Sul Corriere della Valle d'Aosta che è uscito questo venerdì (e che è arrivato nelle case dei suoi tanti abbonati giovedì - riflettete sulla possibilità di abbonarvi cari visitatori...) ho ospitato un contributo al dibattito sul federalismo fiscale del mio collaboratore Giulio Poli, da tempo attento analista dei fatti politici nazionali e regionali. Vi propongo come post di oggi il suo scritto.
Mi fa piacere intervenire nel dibattito suscitato dall’editoriale del direttore su un argomento di così stringente attualità. Prima di esprimermi vorrei però provare a tracciare, in modo decisamente sommario, il quadro giuridico che ha portato alla situazione attuale in Italia, perché sono convinto che le riforme ora annunciate non sono altro che il punto di arrivo di un processo iniziato da quasi vent’anni. Infatti, dagli anni Novanta in poi, si sono succedute una serie di trasformazioni che hanno innovato l’ordinamento regionale e locale. Provo ad elencarne le tappe essenziali: il nuovo ordinamento delle autonomie locali, in base al quale comuni e province poterono darsi i propri statuti (l.8 giugno 1990, n° 142); l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle province ( l. 25 marzo 1993, n°81); le leggi Bassanini (15 marzo 1997 n° 59 e 15 maggio 1997, n° 127) che hanno conferito funzioni prima esclusivamente dello stato a regioni, province e comuni e hanno disciplinato in modo nuovo i controlli sugli atti amministrativi regionali e locali; la riforma della finanza regionale (l. 13 maggio 1999, n° 133 e dlgs 18 febbraio 2000, n° 56); la forma di governo delle regioni ordinarie e l’introduzione dell’elezione diretta dei presidenti delle medesime (l.cost. 22 novembre 1999, n° 1), ottenute con la modifica del titolo V della Costituzione; il nuovo testo unico degli enti locali (d.lgs.18 agosto 2000, n° 267) che ha consolidato le norme fin qui elencate, abrogando inoltre il precedente testo che risaliva al 1934; l’estensione, con legge costituzionale, delle prerogative sulla forma di governo conferite alle regioni a statuto ordinario anche a quelle a statuto speciale (l. cost. 31 gennaio 2001, n° 2); infine, una ulteriore modifica del titolo V della Costituzione, già allora definita “federalismo amministrativo” o “federalismo fiscale” (l. cost. 18 ottobre 2001, n° 3). Tutto questo ordinamento è stato adeguato alla riforma con la legge 5 giugno 2003, n° 131. Ciò che a me risulta evidente, all’interno di questo percorso legislativo che si snoda attraverso l’azione di governo del centrodestra come del centrosinistra, è che:
1) gli enti locali continuano, nel nostro ordinamento, ad essere enti derivati, creati per così dire dallo stato nazionale, come era avvenuto negli anni Settanta per le regioni ordinarie.
2) in quanto tali, essi continuano a ricevere competenze sempre maggiori per concessione della Repubblica una e indivisibile, nella cui Costituzione ancora oggi non esiste l’espressione “ordinamento federale”.
3) queste leggi hanno risposto a due istanze: una proveniente dalla Comunità europea, che ha promosso processi virtuosi di riassetto delle finanze e delle pubbliche amministrazioni con i vincoli dei suoi patti di stabilità; un’altra, scaturita dall’emersione del “fatto regionale” in Italia come in Europa, che nel nostro paese ha preso la forma politica della Lega Nord.
Il processo è ancora imperfetto, perché sussistono notevoli incertezze sulle materie di legislazione concorrente, cioè quelle su cui interviene tanto la competenza statale come quella regionale. Tuttavia, in vent’anni i segnali del cambiamento sono stati tanti e tali, che chi non ha saputo leggerli ha perduto buone occasioni per avviare i cambiamenti necessari. So che gli stati federali non sono nati con il metodo che noi, e altri in Europa (Regno Unito, Belgio, Spagna) stiamo seguendo. So che molto resta da fare, e che le regioni come la nostra dovranno riaffermare la propria specialità tanto rispetto alla comunità nazionale che a quella europea. Sono certo che nessuno ci concederà questa specialità assieme alle competenze legislative, amministrative e finanziarie: perciò, o i valdostani trovano le loro ragioni di essere, o non saranno che uno degli enti locali con aumentata capacità legislativa, di entrata e di spesa. Cercare ciò che unisce, non ciò che divide è dunque un obbligo non solo per l’Italia, ma anche per la nostra comunità. (Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta dell'11 settembre 2008).
