16 novembre 2007

Montrosset: le difficoltà dell'edilizia pubblica

Dieci milioni di euro di fatturato e 85 dipendenti. Sono questi i numeri del Gruppo Montrosset
di Sarre, azienda del settore edile giunta ormai alla terza generazione (Alfonso ha dato il via all’attività che ha poi lasciato ai fratelli Ettore e Oreste grazie ai quali è stata fondata l’azienda
vera e propria). «Come impresa nasciamo nel dopoguerra – spiega Roberto Montrosset, attuale ad e Presidente di Assoedili - come trasportatori e cavatori e poi l’attività si è evoluta in funzione delle esigenze del mercato per cui siamo passati al confezionamento di calcestruzzo con una società ad hoc costituta negli anni ’60. E poi la Montrosset Alfonso srl ha iniziato a costruire opere pubbliche, realizzando anche conglomerati bituminosi, cioè asfalti, e poi per il privato, in particolare per l’industria valdostana. Ci siamo occupati della Cogne Acciai Speciali, della sede dell’Autoporto tanto per segnalare alcuni dei lavori più significativi. E recentemente siamo entrati anche nel segmento dei rifiuti riattivando una cava dismessa di nostra proprietà di inerti. Un settore dove abbiamo iniziato ad operare con qualche difficoltà perché in valle d’Aosta il rifiuto è prerogativa dell’ente pubblico ».
Montrosset sottolinea come si sia trattato di un’esigenza dettata da un’evoluzione del mercato
chiara, sull’onda di richieste molto specifiche. L'imprenditore avverte come distante la pubblica amministrazione su determinate problematiche. «Come azienda – aggiunge l’ad dell’azienda di Sarre - constatiamo come su aziende industriali di 20-40 dipendenti si concentri subito l’attenzione della pubblica amministrazione; mentre non vediamo la stessa premura quando in difficoltà ci sono delle aziende edili. Forse perché il nostro settore riassorbe più facilmente di altri gli eventuali licenziamenti delle aziende che chiudono. E’ più facile riutilizzare le maestranze in virtù di una qualificazione inferiore».
La Montrosset patisce le difficoltà delle aziende medio-grandi che devono essere strutturate altrimenti un certo numero di dipendenti o di fatturati diventano difficili da sostenere. «Questo soprattutto in un mondo dell’appalto pubblico – precisa l’ad – perché ad oggi è venuto sicuramente a mancare una quota di mercato che fuori Valle esiste che è quella dell’industria privata. Noi ad oggi ci confrontiamo comunque con un soggetto che o perché è pubblico o perché fa un’operazione finanziata dal pubblico dobbiamo sottostare alle regole degli appalti di questo settore e diventa difficile trovare un interlocutore di tipo privato, almeno nelle grandi costruzioni, non di certo nel civile». «Ma d’altronde nel privato o nel civile privato – osserva Montrosset - un’azienda come la nostra non potrebbe vivere. Abbiamo un concorrente che è la piccola impresa, direi perfino la microimpresa, che ha costi di gestione nettamente inferiori e una produttività pro capite maggiore. Questa tipologia di impresa può seguire da vicino con il datore di lavoro il cantiere. Per cui rischiamo spesso di essere fuori mercato e in determinati casi puntiamo a servirci di terzisti essendo soltanto organizzatori del lavoro altrui perché il mercato ci sta dando questo tipo di segnale. Ci stiamo trasformando in soggetti che acquisiscono commesse e le gestiscono attraverso manodopera esterna». In pratica oggi per molte aziende valdostane è penalizzante avere un piastrellista o un traboccante a libro paga, è meglio contattare uno specialista con la propria impresa. «E’ un processo irreversibile – osserva Montrosset – fino a quando non si riuscirà a riconoscere nell’azienda strutturata una plus valenza che la distingua dalle altre aziende».
Montrosset pone una richiesta precisa alla pubblica amministrazione. «Sicuramente una delle
maggiori difficoltà che incontriamo è nella formazione. Prima questo settore era delegato alla singola impresa e, nel passato, abbiamo anche beneficiato di quell’istituzione che era la scuola Cogne, da cui uscivano dei metalmeccanici ma dotati comunque di una certa cultura industriale che poteva essere spesa nel settore edile. Un investimento che poi veniva anche fatto in una situazione di poca mobilità del personale per cui l’investimento era più certo. Ad oggi quello che manca è reperire manodopera di qualità ed un adeguato sostegno nel momento in cui si diventa formatori di questa manodopera. Un sostegno che deve essere a 360° sia nel formare i formatori sia nel dare le giuste risorse per formarlo in quanto c’è il rischio di investire su un soggetto come singola impresa e non averne i benefici. Ed è per questo che ad oggi è più semplice per tutti assumere con un premio superiore al contratto di lavoro un soggetto già formato in un’altra realtà di tipo piccolo o medio. E questo è un problema ancora più critico in una realtà strutturata come può essere la nostra. Senza dimenticare le difficoltà legate alla manodopera straniera. Va migliorato il dialogo con l’Agenzia del Lavoro
».
L’imprenditore conclude sostenendo che la pubblica amministrazione nel suo ruolo di committente non sia stata sufficientemente capace di stimolare le imprese edili a crescere di qualità. E allo stesso tempo che le imprese edili non si siano sufficientemente impegnate a qualificare il proprio lavoro. «In Valle d’Aosta doveva nascere – conclude Montrosset – una specie di circolo virtuoso perché con tutto quello che è stato investito in infrastrutture noi dovremmo trovarci oggi nella nostra regione con aziende qualitativamente superiori alla media nazionale. Ritengo, ad esempio, una sconfitta per tutti, sia della pubblica amministrazione che delle imprese, la mole ingente di investimenti negli impianti a fune senza che in Valle d’Aosta nascesse un’azienda specializzata nel settore con un know how nato in Valle d’Aosta che poteva essere esportato in tutto l’arco alpino. E un ragionamento simile, secondo me, vale anche per l’attività di restauro dei beni culturali». (Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 7 giugno)

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