Stefano Collé |
Intervista a
Stefano Collé socio fondatore dell’azienda Les Bières du Grand Saint-Bernard.
Con Remy Charbonnier avete dato vita alla Chaco. Come
nasce questo vostro sodalizio?
Innanzitutto da un’amicizia precedente e poi dalla passione
per la birra e i sapori.
Come sta evolvendo la vostra azienda?
Noi abbiamo avviato l’attività nel luglio 2010. Sono tre
anni e mezzo in questo momento. L’azienda cresce costantemente con una aumento
annuale della produzione del 30-40%. Dato il periodo possiamo dire che stiamo
crescendo bene. Il marchio si sta diffondendo.
Quante birre producete
attualmente e quali sono i vostri obiettivi per il futuro ?
Produciamo sei tipologie di birre e dovrebbero rimanere
queste anche per i prossimi anni anche perché per un birrificio si tratta di
una offerta sufficientemente variegata. Il nostro dimensionamento ideale è
intorno al doppio della produzione attuale che si aggira intorno agli 800-900
ettolitri. Non possiamo però per ora fare previsioni. E’ un obiettivo che può
essere raggiunto in uno come tre anni.
Ho notato che producete piccoli numeri per tanti tipi di
birra. Solitamente i micro birrifici orientano le loro produzioni su un
catalogo meno ampio. O mi sbaglio…
Non direi. I birrifici in Italia propongono normalmente dai
sei a sette qualità di birra più o meno costanti durante l’anno a seconda anche
del territorio. Si cerca comunque di andare a cercare i gusti delle persone.
Proporre più tipologie creerebbe problemi a livello gestionale.
Avete avuto dei riconoscimenti in merito al vostro
operato?
Ci sono tantissimi concorsi. A livello nazionale c’è quello
di birra dell’anno che raggruppa un po’ tutti i birrifici italiani. A livello
europeo, internazionale possiamo dire che ce ne uno ogni 15 giorni. Noi però
non abbiamo partecipato a nessuna di queste selezioni in quanto siamo più
concentrati sulla Valle d’Aosta.
Come curate la commercializzazione del prodotto?
Vendiamo il 95% della nostra produzione in Valle d’Aosta. Ci
appoggiamo ad una azienda di distribuzione anche perché, secondo noi, c’è
ancora tanto mercato da sviluppare in Valle d’Aosta. Noi in questo momento non
abbiamo neppure l’1% del mercato regionale. Ci sono ancora grandi spazi.
Le birre artigianali sono una nicchia di mercato
destinata a consolidarsi? Non c’è il rischio della moda passeggera?
E’ un mercato in forte crescita. Poi bisogna intendersi. Noi
proponiamo birra artigianale non estrema da consumarsi in ogni occasione. Altre
birre artigianali molto più particolari stanno facendo fatica. Il mercato è
difficile. Se proponi soltanto prodotti di nicchia corri grossi rischi. Noi ad
esempio proponiamo birre sulla base di quelle più diffuse, da bar, da spina o
anche sullo stile dei birrai inglesi. Non sono prodotti di ristorazione tanto
per capirci. Vogliamo evitare di copiare il vino.
Avete anche utilizzato la legge per l’imprenditoria
giovanile. Al di là del sostegno economico di cos’altro ha bisogno un giovane imprenditore
per dare gambe alla sua idea imprenditoriale?
Un giovane imprenditore deve avere prima di tutto idee più
che chiare in quanto il mercato è molto difficile, soprattutto in questi periodi
dove si guarda tutto a partire dal prezzo. Di conseguenza se offri un prodotto un po’ più caro devi
sapere cosa vendi. D’altra parte bisogna anche intercettare la fiducia di chi
compra ed è ciò su cui si fa più fatica anche con un buon prodotto. Bisogna
creare interesse nella popolazione per questo puntiamo sulla Valle in quanto è
più facile creare il rapporto.
Una novità da annunciare a livello imprenditoriale?
La novità più importante è sicuramente quella di cercare di
coltivare orzo in Valle d’Aosta. E’ difficile trovare terreni ma per il 2014
confidiamo di avere già dei terreni coltivati.
Oltretutto proprio nella zona dove sorge il vostro birrificio,
cioè Etroubles, se non ricordo male c’era una tradizione di coltivazione dell’orzo…
Sì era una vallata dove si produceva tanto cereale e anche
per la famosa birreria Zimmerman, azienda particolarmente attiva tra la fine
dell’800 e l’inizio del ‘900. Idealmente proviamo a ricollegarci a quella
tradizione che in Valle si era un po’ persa. Creare poi una filiera corta
permette di legarsi al territorio.
Un sogno imprenditoriale da realizzare?
Direi che il nostro sogno si sta già un po’ realizzando. L’altro
sogno sarebbe poi quello di fare impresa in un paese in crescita. Io sono 12-13
anni che lavoro ed ho sempre sentito parlare di crisi.
0 commenti:
Posta un commento