11 giugno 2014

Giornata dell'economia 2014: quadro critico per la Valle d'#Aosta


Oggi presso l'aula magna dell'Università della Valle d'Aosta è stata presentata la tradiizionale Giornata dell'economia, come sempre organizzata dalla Camera di Commercio di Aosta. Sono intervenuti oltre al Rettore dell'Università Fabrizio Casella, in qualità di padrone di casa, l'Assessore alle Attività Produttive Pierluigi Marquis e il Presidente della Camera di Commercio Nicola Rosset (di cui domani proporrò l'intervento integrale) oggi per chi non c'era pubblico la nota redatta dall'Ufficio studi ed informazione economica della Chambre Valdôtaine che sintetizza la presentazione del rapporto 2013, fatta da Maria Angela Buffa, funzionario Ufficio studi ed informazione economica, la fotografia delle imprese familiari in Valle d'Aosta proposta da Claudia Nardon, responsabile dell'Ufficio studi ed informazione economica, e l'intervento della professoressa Annamaria Merlo dell'Università della Valle d'Aosta dal titolo «Impresa & Sociale per un nuovo paradigma economico». 

L'economia nel 2013
Il quadro economico internazionale nel 2013 continua a manifestare elementi di debolezza: la crescita si è mantenuta nel complesso debole, anche se, nei paesi avanzati la dinamica economica ha registrato un progressivo miglioramento nel secondo semestre.
Nell'area euro, dopo sei trimestri di contrazione, nel secondo trimestre del 2013 l'attività economica è ripartita, ma ha mantenuto nella seconda parte dell'anno una dinamica ancora modesta; in media d'anno il prodotto si è registrato in contrazione (da -0,7% del 2012 a -0,5% del 2013). La debole ripresa è stata guidata dalle componenti interne di domanda, investimenti e consumi, mentre la domanda estera netta ha fornito mediamente un contributo nullo. Nella prima metà del 2014 la crescita del Pii dovrebbe consolidarsi grazie al miglioramento dei consumi privati e al contributo positivo delle esportazioni nette (PIL area euro +1,2%).


Permane critica la situazione occupazionale di quasi tutti i paesi europei, in particolare dei paesi dell'Europa meridionale. Il tasso di disoccupazione per l'Europa calcolato sui 28 paesi membri è pari al 10,8% (10,4% nel 2012); nell' area euro il tasso è salito al 12% (era 11,3 % nel 2012).

In Italia, il calo del PIL per il 2013 è stato dell' 1,9% (nel 2012 era stato del 2,4%) ed è stato generato prevalentemente dalla contrazione delle componenti interne della domanda (investimenti e consumi), ridottesi però in maniera meno rilevante rispetto all'anno precedente. Per l'anno in corso è previsto un miglioramento (+0,6%). In tale fase di debolezza della domanda di beni di consumo, l'inflazione è calata in misura sensibile. La produzione industriale nella media del 2013 è scesa ma con meno vigore rispetto al 2012.

Il mercato del lavoro risulta ancora pesantemente caratterizzato dal quadro di difficoltà ereditato dagli effetti della crisi: gli occupati sono in calo e il tasso di disoccupazione aumenta di un punto percentuale e mezzo rispetto all'anno precedente (12,2 % nel 2013, 10,7 % nel 2012). 

L'economia locale sperimenta una nuova dinamica in peggioramento: dopo aver recuperato nel 2010 ed essere rimasto sostanzialmente stabile nel 2011, il PIL reale del 2012 si contrae del 3,5% sull'anno precedente, riportando una variazione negativa più accentuata rispetto al dato nazionale. Nel 2011 i consumi finali e gli investimenti fissi lordi si erano ridotti rispettivamente dello 0,5% e del 4,8%.

Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici pro-capite nel 2012 si è ridimensionato (-3,5%), pur mantenendosi su livelli più elevati rispetto al dato medio italiano che rimane di poco superiore ai 17mila euro. Nei tradizionali territori di confronto, solo il territorio di Bolzano mostra una performance lievemente superiore (poco più di 21.600 rispetto a circa 21.100 per la Valle d'Aosta).

Sul versante occupazionale, si consolidano le criticità già emerse negli ultimi anni: la contrazione degli occupati, l'aumento delle persone in cerca di occupazione, l'aumento del tasso di disoccupazione (8,4% nel 2013), soprattutto giovanile (30,8%). Si riduce il numero di ore autorizzate di CIG.

La consistenza dei depositi bancari in Valle d'Aosta è aumentata, in maniera più sensibile degli impieghi, e le sofferenze sono in crescita: si può dedurre allora una maggiore propensione a strategie conservative, atteggiamento non foriero di positivi effetti sulla ripresa dell'economia.