Il crinale fra protesta e democrazia
10 mesi fa
12 commenti:
Articolo vuoto in generale e integralisticamente propagandista nella parte finale . Mi onoro di gestire l'esatto contrario di quanto l'autore del post auspica : lui vuole globalizzare i residenti in regione ponendo alla base di tutto le bugie rossonere e utilizzando il cerebroprivismo di troppissimi locali . Io punto a difendere l'originalità di ogni persona e il suo diritto a essere se stessa e non un numero nella notte nera in cui tutte le vacche dovrebbero essere rossonere per un patologico discostarci dallo Stato e fingerci originali in Europa . Ma lo siamo solo per le deformazioni etnolinguistiche , per i 14/10 , per l'integralismo , per il servilismo politico e il culto del trapassato locale da parte di alcuni presuntuosi e invadenti , non per altro .
Invito Borluzzi ad avere più pazienza in merito ai tempi di pubblicazione dei commenti.
Beh , non è proprio così , almeno in questo caso : ero convinto che il mio commento non fosse arrivato per il problema tecnico indicato nel post che doveva sostituire questo . In cui commentavo la frase di Poli secondo cui si deve " cercare ciò che unisce " , cioè una materia prima che manca per molti , me compreso . In Valle è tutto capovolto , il bagnato è ritenuto asciutto e peste colga chi dissente . Poco fa Gianfranco Fini ha definito l'antifascismo caratterizzato da tre valori : libertà , uguaglianza , giustizia sociale . Io mi sintonizzo sempre sul presente e guardo avanti , ma una volta tanto voglio collegarmi alla frase di Fini e sottolineare che tali concetti , già positivamente commentati dai partiti italiani tutti , condannano implicitamente l'humus culturale valdostano che di antifascista nel senso finianamente espresso non ha proprio nulla . Qui la libertà principale , quella culturale , è calpestata e la si vuol negare sine die col trucco dell'inventare " ciò che unisce " , escamotage che inoltre disattende l'uguaglianza di cui parla Fini perchè considera i valdostani col torcicollo i delegati a tracciare i percorsi degli altri . Ciliegia sulla torta la sostanziale pernacchia alla giustizia sociale caratterizzata dai 14/10 . Altro sassolino che mi tolgo : sul Corriere di ieri , articolone sullo Statuto che Rollandin delinea attribuendo oggettività a un disegno angustamente cicero pro domo sua . Invece illiberale silenzio tombale , nel Corriere , su un'iniziativa a Strasburgo volta a far richiamare il Governo italiano affinchè metta il naso in Valle per ripristinare i valori antifascisti cui Fini fa riferimento . Iniziativa , guarda caso , firmata da Roberto Fiore , 49 anni , una sola moglie da cui ha avuto 11 ( undici ) figli , l'ultimo dei quali da pochissimo , e il cui primogenito è divenuto da poco sacerdote ( un'altro sta per iniziare lo stesso cammino ) . Il suo culto per il valore della famiglia è inoltre in linea con l'incarico del Vescovo di Aosta . Ma qui contano i rossoneri , magari separati/divorziati/conviventi , anche se cavalcano l'anticattolico integralismo . La Valle d'Aosta andrebbe rivoltata come un calzino . Spiace notare come il Corriere stia dalla parte sbagliata della barricata , anche nell'ottica delle parole di Fini questo pomeriggio . Come dimostrato dalle parole di Poli sul " cercare ciò che unisce " , eufemismo per tentare giullarescamente di far diventare friulani/liguri/umbri delle copie carbone dei valdostani di due secoli orsono .
