8 ottobre 2009

Agropirateria: la Preoccupazione di Coldiretti in merito alla Contraffazione dei Salumi


Nell'ambito delle giornate della festa del Lardo di Arnad, che tradizionalmente si svolge dal 26 al 30 agosto, Coldiretti Valle d'Aosta ha partecipato all’organizzazione - con Regione, Comune di
Arnad, Casinò de la Vallée - e patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole, al convegno «Salumeria
Italiana tra frodi e contraffazioni».  Un importante contributo sull'argomento è stato dato da Nino Andena, Vice Presidente nazionale Coldiretti e Presidente Nazionale AIA. È stata una ulteriore occasione per far sapere agli addetti ai lavori,  ma anche ai consumatori e alla stampa la situazione che Coldiretti ha definito «agropirateria» e che da tempo l'associazione combatte senza sosta.
Dal semplice calcolo matematico sul numero dei maiali importati si scopre che due prosciutti su tre provengono dall' estero e che, quasi sempre, vengono spacciati per «Made in Italy», a causa della mancanza della etichetta di origine e di provenienza, con un danno al consumatore - che non sa cosa mangia o peggio è convinto di mangiare Italiano - e un danno ai produttori che, a causa dei maggiori costi che sopportano a livello Nazionale, lavorano in perdita. Dalla stalla alla tavola su cento euro che spende il cittadino soltanto 15,5 rimangono all'allevatore. Coldiretti ha presentato alla Stampa e ai presenti una bella serie di prodotti agroalimentari «taroccati» con evidenti segnali di «Italianità» ma provenienti delle più svariate parti del mondo con materie prime che nulla hanno a che vedere né con l'Italia né con i prodotti originali.

Alla imitazione non è sfuggita nemmeno la «Fontina» che è stata presentata in due confezioni, provenienti dalla Svezia. Un altro esempio riportato da Andena è stato quello della Bresaola. Nel corso del 2009 è stata sequestrata carne avariata proveniente dall’Uruguay destinata alla produzione di bresaola in uno stabilimento della Valtellina. Anche l’UE ha avuto seri dubbi sulla qualità della carne importata dal Sudamerica e a partire dal 31 gennaio 2008 le importazioni di carne bovina dal Brasile sono autorizzate solo se provenienti da un
elenco di allevamenti selezionati «che rispettano interamente gli obblighi comunitari in materia di  importazione». Dopo questa decisione le importazioni dal Brasile sono crollate e si sono impennate quelle dall'Uruguay che (dati Istat) nei primi due mesi del 2009 hanno raggiunto ben 16.000 quintali (+355 per cento), in gran parte destinate alla produzione di bresaola in Italia. L'uso strumentale di una denominazione
di grande eco (come la bresaola) per giustificare importazioni a basso costo ed elevato rischio
saanitario è un grave attentato all'agricoltura italiana a vantaggio del falso Made in Italy, che nulla ha a che fare con la materia prima nazionale.
«Per questo - osserva Andena - è necessario estendere a tutti i prodotti l'obbligo di indicare la provenienza della materia prima impiegata per consentire scelte di acquisto consapevoli ai consumatori». Secondo il sondaggio on-line di Coldiretti, durante la crisi dell’influenza messicana una persona su 10 ha dichiarato di rinunciare a consumare carne di maiale.

La trasparenza dell'informazione e la rintracciabilità in etichetta sono il miglior modo per evitare psicosi nei consumi. Per colpa della mancanza dell'obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne, nelle recenti emergenze sanitarie il sistema produttivo nazionale ha perso migliaia di posti di lavoro, con danni per 2,5 miliardi di euro (circa 2 miliardi € per la mucca pazza nel 2001 e mezzo miliardo € per l'aviaria dei polli nel 2005). L'incontro è stato moderato dal giornalista enogastronomico Paolo Massobrio e, oltre a Nino Andena e all'Assessore all'Agricoltura Giuseppe Isabellon ha visto la partecipazione di Gianni Capuzzi, del Ministero all'Agricoltura, e dei rappresentanti degli istituti di controllo Francesco Ciani
e Giancarlo Fiando.

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