Le dimissioni di Dino Boffo da direttore di Avvenire non mutano il senso di quanto ho scritto nel mio ultimo editoriale sul Corriere della Valle che propongo, leggermente in anticipo rispetto al solito, anche ai lettori del blog.
Ho ricevuto molti apprezzamenti per il fondo che ho scritto la scorsa settimana sul tema dell’immigrazione.
Segno che ho toccato corde su cui la sensibilità fortunatamente sta crescendo.
E il titolo “tempi di barbarie” sembra, purtroppo calzare a pennello anche per quanto è accaduto questa
settimana. La querelle Feltri-Boffo è sotto gli occhi di tutti. Ogni commento è superfluo. La solidarietà del Corriere al direttore di Avvenire è ampiamente espressa attraverso un servizio nelle pagine interne.
Ma c’è un qualcosa in più. Domenica 6 settembre, già prevista da diverse settimane, in molte chiese della Diocesi ci sarà una distribuzione straordinaria del quotidiano Avvenire e anche gli abbonati del Corriere ne riceveranno gratuitamente una copia a casa. Su Avvenire infatti troverete una pagina speciale dedicata alle celebrazioni di San Grato, il patrono della Diocesi. Ora penso e credo che, se vogliamo davvero essere concretamente solidali con Avvenire e il suo direttore, potremmo prendere l’impegno di leggerlo un po’ di più. Partire da una copia alla settimana fino, magari, a farne un compagno di viaggio quotidiano.
Paradossalmente la brutalità dell’attacco di questi giorni fa pensare che il lavoro fatto, in punta di piedi (come ama spesso scrivere Boffo), vada soppesato con più attenzione.
Chi racconta i fatti senza pregiudizi ideologici e chiamando le cose per quel che sono rende un servizio
alla verità che non può essere lasciato passare sotto silenzio e che, evidentemente, pur usando toni civili, finisce per picchiare molto duro. Insomma se è vero che il peso di un giornale non sempre è determinato dal
numero dei suoi lettori (e quest’ultima vicenda fa molto pensare all’episodio biblico del giovane Davide contro il gigante Golia) è anche vero che dare forza ad un modello di giornalismo non gridato, che sa distinguere il grano dalla pula, che si rifiuta di essere schiavo della televisione che spesso spettacolarizza il nulla e annulla ciò che ha sostanza, può essere il modo per far sì che una simile avvilente vicenda produca qualche buon frutto.
Ed è da quelli che saremo valutati.
Il crinale fra protesta e democrazia
10 mesi fa
10 commenti:
Conosco alcune cose del caso Boffo ma non i suoi articoli relativi a Berlusconi. Ma due considerazioni comunque potrei farle. Posso intuire che le critiche dell'Avvenire siano state ben più blande di quelle del quotidiano diretto da Mauro, ma critiche sono state, per cui il pan per focaccia di Feltri non è stato surreale nel contesto creatosi. Berlusconi ha subito da Repubblica attacchi sistematici e volutamente tali da accreditare una sua immagine sgradita: il privato indimostrato e indimostrabile è stato usato per influenzare il pubblico giudicabile da tutti. Che poi Feltri abbia voluto trovare in qualcuno del fronte antiberlusconiano qualcosa da sbandierare in contrapposizione a quanto urlato da Repubblica, è fisiologico. Ha ritenuto di evidenziare delle cose su Boffo, pesce piccolo tra i critici di Berlusconi, solo perchè su di lui ha trovato qualcosa con poter fare il verso a Repubblica. Fin qui tutto purtroppo normale all'interno di un processo iniziato dal quotidiano di De Benedetti. Quello che non condivido sono gli attestati di solidarietà a Boffo a prescindere da sue risposte sul merito, risposte che non ci siano state in maniera completa. Boffo si ritiene omosessuale o no? Per lavorare in Repubblica è indifferente, per lavorare all'Avvenire secondo me no. Boffo ha citato la sua famiglia nella lettera di dimissioni, ma come è composta? Potrei fare tante altre domande. A me lasciano indifferenti gli attestati di stima se la persona criticata non chiarisce in modo univoco ogni punto delle critiche rivoltegli. Nè mi si dica che sono faccende personali: si è creato un contesto in cui il privato non può essere il dito dietro