Borluzzi anche se la cosa non la soddisferà l'articolo sulla sua iniziativa è stato pubblicato a pagina 30 e visto quello che hanno fatto gli altri settimanali è uno spazio per lo meno non trascurabile. Del resto lei stesso ha detto che per lo meno io pubblico anche se, a quanto pare,non affronto i grandi problemi e la libertà che lei sta avendo su questo blog è notevole soprattutto visti i giudizi che lei riversa quotidianamente sul mio settimanale e sul sottoscritto. Spero che almeno questo il buon Dio lo conti a mio vantaggio anche se sono dall'altra parte della barricata. Buona Domenica.
Da cattolico che detesta l'integralismo valdostano volevo capire , da altro cattolico che lo ritiene invece compatibile con la fede , il ragionamento che lo porta a valutazioni opposte alle mie . Ho letto tra le righe poche risposte a soddisfazione dei miei quesiti e ho visto invece tante chiusure pregiudiziali verso il dialogo in merito , ma non credo che il mio chiedere , magari insistente ma solo per un incomprensibile non trovar risposta , possa essere ritenuto un criticare malevolo nonchè un biglietto d'ingresso per una postazione migliore nella tribuna del Paradiso per chi mi avrebbe sopportato . A pagina 30 ( ultima utilizzabile , se il Corriere ne aveva 400 sarei finito nella 400 ) c'era l' articolo sull'interrogazione a Strasburgo , dal titolo perfetto , ma l'interno non segue il detto giornalistico dei " fatti separati dalle opinioni " . Oggettivamente chiamare " crociata " in un giornale della Diocesi l'agire per il rispetto delle specificità individuali contro il tentativo di globalizzare , nel calderone del trapassato locale , i pochi consenzienti coi tanti che non centrano nulla è incredibile . Come dire che sarei contro il francese , giudizio intellettualmente non onesto perchè ho detto un miliardo di volte che sono non contro il francese ma contro la sua imposizione anche a chi vorrebbe che i propri figli studiassero la lingua che si parla in ogni parte del mondo e non quella indispensabile per certe fisime politiche . Io non ho criticato Rollandin perchè ha parlato del " particolarismo culturale e linguistico valdostano " durante la festa di quella che solo per qualcuno è una " petite patrie " , l'ho criticato perchè ha capovolto a uso partitico la realtà della Regione e con ciò stesso dei residenti , dipinti sfrontatamente come diversi da quello che sono . Si dice , nell'articolo , che io " arrivo a indicare " come radice dell'UV l'esistenza di due razze in Valle , di cui quella autoctona superiore per intelligenza a quella degli originari di altre parte della comune Italia : quell' " arrivo a indicare " indica una mia forzatura, ma io mi limito a leggere lo " Spirito di vittoria ( ??? ) " di Chanoux riportato dall'UV nel suo web e indicato quale propria radice . Ma il top è dato dal commento di chiusura : " Appare legittimo chiedersi che cosa resti dello Statuto una volta eliminato o quanto meno estremamente ridimensionato il particolarismo linguistico " . L'assurdità di quanto virgolettato consiste nel fatto che è tipico dei regimi dittatoriali , giustamente combattuti dalla Chiesa , anteporre le ideologie alle persone , come vorrebbe l'articolista dicendo che l'immutabilità dello Statuto viene prima e poi arrivano le persone che allo Statuto immutabile dovrebbero uniformarsi . Premetto che lo Statuto ha 52 articoli e , nella sostanza , io ne modificherei 4 soli al fine di permettere , ai genitori che lo desiderano , di rifiutare per i propri figli il francese sin dalle elementari per sostituirlo con l'inglese ( la qual cosa nulla cambierebbe per i francofili e questo la dice lunga sul loro agitarsi ) , per cui ci sarebbe solo un'iniezione di libertà culturale in un'ossatura non mutata . L'incredibile consiste anche nel tentare di accreditare l'esistenza di un vero particolarismo linguistico in regione , mentre c'è solo un'imposizione scolastica che non sfocia in una parlata nel quotidiano e che oggi più che mai cozza con i valori indicati dagli articoli 2 e 3 della Costituzione . E'fondamentale garantire il rispetto di tali valori ( dignità della persona che deve poter scegliere la propria cultura e uguaglianza dei cittadini , senza che qualcuno salga in cattedra a dare disposizioni quale presunto padrone di casa ) , non ingessare al trapassato uno Statuto per mantenerlo innaturalmente congeniale alle fisime rossonere . Battutaccia , ma forse neanche tanto : in certi ambienti cattolici valdostani per l'ateo standard c'è un'umana accettazione che manca verso chi , dotato di capacità di analisi critica , si definisce " ateo nei confronti di quel nazionalismo valdostano che si nutre di bugie e di integralismi " . Perchè non discutere di questi temi , che sono a loro modo presenti anche nello scritto di Poli in questo post per le sue manco troppo implicite critiche allo Stato italiano ?
