Se in altre zone d’Italia nel corso del 2010 il manifatturiero ha ridato qualche segnale di ripresa, in Valle d’Aosta il quadro economico non appare del tutto rassicurante, soprattutto per quanto riguarda l’artigianato. Per la prima volta il contributo del manifatturiero al Pil regionale è sceso al di sotto del 12%. «A fronte di un calo delle imprese decisamente ridotto (soprattutto settore artigiano) – spiega l’economista Massimo Lévêque autore per Unioncamere del tradizionale rapporto sull’economia valdostana - si registra un forte calo nell'occupazione superiore alla media nazionale».
Le imprese registrate del settore manifatturiero nel 2010 sono calate di tre unità rispetto all’anno precedente evidenziando un decremento dal 2008 decisamente inferiore a quello generale (-0,2 % contro -2,2). Isolando però dal settore nel suo insieme le imprese artigiane (artigianato “di produzione” e quelle industriali in senso stretto) si può verificare come la contrazione del numero di imprese riguardi esclusivamente l’artigianato, che si riduce nel biennio di 14 unità (-2,1%) mentre le imprese manifatturiere industriali passano dalle 250 unità del 2008 alle 257 del 2009 e infine alle 262 del 2010 (quasi il 5 % di incremento nell’ultimo biennio).
Nel settore sono però complessivamente calati in misura significativa i livelli occupazionali. Posto uguale a 100 il numero di occupati nell’industria del 2004, dopo anni altalenanti nei quali comunque gli occupati hanno evidenziato anche degli incrementi (2006 e 2008), nel 2009 si verifica una forte contrazione e, nel 2010, il livello di occupati nel settore, seppur in ripresa, risulta ancora inferiore di oltre il 16% a quello del 2004.
La flessione è complessivamente maggiore in Valle d’Aosta rispetto al dato nazionale, contrattosi di circa 10 punti percentuali ma con un trend, nel 2010, ancora in discesa. In tale dinamica, particolare rilievo assume la perdita di posti di lavoro “femminili”: nell’industria le occupate risultano in calo sostanzialmente dal 2006 e in misura maggiore rispetto agli uomini. Rispetto al 2004 tale flessione è superiore al 40 per cento.
Ma non è tutto. La crisi internazionale, concentratasi in particolare nel corso del 2009, ha colpito il settore manifatturiero sulla sua capacità di produrre valore aggiunto e gli impatti sull’occupazione evidenziati in precedenza ne costituiscono l’aspetto di maggior evidenza e preoccupazione. Tra il 2008 e il 2009 infatti, a valori correnti, il valore aggiunto del comparto manifatturiero si contrae di oltre il 15 % (-72 milioni di euro) a fronte di una flessione complessiva del valore aggiunto regionale del 3,5 (-78 milioni di euro complessivi), quasi interamente attribuibile alle difficoltà del settore industriale. Con la flessione del 2009, il contributo del settore alla formazione del valore aggiunto regionale scende per la prima volta sotto il 12 per cento (11,6) mentre nel 2004 era prossimo al 14 per cento e negli anni 2007 e 2008 pari al 13,2.
Non nasconde la sua preoccupazione Maurizio Goi, presidente di Cna e titolare di un’autofficina: «In Valle è praticamente assente l’indotto industriale. Circostanza che in parte si è rivelata un fattore di protezione all’inizio della crisi, ma ora, che altre realtà stanno uscendo dalla crisi, noi non abbiamo un traino sufficientemente potente». Goi sottolinea anche come i numeri del settore vadano letti con attenzione. «Dopo due anni di crisi alcune aziende – osserva – impossibilitate dal mantenere i livelli occupazionali pre-crisi, dopo aver fatto alcuni licenziamenti hanno invitato alcuni dipendenti ad aprire partita iva e a lavorare a fattura. Il risultato è che il numero di imprese cala di poco, ma gli addetti diminuiscono in maniera più sensibile. Ma quante di queste aziende supereranno il biennio?».
Per Monica Pirovano, amministratore delegato della Cogne Acciai Speciali, alla guida di Confindustria Valle d’Aosta dal 2009, invece il quadro presenta alcuni segnali confortanti: «Le imprese del manifatturiero, nel periodo 2008-2010, malgrado la crisi internazionale, sono aumentate. E’ un dato confortante, significa che il nostro settore è vitale e ci sono ancora imprenditori che hanno voglia di mettersi in proprio, di assumersi delle responsabilità e dei rischi». Tuttavia l’incertezza è ancora all’ordine del giorno. «La crisi – prosegue Pirovano - ha inciso sull’occupazione. Nonostante il ricorso massiccio, soprattutto nel 2009, agli ammortizzatori, la forza lavoro è diminuita in questi ultimi tre anni. Oggi ci sono timidi segnali di una inversione di tendenza, ma stiamo parlando di numeri molto piccoli. Le imprese rispondono, per lo più, ad ordini imprevisti, facendo efficienza e ricorrendo allo straordinario, poche sono le nuove assunzioni a tempo indeterminato. In questo delicato momento della nostra economia le nostre imprese hanno bisogno di una minore rigidità organizzativa ed una maggiore flessibilità oraria. In Italia solo il 48% delle imprese usa questo strumento, in Europa la percentuale è del 56% con punte del 70». (Pubblicato sul Sole 24 Ore Nord Ovest del 6 luglio 2011)
Le imprese registrate del settore manifatturiero nel 2010 sono calate di tre unità rispetto all’anno precedente evidenziando un decremento dal 2008 decisamente inferiore a quello generale (-0,2 % contro -2,2). Isolando però dal settore nel suo insieme le imprese artigiane (artigianato “di produzione” e quelle industriali in senso stretto) si può verificare come la contrazione del numero di imprese riguardi esclusivamente l’artigianato, che si riduce nel biennio di 14 unità (-2,1%) mentre le imprese manifatturiere industriali passano dalle 250 unità del 2008 alle 257 del 2009 e infine alle 262 del 2010 (quasi il 5 % di incremento nell’ultimo biennio).