cui nascondersi. Boffo se ne va, ha la solidarietà di alcuni, ma da parte mia solo un grosso punto interrogativo proprio per la sua autodifesa troppo generica. Vengo al secondo punto, giornalismo urlato e giornalismo che si esprime in punta di piedi. Prescindo dall'aspetto nazionale per concentrarmi su quello regionale: è urlata una testata che tace e quindi acconsente sulle violenze locali, e questo a prescindere dai toni. Sorvolare sulla violenza è violenza. C'è la cosiddetta festa della regione, tentativo di indottrinamento delle menti deboli pagato dai contribuenti anche se l'utilizzatore finale è il partito delle etnie, dei popoli minoritari, del culto delle radici (le mie sono diverse e lo dico, i 25 mila calabresi tacciono e comunque l'impostazione del vivere secondo radici riguarda i malati di torcicollo e non chi guarda l'oggi e non il supposto ieri di estranei), del tentativo di cancellare le specificità dei residenti affinchè passi la finzione di questi ultimi quale continuum dal 1861. Alberto Cerise, il 20 luglio 2009, nell'incontro delle regioni autonome chiese che tutte mettessero nero su bianco le loro specificità, ovviamente per poi sbandierare in certe sedi come verità le panzane sulla Valle riportate in tale documento. Lettera morta, ma cosa avrebbe scritto Cerise sulla Valle in tale ipotetico papiro? Le non verità necessarie all'UV. Questa è violenza, senza pistole o chiavi inglesi, ma violenza verso la realtà locale, violenza verso i residenti, considerati massa informe e politicamente vendibili come diversi da quello che sono. E il Corriere su questa violenza tace e quindi la sua linea di non belligeranza con chi offende il cittadino non è giornalismo sottovoce, ma sostanzialmente urlato. Il messaggio cristiano sul rispetto di ogni persona è da qualche strano cattolico praticante considerato secondario rispetto al culto di ecclesiastici che avevano per il francese un amore che riguardava loro e non chi vive nel 2009. Un esame di coscienza e un cambio di rotta sarebbero salutari , altro che le lodi del parlare sottovoce ...
1°) Lei non legge Avvenire diversamente saprebbe che Boffo si è detto innocente e ha spiegato la sua posizione in lungo e in largo. Prima di emettere sentenze meglio informarsi. Inoltre ho il dubbio che lega anche poco Il Giornale. Feltri h alentamente modificato i termini del suo attacco avendo inizialmente appoggiato una parte della sua strategia su un documento falso. Boffo andrà in Tribunale con Feltri e credo che a questo punto il direttore subirà la sua seconda condanna per diffamazione.
2°) Quanto agli esami di coscienza farseli è sempre molto salutare. Aiuta ad essere umili.
Non leggo Avvenire e scorro in certi casi Il Giornale su internet. Come faccio per altre testate. Ma in nessun luogo ho letto risposte chiare di Boffo sui miei quesiti. Non so se ha letto le battute del Frankfurter Allgemeine in merito ... Feltri ha in parte ammesso l'ambiguità del riferimento all'omosessualità, ma se uno dicesse che io sono omosessuale, col megafono urlerei che non è vero. Punto due: io ho sollevato un problema reale e lei fugge ricorrendo a frasi di comodo che dimostrano la bontà della mia analisi e una incongruenza comportamentale somma in chi dovrebbe privilegiare i principi cattolici quale metro di analisi della realtà politica locale, senza un tacere che è condividere.
Borluzzi della questione con cui lei si accanisce contro di me abbiamo già discusso in due precedenti post e senza che io sia riuscito a convincerla. Mi permetta di risponderle quando avrò un nuovo argomento da proporre alla sua granitica convinzione. Sotto trova i link delle nostre precedenti discussioni. Un piccolo ripasso.
http://impresavda.blogspot.com/2008/09/federalismo-fiscale-studio-sui-bilanci.html
http://impresavda.blogspot.com/2008/09/ma-quale-federalismo.html
Replicherò a questo post appena possibile, ma subito, a beneficio dei lettori, sottolineo la gustosità del fatto che il contenuto del primo link è totalmentissimamente spurio con la tematica in questione. Incredibile.