Insomma lei è contro la strumentalizzazione del francese non contro il francese. Ma caliamoci in una situazione reale, non soltanto di principio. Non crede però che per una regione di confine come la nostra possa essere compatibile, perfino un vantaggio, un sistema bilingue che, oltretutto, insegna l'inglese già fin dalle elementari? Mia figlia, alle elementari, studia sia l'inglese che il francese. Quello che lei chiede c'è già. Lei aspira all'obiezione di coscienza contro una lingua semplicemente perchè è diventata il simbolo dell'identità di un movimento politico. Mi sembra un concetto un po' eccessivo e che non riesco a condividere. Comunque le annuncio sul Corriere della Valle l'intervista all'assessore all'Istruzione e Cultura Laurent Viérin. Prevedo che i suoi post saranno ancora più infuocati. Le chiedo soltanto quando il suo intervento inizia a prendere dimensioni importanti se può piuttosto suddividerlo in più post.
Rispondo volentieri alle osservazioni di Borluzzi, che non conosco di persona e mi spiace, perché considero assolutamente costruttivo il confronto con chi ha idee diverse dalle mie, che spesso non condivido, ma per le quali ho un integralissimo rispetto. Ciò premesso, tengo a precisare che la prima parte del mio commento cercava solo di fare un po’ di informazione, citando alcune norme fra le tante che costituiscono un percorso non solo giuridico, ma politico-istituzionale, a mio avviso ormai giunto alla sua logica conclusione. Non so dire, perché non ho doti profetiche, se ciò che si profila sia un bene o un male: so che ci costringerà a interrogarci, a rivedere molte delle scelte operate fin qui, a fare i conti con una nuova modalità di distribuzione delle risorse a livello nazionale. Non riesco però a capire in che senso sarei stato “integralmente propagandista”: non ho detto che il “federalismo” (che, nel caso non si fosse capito, in questo caso per quel che mi riguarda è solo un’etichetta come un’altra, dato che quello vero è altra cosa) è quanto di meglio ci possa capitare, ma sono ben certo che le norme che lo hanno preparato e che lo seguiranno non sono un bluff, sono leggi dello Stato con cui tocca e toccherà fare i conti. Non sono così sicuro che non sia una grana per la Valle: dovrei rallegramene? No, perché qui ci vivo, e voglio sperare che questi cambiamenti non distruggano quanto di buono è stato fatto in questa regione, anzi, consentano di mantenerlo, e pure di estenderlo ad altre regioni, perché da Italiano vorrei che tutti i miei connazionali godessero del benessere di cui godiamo noi. Perciò, voglio sperare che non si perda l’ennesima occasione – nel pezzo non avevo lo spazio anche per enumerare tutte quelle che ci siamo giocati fin qui, sia come nazione che come regione – e questa, checché ne pensi Borluzzi, è una critica a molte scelte, secondo me sbagliate, che si sono compiute finora, e che hanno impedito alla Valle d’Aosta di essere migliore e all’Italia di uscire definitivamente dalla transizione politico-istituzionale in cui si dibatte. Tra queste, a mio modo di vedere, c’è anche la questione linguistica, e sono certo che si porrà. Tuttavia, non credo nelle soluzioni estreme proposte da Borluzzi, anche se difenderò come posso il suo diritto di sostenerle.
