aiutare tutti gli apicoltori e quindi cerchiamo di dare risposte alle richieste e alle difficoltà dei nostri iscritti. Adesso stiamo organizzando dei corsi per i principianti. Inoltre stiamo facendo una selezione sulle api regine in modo da avere un’ape autoctona. E’ un lavoro lungo e delicato, ma possiamo contare sull’aiuto dei tecnici regionali. Proponiamo anche corsi di analisi sensoriale del miele. Abbiamo appena fatto lo scorso mese un corso di affinamento all’analisi sensoriale. C’è stata una buona partecipazione e ora valuteremo se fare il livello successivo.

Qual è la maggiore difficoltà che incontrate come apicoltori?
Sicuramente il tempo. Negli ultimi due anni ci sono stati degli inverni poco freddi. Le famiglie delle api si sviluppavano bene e poi in primavera con la prima fioritura importante che per noi è l’acacia arrivavano delle gelate o dei lunghi periodi di pioggia. E così abbiamo perso una buona produzione. Poi ci sono problemi di natura sanitaria, alcune malattie, che però riusciamo ad affrontare grazie ad una buona conduzione degli alveari. Una fioritura una volta che è persa è persa.

Per il 2018 c’è qualche novità da segnalare per il vostro settore?
Le richieste di un corso base sono state tante e per febbraio confidiamo di riuscire a proporlo e sarà possibile iscriversi. Il corso inizierà tra marzo e aprile con una quindicina di lezioni tra teoriche e pratiche. Chi si avvicina deve farsi l’idea di tutto quello che deve essere fatto. Noi in particolare consigliamo a chi vuole dedicarsi a questa attività una volta fatto il corso di affiancarsi a qualcuno che ha un po’ più di esperienza.

Un sogno da imprenditore da realizzare?
Il mio sogno è riuscire a creare azienda sostenibile e che possa diventare il mio lavoro. Poi il sogno di tutti noi apicoltori valdostani è sperare in qualche annata buona.

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