Il tessuto produttivo si è ulteriormente indebolito: il numero di imprese si è ridotto del 2,5%, prevalentemente a causa del calo della componente agricola che sembra manifestare sempre più compiutamente la mancata strutturazione in senso imprenditoriale che la contraddistingue. Anche il settore delle costruzioni ha subito delle perdite, pur confermandosi il settore economico maggiormente rappresentato (21% del totale imprese).

In relazione alla natura giuridica delle imprese registrate, il lieve incremento delle società di capitale evidenzia come nel nostro territorio non sembrino aver avuto particolare successo le forme semplificate di costituzione di società a responsabilità limitata previste dalla recente normativa.
Le imprese artigiane hanno evidenziato una maggiore tenuta in termini di numero di imprese, calando deIl'1,6%, principalmente per via della riduzione registrate nel settore delle costruzioni.

Ora che l'economia è messa alla prova da una prolungata fase di crisi, appare importante interrogarsi sulle prospettive di componenti finora poco indagate del sistema: questa è la ragione per cui si è cercato di conoscere meglio le imprese familiari, pur fra molte difficoltà operative nell'identificare da un punto di vista statistico le imprese di famiglia distinguendole dalle altre.

La realtà delle imprese familiari
Le imprese familiari, intendendo per tali le imprese sia individuali sia societarie il cui controllo è nelle mani di una famiglia, possono essere infatti stimate più che puntualmente individuate e prevalentemente grazie ai dati sugli occupati familiari all'interno delle imprese.

Questa analisi può riservare delle sorprese in un quadro nel quale si è portati a ragionare in termini di impresa public company; le imprese di famiglia infatti per numero, occupazione e valore aggiunto prodotto sono anche in Valle d'Aosta una voce importante del panorama produttivo. Un modello che non può essere ignorato nelle riflessioni in tema di sviluppo e di ripresa competitiva dei sistemi economici locali.

Le imprese familiari valorizzano infatti quel patrimonio di imprenditorialità diffusa che caratterizza il nostro Paese ed evidenziano fattori di resistenza alla crisi quali la capacità di rinunciare al profitto immediato in una prospettiva di lungo periodo e la tendenza alla conservazione dell'impresa. Non mancano però fattori di debolezza,particolarmente sentiti anche nella nostra realtà quali le piccolissime dimensioni, la scarsa propensione al rischio e l'aspetto critico costituito dal passaggio generazionale, tutti elementi sui quali le imprese avrebbero bisogno di sostegno e di assistenza. 

Imprenditorialità sociale: cresce l'attenzione
L'ambito dell'imprenditorialità sociale sta guadagnando attenzione, negli anni recenti, a livello locale, nazionale e anche internazionale, non soltanto per la sua capacità di tenere testa alla crisi economico­finanziaria, ma anche in quanto componente cruciale all'interno di nuovi modelli socio-economici.

Giusto per avere un ordine di grandezza, in Europa 11 milioni di cittadini - il 4,5% della popolazione - lavorano nell'economia sociale, producendo il 10% del PIL dell'Eurozona; le cooperative in particolare impiegano 5,4 milioni di persone. In Italia si tratta di 77.000 imprese, con 1,2 milioni di occupati.
Il mondo delle camere di commercio italiane ha già dedicato in passato spazi di approfondimento a tale ambito, per esempio attraverso rapporti di analisi sulle imprese cooperative (2006), nonché presentandolo tra le possibili 'tematiche per una lettura integrata dei fenomeni economici' (2013).
Dal canto suo, l'economia solidale e le imprese sociali sono ormai un elemento imprescindibile all'interno delle discipline economico-aziendalistiche, e l'Università dedica loro attenzione e specifiche azioni di formazione e ricerca.

Le imprese sociali, secondo gli ultimi dati disponibili (ISTAT, Unioncamere, e altre fonti), mostrano resilienza alle difficoltà, capacità di difendere l'occupazione, valorizzazione delle competenze nonché della forza lavoro femminile, giovanile e immigrata, legami con il territorio, propensione all'innovazione. Per contro, manifestano difficoltà sui versanti del credito e della patrimonializzazione, delle dimensioni sovente piccole e dunque fragili, delle strutture di governance, delle relazioni strategiche con altri tipi di imprese e istituzioni e con il sistema dei media.

Si tratta certamente di elementi che il mondo delle imprese sociali dovrà affrontare e migliorare, nel prossimo futuro, per poter dispiegare al meglio le proprie potenzialità; in parte, effettivamente, tali elementi sono presenti anche nelle Linee-Guida per il terzo settore e l'economia sociale, recentemente proposte da parte del Governo italiano. Perché, come afferma lo stesso Presidente della Commissione Europea J.M.Barroso, «L'impresa sociale può sicuramente rivelarsi un eccellente programma per il cambiamento». 

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