Sono lieto che non mi si sia accusato di off topic . Suddivido lo scrivere , diretto , in due parti che intitolo " La petite patrie di Chiara Thiebat " e " La figlia di Fabrizio Favre " . Parte uno . Per qualcuno esiste la petite patrie valdostana , per altri la patria italiana , per altri ancora la patria europea . Io invece credo in una patria occidentale che comprende il mondo libero , dagli USA all'Australia , da Israele alla Corea del sud , da Taiwan alla Svizzera , dal Giappone all'Islanda , dall'Estonia al Canada e così via , intendendo occidente ciò che è libero , a prescindere dalla collocazione geografica stretta . Credo nella patria italiana quale parte di quella occidentale , mentre rifiuto quella europea perchè sottintende una differenziazione micromacronazionalistica rispetto agli USA e non prendo neppure in considerazione la petite patrie valdostana perchè condita solo di bugie , integralismi , medioevo e accattonaggio . Aggiungo : nel mio mondo occidentale potrei includere anche paesi arabi o solo islamici , tipo Emirati e Malaysia , Brunei e Qatar , Indonesia e Oman : so distinguere tra integralisti e non , per me la Valle rossonera avrebbe tutto da imparare dal Bahrain . Come ogni persona è libera di scegliere Gesù o Buddha o Maometto o nessuno , così deve valere per il tipo di patria , realtà astratta e culturale che ciascuno si sceglie in base al proprio DNA . Quello che non funziona è l'integralismo , il voler imporre il proprio credo ad altri perchè il numero , anche se alimentato da finzioni , per qualcuno dalla camicia rossa e le mutande nere , è potenza . Ciò è inaccettabile , anche se poi protesta solo chi ha cervello . Per questo va rigettata la frase di Chiara Thiebat secondo cui Rollandin parlava alla " festa della valle " , come se questa avesse la valenza onnicomprensiva del Corano in Iran . Io amo la montagna e quindi la Valle d'Aosta come il Vallese o l'Oberland , ma non voglio mescolarmi con chi crede nell'etnia , nel popolo valdostano e nella razza locale di cui parla Chanoux nel web dell'UV . Unicuique suum e se mi si considera parte del progetto rossonero io protesto a Roma come a Strasburgo come in modi che presto si evidenzieranno , perchè combattere per la civiltà del " la libertà di tizio termina dove inizia quella di caio " è gratificante . E cattolico , anche se qui dei cattolici remano contro dall'altra parte della barricata per un valdostanocentrismo su cui dovrebbero riflettere , riflettere e ancora riflettere . A poi .
Carissimo Borluzzi, è possibile darci una pausa di riflessione ed attendere se qualche altra voce si unisce al dibattito? Diversamente ho paura che così appaia una querelle fra noi due. Provare a darci su questo argomento una tregua di una settimana per vedere se si riesce a coinvolgere altre voci. Se ovviamente non è d'accordo comunque non eserciterò nessuna azione di censura.
Ogni desiderio di Favre non può non essere un ordine per me . Però , dopo l'intervento di Poli , tra l'altro con un concetto che reputo interessantissimo , mi pare poco delicato verso di lui un soprassedere per una settimana che equivale al tacere eterno . Qui doveva arrivare un Orlando Formica ( singolare docente che su La Stampa ha scritto di aver insegnato ai suoi allievi l'" autonomia " valdostana senza spiegare come un prof. di ragioneria pagato per insegnare quella abbia abusato del suo tempo per intrattenere gli allievi su altra e opinabile materia ) che non si è visto anche perchè i post vengono sfornati a getto continuo e anche per questo pochi seguono . Idem nel caso nostro : non arriverà nessuno tra 7 giorni , anche se la Chiarra Thiebat da me giudicata potrebbe ( dovrebbe ? ) battere un colpo . Eppoi ieri ho detto cose che reputo importanti sulla cosiddetta petite patrie e ho annunciato il capitoletto sulla figlia di Favre , che porrei in relazione coi miei figli nell'argomento in questione . Ora sono di fretta , se non mi si dice di andare retro satana alle 12 replico sui figli e spunto Poli e poi torno agli inferi che per alcuni mi competono .
