Propongo un interessante articolo scritto da Ezio Mossoni, direttore della Coldiretti Valle d'Aosta, pubblicato sul periodico di categoria «L'Agriculteur Valdôtain» che completa il mio precedente post dedicato all'attività dell'Arev.
Si avvicina il periodo di lavoro più intenso per l'agricoltura della nostra regione che subisce, più di altre, la stagionalità legata alle condizioni atmosferiche e che concentra - come naturale - una forte attività nel periodo estivo con la salita delle mandrie negli alpeggi. La trasformazione strutturale della nostra agricoltura ha portato ad una diminuzione del numero delle aziende ma ad un sostanziale aumento di dimensioni per le imprese in attività: una delle conseguenze è la nuova necessità di assunzione di personale.
Negli ultimi anni - soprattutto grazie alle norme specifiche concordate per gli alpeggi nella contrattazione locale - il contenzioso nei rapporti di lavoro si è praticamente azzerato ma rimane, in capo alle aziende agricole, un costo decisamente importante.
Un costo che diventa uno dei freni della nostra agricoltura - sia a livello locale che nazionale - non per colpa diretta del costo ma per i bassi prezzi agricoli riconosciuti agli agricoltori. Vi è, infatti, economicamente, un chiaro legame tra i costi che l'impresa deve sostenere e il ricavo proveniente dalla vendita dei prodotti. L'incidenza del costo del lavoro è - senza dubbio - più alta del valore della produzione. Ecco che il costo del lavoro diventa superiore al valore del prodotto e l'impresa si trova in difficoltà: molte imprese manifatturiere hanno «delocalizzato» sono andate cioè a produrre, generalmente in paesi terzi dove il costo lavoro è inferiore, ma le imprese agricole non possono prescindere dalla terra (un vecchio amico agricoltore mi diceva «il guaio è che la nostra azienda è tutta fuori!») che stabilizza il luogo di lavoro come nessun altro settore.
Ecco perché il settore agricolo deve godere di politiche specifiche che debbano necessariamente tener conto del problema complessivo a rischio di gravi ripercussioni sull'economia dell'intero settore che non ha "sfoghi" per recuperare in altro modo i costi sostenuti per il lavoro. Senza considerare, poi, il rischio di scivolare su deprecabili e pericolose scorciatoie.
Il crinale fra protesta e democrazia
9 mesi fa
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