Il
dossier
a
ora proviamo a cogliere gli elementi più importanti di questo dossier che
presentano un’economia sotto pressione ed una società in affanno. Una
trentina di pagine che cerchiamo di riassumere in questo più esiguo
spazio giornalistico. Il post è diviso in due tranche per facilitarne la lettura
Un’economia sotto pressione
Sotto il profilo macroeconomico, la lettura
dell’economia valdostana tra il 2008 ed il 2012 mostra come il periodo si apra
con una situazione critica che tocca il proprio culmine nel 2009, anno in cui
il Pil regionale si contrae in termini reali del -5,8%. I successivi anni ci
restituiscono un trend contrastato: dopo un nuovo saldo positivo nel 2010, nel
2011 si registrano ulteriori e significativi rallentamenti, mentre per il 2012
le attese indicano un nuovo episodio recessivo, al momento stimato in circa
-1,8%. In termini reali il livello della produzione in Valle d’Aosta a fine
2011 è rimasto sostanzialmente invariato (-0,5%) rispetto al valore del 2007,
ultimo anno pre crisi. Nello stesso arco temporale, il Pil italiano si sarebbe
contratto, sempre in termini reali, del -4,5% e quello dell’Italia nord
occidentale del -2,7%. Se poi si guarda alle singole componenti la domanda, tra
il 2008 ed il 2011 l’Istat valuta che i consumi interni delle famiglie si siano
ridotti, in termini reali, del -2%, mentre le previsioni per il 2012 stimano
una contrazione della spesa delle famiglie rispetto al 2011 di circa il -3%.
Parallelamente nel triennio 2008-2010 gli investimenti fissi lordi risultano in
sensibile contrazione (-7,8%) e le previsioni per il biennio 2011-2012 indicano
un ulteriore peggioramento, nell’ordine del -9%. A questi elementi si deve poi
aggiungere che, sulla base dei dati consolidati, la domanda estera tra il 2008
ed il 2012 è andata anch’essa riducendosi (-16,9%), oltre al fatto che il saldo
del 2012 interrompe i dati positivi del biennio 2010-2011 che avevano portato
ad una, seppure modesta, risalita dell’export regionale. Nello stesso periodo
la dinamica dei prezzi, seppur con andamenti non lineari, risulta crescente
fino a quasi tutto il 2011, mentre a partire dalla fine di quell’anno è andata progressivamente
riducendosi. Nel complesso, su base annua, i dati attualmente disponibili
indicherebbero per il 2012 un tasso di inflazione medio annuo del 2,9%, a fronte
di un valore del 3,2% registrato nel 2008.
Nuovi equilibri settoriali
Il settore industriale esca da questa fase
congiunturale ulteriormente ridimensionato, anche perché oggetto delle
principali difficoltà economiche. I dati delineano, infatti, un profilo delle
attività secondarie connotato da saldi fondamentalmente negativi. Nel
quadriennio 2008-2011 il valore aggiunto del settore secondario si sarebbe ridotto,
in termini reali, del -9,7%, mentre il contributo del settore alla formazione
del valore aggiunto regionale si sarebbe contratto di oltre due punti
percentuali, passando dal 23,9%, al 21,5%; la riduzione avrebbe riguardato
principalmente l’industria manifatturiera (-17,2%), ma avrebbe interessato
anche quella delle costruzioni, seppure in misura quantitativamente limitata
(-0,7%). Lo stock di imprese attive del settore si contrae del -3,2% e nello
stesso periodo l’occupazione del settore si riduce di circa il -13%, ma quella
dell’industria in senso stretto registra una contrazione di circa il -17% e quella
delle costruzioni del -8%. Il settore dei servizi registra invece una crescita
del valore aggiunto (in termini reali +4%), un risultato che porta ad accrescere
ulteriormente il contributo del settore terziario alla formazione della
ricchezza regionale, che arriva a fine periodo ad incidere per oltre il 77%. «Si
deve peraltro sottolineare – si legge sempre nel rapporto - che il settore
terziario non è comunque esente dalla crisi, anzi gli effetti negativi della
congiuntura sono evidenti ed interessano, seppure eterogeneamente, i diversi
comparti che lo compongono. Ad esempio il complesso delle attività commerciali
e turistiche registra una contrazione del valore aggiunto in termini reali nel
periodo considerato (in questo caso 2008-2011) del -3,3%, a fronte però di una crescita
del +4,2% delle Attività finanziarie e assicurative, immobiliari,
professionali, scientifiche e tecniche. D’altro canto, anche nel settore
industriale si osservano comparti e aziende che segnano risultati positivi». L’industria
regionale affronta problemi di tipo strutturale: «il permanere di ampie e
diffuse attività incentrate sulle fasi più standardizzate della produzione, una
limitata diffusione dell’innovazione di prodotti e tecnologie, un modesto
potenziamento delle funzioni superiori di impresa (ricerca, marketing, finanza,
ecc.), una parcellizzazione produttiva, oltre che un’ancora debole promozione
di processi di internazionalizzazione, espongono maggiormente il sistema industriale regionale alle
fasi congiunturali più sfavorevoli».
Per Ceccarelli «poiché sono probabilmente venuti meno
alcuni dei fattori propulsivi della crescita dei periodi precedenti, è quanto
mai opportuno ipotizzare un nuovo motore per il sistema economico regionale,
puntando in particolare su di una maggiore apertura delle imprese, sui
possibili legami virtuosi tra industria manifatturiera e terziario, tra tradizione
e innovazione e, più in generale, tra locale e globale. Appare inoltre
strategico far crescere, più che il numero delle imprese, la loro adeguatezza
rispetto al nuovo quadro che si è andato delineando. Infatti, come molti osservatori
sottolineano da tempo, la reale sfida che si deve affrontare oggi è la capacità
di innovare e generare valore, guardando soprattutto agli aspetti qualitativi
della crescita. L’uscita dalla crisi passa necessariamente per l’innovazione,
considerato che la crescita ormai avviene per effetto del ricambio di beni di
investimento e di consumo durevoli già posseduti. E’ l’obsolescenza dei beni,
dovuta appunto all’innovazione tecnologica, il principale motore del ricambio
che ne induce la loro sostituzione per beneficiare di prestazioni migliori o
comunque di beni con una qualità differente da quella di cui già si dispone».
Una nota positiva deriva dal fatto che la dinamica della spesa nella ricerca nel
periodo 2004-2009 ha registrato per la nostra regione un incremento sostenuto
(circa il 15% in termini di tasso medio annuo), tra i più elevati delle regioni
italiane, pur fermandosi su di una percentuale rispetto al Pil ancora modesta.
Inoltre, tra il 2008 ed il 2010, nella nostra regione è aumentata
significativamente, sia l’incidenza di imprese innovatrici (aziende che hanno
introdotto nel complesso delle innovazioni tecnologiche, organizzative e di
marketing), portando la relativa percentuale ad allinearsi al dato medio
nazionale, sia la quota di aziende che hanno effettuato innovazioni di
prodotto-servizio.
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