Ammiro Favre quando introduce ex abrupto discussioni religiose tra quelle legate all'impresa. Ma censuro i miei commenti sul suo rifiuto sistematico a discutere del bubbone anticristiano della Valle consistente nell'integralismo da lettino dello psicanalista, posta la scissione dalla realtà su cui si impernia e la strumentalizzazione della persona. Il secondo link è emblematico. La cultura ciascuno se la sceglie in base a parametri propri, non necessariamente funzionali a becerismi localisti. Implicitamente, in quanto presente in questo secondo link che Favre vorrebbe accreditare quale summa teologica a supporto dell'integralismo valdostano fondato sulla bugia, c'è una derisione della situazione dell'Alto Adige: lì il confine è con l'Austria germanofona( non solo germanofila!), lì il 68% dei residenti parla tedesco sempre e non solo su un organo di partito pagato dal governo nazionale, pur tuttavia ciascuno si sceglie il percorso culturale voluto prescindendo dai desiderata della SVP. I confini con questo o quel paese possono essere importanti o meno in base a scelta personale e non pilotata per finalità politiche. Uno parla inglese o tedesco o italiano pure in località francofone che sono oltretutto così poche nel mondo. Il francese è banalmente comprensibile con l'orecchiamento, tedesco e inglese no. Io non contesto il fatto che Nicole studi il francese alla pari con l'italiano, è legittimo visto che i di lei genitori hanno voluto così, ma in base ad altre considerazioni altri genitori ritengono inglese e tedesco studiabili e il francese solo orecchiabile. Ma credo che Favre abbia ordini esterni sulla posizione verso il francese nel Corriere e il mio ragionamento si infrange sullo scoglio dell'anticristiana chiusura mentale di chi vuole imporre tale lingua inutile in Valle e quasi del tutto a migliaia di km dalla Valle. Ma che almeno non si finga il link due sovrastante come una lezione nei miei confronti ...
Dovevo fare un commento ulteriore al sondaggio sulla giunta regionale, ma sull'ansa sono apparse dichiarazioni di Boffo. Da una, parrebbe che la sua famiglia consiste in lui e i suoi genitori anziani. Altre indicazioni non ne ho lette, certo potrebbero esserci, a me il caso Boffo interessa poco. Nell'altra, Boffo si chiede se era lecito spiattellare tutto ciò che si è scritto su di lui se anche le cose dette fossero vere. Questo blog avrebbe impennate se si toccassero temi non asettici e io pongo un quesito a chi vorrà replicare(io mi sono già espresso in merito): può un quotidiano cattolico avere per direttore una persona con un passato-presente quale quello in primis dipinto da Feltri? Domanda astratta e non riferita a Boffo, le cui spiegazioni vanno ritenute valide fino a eventuale prova contraria. Molte testate parlano di effetto negativo sul mondo cattolico delle accuse primigenite di Feltri a prescindere dalla loro verità intrinseca totale o parziale o nulla.
... e ora l'ansa riporta che Boffo si dissocia dai contenuti riportati dall'ansa stessa a caratteri quasi cubitali due ore fa ... basta, di Boffo non dico più nulla.
A titolo puramente informativo offro ai più pazienti una cronologia sulla vicenda Boffo. La pubblico in due commenti per motivi di spazio. Ecco la prima parte...
Gennaio 2002
La famiglia di una ragazza di Terni sporge denuncia contro ignoti, perché sul cellulare la giovane ha ricevuto telefonate “moleste” a partire dall’agosto 2001.
14 ottobre 2003
Il direttore di “Avvenire” Dino Boffo viene iscritto nel registro degli indagati. Dall’esame dei tabulati risulta che le telefonate moleste sono partite da un cellulare che era nella sua disponibilità. La parte lesa ritira la querela, ma la denuncia per “molestie”, che è un reato perseguibile d’ufficio, prosegue il suo corso. Boffo dichiara agli inquirenti di non essere stato lui l’autore delle telefonate moleste, ma non viene creduto.