E sia. D'altra parte va anche detto che normalmente i commenti di questo tipo servono per sviluppare argomenti, non per forza per arrivare ad una definitiva soluzione del problema. E' un modo per chiarisi le reciproche posizioni. Chiedo a chi ci legge però di evitare che la predizione di Borluzzi si avveri. Di conseguenza per una settimana, dopo il post delle 12 sui figli, niente più botta e risposta e chi scriverà potrà farlo senza rischiare di essere invischiato in discussioni interminabili.
La figlia di Favre ha un padre che si definisce valdostanocentrico e quindi mai criticherà l'insegnamento linguistico valdostano . I miei figli hanno invece un padre mondocentrico con abitudini che beffeggiano non la francofonia in sè , ma la sua imposizione erga omnes . Sono del Friuli e lì nessuno impone lo studio del tedesco e dello sloveno anche se parlati al confine della regione . Lì si studia l'inglese perchè è la lingua con cui si parla in ogni parte del mondo , mentre il francese non è la lingua di tutti , ma solo dell'uno per cento della popolazione mondiale . Eppoi l'inglese , come il tedesco ( lingua madre per più europei ) va studiato per essere appreso , mentre basta orecchioare il banale francese per capirlo . Mi cadono le braccia quando Favre dice che la figlia alle elementari studia francese e inglese . Frase che denota il non aver manco letto la relazione che accompagna la proposta di legge n.1378 della Mussolini e non aver capito il problema linguistico per cui combatto da anni . Uno studente non è un contenitore linguistico senza fondo , di lingue ne studia bene una e può avere infarinatura di una seconda . L'UV gioca sull'equivoco quando straparla di plurilinguismo , consistente in un affiancamento al francese alla pari con l'italiano ( bestialità che va contro gli articoli 2 e 3 della Costituzione e contro il rifiuto dei valdostani a utilizzare tale idioma assurdamente imposto a scuola ) di un inglese in posizione subalterna . Lo studente deve scegliersi la lingua che vuole , tra inglese e francese , alla pari con l'italiano e , dalle medie , può studiare la lingua non prescelta prima , ma in misura minore . I valdostanocentrici però , per motivi politici sui quali il tacere è bello ( sono giunti a progettare di chiedere al Governo che la Valle rappresenti l'Italia all'Organizzazione dei paesi francofoni : come mandare il Nepal all'Organizzazione dei paesi con traffico marittimo ! ) , vogliono stabilire i percorsi linguistici anche dei non valdostanocentrici : questa è inciviltà e illiberalità . Ciò che mi ha colpito + di tutto nella replica di Poli è il suo definire estremista la mia linea : è il massimo del liberalismo ( unicuique suum ) ed è invece estremista chi sposa uno status quo che toglie la possibilità di riservare alla lingua + parlata nel mondo il posto che le libere scelte le riserverebbero . E' comico che i valdostanocentrici non combattano per studiare il francese che non parlano , bensì affinchè tale lingua sostanzialmente inutile sulla Terra sia imposta a chi non la vuole tra i piedi . Vierin ? E' inqualificabile che parli dei 120 come lui come se fossero i 120mila residenti . I valdostanocentrici non hanno l'abito mentale atto a capire che i loro gusti e le loro visioni linguistiche devono terminare dove iniziano gusti e visioni altrui . E' questo che rende certa componente autoctona , quella dei valdostani medi cantata da Menegazzi , fuori del tempo . Non mi si accusi di rudezza : io non disturbo nessuno , mentre altri " rompono " col tentare di fingere patrimonio comune quello che è un loro esclusivo sentire ma che si vuol fingere condiviso perchè utile alle aberrazioni politiche rossonere .
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