13 dicembre 2013

Stefano Collé (Bières du Grand Saint Bernard): «Punto alla #birra a chilometro zero»

Stefano Collé
Intervista a Stefano Collé  socio fondatore dell’azienda Les Bières du Grand Saint-Bernard. 

Con Remy Charbonnier avete dato vita alla Chaco. Come nasce questo vostro sodalizio?
Innanzitutto da un’amicizia precedente e poi dalla passione per la birra e i sapori.

Come sta evolvendo la vostra azienda?
Noi abbiamo avviato l’attività nel luglio 2010. Sono tre anni e mezzo in questo momento. L’azienda cresce costantemente con una aumento annuale della produzione del 30-40%. Dato il periodo possiamo dire che stiamo crescendo bene. Il marchio si sta diffondendo.

Quante birre producete attualmente e quali sono i vostri obiettivi per il futuro ?
Produciamo sei tipologie di birre e dovrebbero rimanere queste anche per i prossimi anni anche perché per un birrificio si tratta di una offerta sufficientemente variegata. Il nostro dimensionamento ideale è intorno al doppio della produzione attuale che si aggira intorno agli 800-900 ettolitri. Non possiamo però per ora fare previsioni. E’ un obiettivo che può essere raggiunto in uno come tre anni.

Ho notato che producete piccoli numeri per tanti tipi di birra. Solitamente i micro birrifici orientano le loro produzioni su un catalogo meno ampio. O mi sbaglio…
Non direi. I birrifici in Italia propongono normalmente dai sei a sette qualità di birra più o meno costanti durante l’anno a seconda anche del territorio. Si cerca comunque di andare a cercare i gusti delle persone. Proporre più tipologie creerebbe problemi a livello gestionale.

Avete avuto dei riconoscimenti in merito al vostro operato?
Ci sono tantissimi concorsi. A livello nazionale c’è quello di birra dell’anno che raggruppa un po’ tutti i birrifici italiani. A livello europeo, internazionale possiamo dire che ce ne uno ogni 15 giorni. Noi però non abbiamo partecipato a nessuna di queste selezioni in quanto siamo più concentrati sulla Valle d’Aosta.

Come curate la commercializzazione del prodotto?
Vendiamo il 95% della nostra produzione in Valle d’Aosta. Ci appoggiamo ad una azienda di distribuzione anche perché, secondo noi, c’è ancora tanto mercato da sviluppare in Valle d’Aosta. Noi in questo momento non abbiamo neppure l’1% del mercato regionale. Ci sono ancora grandi spazi.

Le birre artigianali sono una nicchia di mercato destinata a consolidarsi? Non c’è il rischio della moda passeggera?
E’ un mercato in forte crescita. Poi bisogna intendersi. Noi proponiamo birra artigianale non estrema da consumarsi in ogni occasione. Altre birre artigianali molto più particolari stanno facendo fatica. Il mercato è difficile. Se proponi soltanto prodotti di nicchia corri grossi rischi. Noi ad esempio proponiamo birre sulla base di quelle più diffuse, da bar, da spina o anche sullo stile dei birrai inglesi. Non sono prodotti di ristorazione tanto per capirci. Vogliamo evitare di copiare il vino.

Avete anche utilizzato la legge per l’imprenditoria giovanile. Al di là del sostegno economico di cos’altro ha bisogno un giovane imprenditore per dare gambe alla sua idea imprenditoriale?
Un giovane imprenditore deve avere prima di tutto idee più che chiare in quanto il mercato è molto difficile, soprattutto in questi periodi dove si guarda tutto a partire dal prezzo. Di conseguenza  se offri un prodotto un po’ più caro devi sapere cosa vendi. D’altra parte bisogna anche intercettare la fiducia di chi compra ed è ciò su cui si fa più fatica anche con un buon prodotto. Bisogna creare interesse nella popolazione per questo puntiamo sulla Valle in quanto è più facile creare il rapporto.

Una novità da annunciare a livello imprenditoriale?
La novità più importante è sicuramente quella di cercare di coltivare orzo in Valle d’Aosta. E’ difficile trovare terreni ma per il 2014 confidiamo di avere già dei terreni coltivati.

Oltretutto proprio nella zona dove sorge il vostro birrificio, cioè Etroubles, se non ricordo male c’era una tradizione di coltivazione dell’orzo…
Sì era una vallata dove si produceva tanto cereale e anche per la famosa birreria Zimmerman, azienda particolarmente attiva tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Idealmente proviamo a ricollegarci a quella tradizione che in Valle si era un po’ persa. Creare poi una filiera corta permette di legarsi al territorio.

Un sogno imprenditoriale da realizzare?
Direi che il nostro sogno si sta già un po’ realizzando. L’altro sogno sarebbe poi quello di fare impresa in un paese in crescita. Io sono 12-13 anni che lavoro ed ho sempre sentito parlare di crisi.



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