Nel settore sono però complessivamente calati in misura significativa i livelli occupazionali. Posto uguale a 100 il numero di occupati nell’industria del 2004, dopo anni altalenanti nei quali comunque gli occupati hanno evidenziato anche degli incrementi (2006 e 2008), nel 2009 si verifica una forte contrazione e, nel 2010, il livello di occupati nel settore, seppur in ripresa, risulta ancora inferiore di oltre il 16% a quello del 2004.
La flessione è complessivamente maggiore in Valle d’Aosta rispetto al dato nazionale, contrattosi di circa 10 punti percentuali ma con un trend, nel 2010, ancora in discesa. In tale dinamica, particolare rilievo assume la perdita di posti di lavoro “femminili”: nell’industria le occupate risultano in calo sostanzialmente dal 2006 e in misura maggiore rispetto agli uomini. Rispetto al 2004 tale flessione è superiore al 40 per cento.
Ma non è tutto. La crisi internazionale, concentratasi in particolare nel corso del 2009, ha colpito il settore manifatturiero sulla sua capacità di produrre valore aggiunto e gli impatti sull’occupazione evidenziati in precedenza ne costituiscono l’aspetto di maggior evidenza e preoccupazione. Tra il 2008 e il 2009 infatti, a valori correnti, il valore aggiunto del comparto manifatturiero si contrae di oltre il 15 % (-72 milioni di euro) a fronte di una flessione complessiva del valore aggiunto regionale del 3,5 (-78 milioni di euro complessivi), quasi interamente attribuibile alle difficoltà del settore industriale. Con la flessione del 2009, il contributo del settore alla formazione del valore aggiunto regionale scende per la prima volta sotto il 12 per cento (11,6) mentre nel 2004 era prossimo al 14 per cento e negli anni 2007 e 2008 pari al 13,2.
Non nasconde la sua preoccupazione Maurizio Goi, presidente di Cna e titolare di un’autofficina: «In Valle è praticamente assente l’indotto industriale. Circostanza che in parte si è rivelata un fattore di protezione all’inizio della crisi, ma ora, che altre realtà stanno uscendo dalla crisi, noi non abbiamo un traino sufficientemente potente». Goi sottolinea anche come i numeri del settore vadano letti con attenzione. «Dopo due anni di crisi alcune aziende – osserva – impossibilitate dal mantenere i livelli occupazionali pre-crisi, dopo aver fatto alcuni licenziamenti hanno invitato alcuni dipendenti ad aprire partita iva e a lavorare a fattura. Il risultato è che il numero di imprese cala di poco, ma gli addetti diminuiscono in maniera più sensibile. Ma quante di queste aziende supereranno il biennio?».
Per Monica Pirovano, amministratore delegato della Cogne Acciai Speciali, alla guida di Confindustria Valle d’Aosta dal 2009, invece il quadro presenta alcuni segnali confortanti: «Le imprese del manifatturiero, nel periodo 2008-2010, malgrado la crisi internazionale, sono aumentate. E’ un dato confortante, significa che il nostro settore è vitale e ci sono ancora imprenditori che hanno voglia di mettersi in proprio, di assumersi delle responsabilità e dei rischi». Tuttavia l’incertezza è ancora all’ordine del giorno. «La crisi – prosegue Pirovano - ha inciso sull’occupazione. Nonostante il ricorso massiccio, soprattutto nel 2009, agli ammortizzatori, la forza lavoro è diminuita in questi ultimi tre anni. Oggi ci sono timidi segnali di una inversione di tendenza, ma stiamo parlando di numeri molto piccoli. Le imprese rispondono, per lo più, ad ordini imprevisti, facendo efficienza e ricorrendo allo straordinario, poche sono le nuove assunzioni a tempo indeterminato. In questo delicato momento della nostra economia le nostre imprese hanno bisogno di una minore rigidità organizzativa ed una maggiore flessibilità oraria. In Italia solo il 48% delle imprese usa questo strumento, in Europa la percentuale è del 56% con punte del 70». (Pubblicato sul Sole 24 Ore Nord Ovest del 6 luglio 2011)
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