8 aprile 2004
Il Pm chiede la condanna di Boffo, che non nomina neanche un suo difensore: ne viene incaricato uno d’ufficio.
9 agosto 2004
Dino Boffo riceve un Decreto penale di condanna al pagamento di 516 euro per il reato “di cui all’art. 660 cp, effettuando ripetute chiamate sulle sue utenze telefoniche nel corso delle quali la ingiuriava anche alludendo a rapporti sessuali con il suo compagno (condotta di reato per la quale è stata presentata remissione di querela) per petulanza e biasimevoli motivi recava molestia...”.
19 luglio 2005
Il Tribunale di Terni rifiuta la visione degli atti del procedimento giudiziario al giornalista Mario Adinolfi (già collaboratore di Avvenire) che ne dà notizia sul suo blog il 20 settembre 2005, parlando del “direttore di un quotidiano cattolico”.
24 luglio 2006
Il nome di Boffo come “condannato” per molestie viene fatto dalla Nuova agenzia radicale.
12 gennaio 2008
“Panorama” pubblica la sentenza del Tribunale di Terni.
Ed ecco la seconda...
29 agosto 2009
Vittorio Feltri sbatte la notizia in prima pagina del quotidiano “Il Giornale” che dirige da circa un mese. Occhiello: “Incidente sessuale del direttore di ‘Avvenire’”. Titolo a nove colonne: “Il supermoralista condannato per molestie”. Feltri nell’editoriale spiega che il direttore di “Avvenire” “con i suoi scritti aspramente critici sulla condotta del Cavaliere” è “diventato nella considerazione di parecchia gente l’interprete del pensiero della Chiesa a proposito dello scandalo che tiene banco dall’inizio dell’estate. Ebbene se i vescovi hanno affidato al direttore Boffo il compito di loro portavoce si sono sbagliati di grosso, non perché lui non abbia capacità tecniche bensì perché privo dei requisiti morali per fare il moralista o per recitarne la parte”. Un ampio articolo a pagina 3, a firma di Gabriele Villa, affermava già dal sommario: “Il direttore dell’’Avvenire’, in prima fila nella campagna di stampa contro Berlusconi, intimidiva la moglie dell’uomo con cui aveva una relazione omosessuale. Per questo ha patteggiato: con una multa ha evitato sei mesi di carcere”. Nell’articolo si lasciava intendere che il decreto di condanna era accompagnato da un’informativa che ne spiegava i motivi e nella quale risultava – tra l’altro – che Boffo è un “noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”. Nessun altro giornale aveva accenni alla vicenda, perché Feltri si era premunito di tenere la cosa riservatissima, proprio per ampliarne l’effetto mediatico.
La risposta di Boffo arriva lo stesso giorno con un comunicato sul sito di “Avvenire”, dove definisce l’articolo di Feltri “killeraggio giornalistico allo stato puro, sul quale è inutile scomodare parole che abbiano a che fare anche solo lontanamente con la deontologia. Siamo, pesa dirlo, alla barbarie”. “Sia chiaro – proseguiva Boffo – che non mi faccio intimidire, per me parlano la mia vita e il mio lavoro”. Un comunicato dell’Ufficio comunicazioni della Cei ribadisce “piena fiducia al dott. Dino Boffo, direttore di Avvenire, giornale da lui guidato con indiscussa capacità professionale, equilibrio e prudenza”. Il ministro Maroni, con una telefonata a Boffo, smentisce che esista un’ “informativa” della Polizia.
29 agosto 2009
Boffo viene riconfermato alla guida di “Avvenire” e riceve la solidarietà del presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco e del Segretario di Stato vaticano card. Tarcisio Bertone.
1 settembre 2009
Il Gip Pierluigi Panariello rende noto – su istanza di alcuni giornalisti – il decreto penale di condanna di Boffo, ma non l’intero incartamento processuale, nonostante il parere favorevole del procuratore della Repubblica di Terni
3 settembre 2009
Boffo, con una lunga lettera rassegna al presidente della Cei le sue “dimissioni irrevocabili”.
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