Oggi presso l'aula magna dell'Università della Valle d'Aosta è stata presentata la tradiizionale Giornata dell'economia, come sempre organizzata dalla Camera di Commercio di Aosta. Sono intervenuti oltre al Rettore dell'Università Fabrizio Casella, in qualità di padrone di casa, l'Assessore alle Attività Produttive Pierluigi Marquis e il Presidente della Camera di Commercio Nicola Rosset (di cui domani proporrò l'intervento integrale) oggi per chi non c'era pubblico la nota redatta dall'Ufficio studi ed informazione economica della Chambre Valdôtaine che sintetizza la presentazione del rapporto 2013, fatta da Maria Angela Buffa, funzionario Ufficio studi ed informazione economica, la fotografia delle imprese familiari in Valle d'Aosta proposta da Claudia Nardon, responsabile dell'Ufficio studi ed informazione economica, e l'intervento della professoressa Annamaria Merlo dell'Università della Valle d'Aosta dal titolo «Impresa & Sociale per un nuovo paradigma economico».
L'economia nel 2013
Il quadro
economico internazionale nel 2013 continua a manifestare elementi di debolezza:
la crescita si è mantenuta nel complesso debole, anche se, nei paesi avanzati la
dinamica economica ha registrato un progressivo miglioramento nel secondo semestre.
Nell'area
euro, dopo sei trimestri di contrazione, nel secondo trimestre del 2013 l'attività
economica è ripartita, ma ha mantenuto nella seconda parte dell'anno una dinamica
ancora modesta; in media d'anno il prodotto si è registrato in contrazione (da -0,7%
del 2012 a -0,5% del 2013). La debole ripresa è stata guidata dalle componenti interne
di domanda, investimenti e consumi, mentre la domanda estera netta ha fornito mediamente
un contributo nullo. Nella prima metà del 2014 la crescita del Pii dovrebbe consolidarsi
grazie al miglioramento dei consumi privati e al contributo positivo delle esportazioni
nette (PIL area euro +1,2%).
Permane
critica la situazione occupazionale di quasi tutti i paesi europei, in particolare
dei paesi dell'Europa meridionale. Il tasso di disoccupazione per l'Europa calcolato
sui 28 paesi membri è pari al 10,8% (10,4% nel 2012); nell' area euro il tasso è
salito al 12% (era 11,3 % nel 2012).
In Italia,
il calo del PIL per il 2013 è stato dell' 1,9% (nel 2012 era stato del 2,4%) ed
è stato generato prevalentemente dalla contrazione delle componenti interne della
domanda (investimenti e consumi), ridottesi però in maniera meno rilevante rispetto
all'anno precedente. Per l'anno in corso è previsto un miglioramento (+0,6%). In
tale fase di debolezza della domanda di beni di consumo, l'inflazione è calata in
misura sensibile. La produzione industriale nella media del 2013 è scesa ma con
meno vigore rispetto al 2012.
Il mercato
del lavoro risulta ancora pesantemente caratterizzato dal quadro di difficoltà ereditato
dagli effetti della crisi: gli occupati sono in calo e il tasso di disoccupazione
aumenta di un punto percentuale e mezzo rispetto all'anno precedente (12,2 % nel
2013, 10,7 % nel 2012).
L'economia
locale sperimenta una nuova dinamica in peggioramento: dopo aver recuperato nel
2010 ed essere rimasto sostanzialmente stabile nel 2011, il PIL reale del 2012 si
contrae del 3,5% sull'anno precedente, riportando una variazione negativa più accentuata
rispetto al dato nazionale. Nel 2011 i consumi finali e gli investimenti fissi lordi
si erano ridotti rispettivamente dello 0,5% e del 4,8%.
Il reddito
disponibile delle famiglie consumatrici pro-capite nel 2012 si è ridimensionato
(-3,5%), pur mantenendosi su livelli più elevati rispetto al dato medio italiano
che rimane di poco superiore ai 17mila euro. Nei tradizionali territori di confronto,
solo il territorio di Bolzano mostra una performance lievemente superiore (poco
più di 21.600 rispetto a circa 21.100 per la Valle d'Aosta).
Sul versante
occupazionale, si consolidano le criticità già emerse negli ultimi anni: la contrazione
degli occupati, l'aumento delle persone in cerca di occupazione, l'aumento del tasso
di disoccupazione (8,4% nel 2013), soprattutto giovanile (30,8%). Si riduce il numero
di ore autorizzate di CIG.
La consistenza
dei depositi bancari in Valle d'Aosta è aumentata, in maniera più sensibile degli
impieghi, e le sofferenze sono in crescita: si può dedurre allora una maggiore propensione
a strategie conservative, atteggiamento non foriero di positivi effetti sulla ripresa
dell'economia.
Il tessuto
produttivo si è ulteriormente indebolito: il numero di imprese si è ridotto del
2,5%, prevalentemente a causa del calo della componente agricola che sembra manifestare
sempre più compiutamente la mancata strutturazione in senso imprenditoriale che
la contraddistingue. Anche il settore
delle costruzioni ha subito delle perdite, pur confermandosi il settore economico
maggiormente rappresentato (21% del totale imprese).
In relazione
alla natura giuridica delle imprese registrate, il lieve incremento delle società
di capitale evidenzia come nel nostro territorio non sembrino aver avuto particolare
successo le forme semplificate di costituzione di società a responsabilità limitata
previste dalla recente normativa.
Le imprese
artigiane hanno evidenziato una maggiore tenuta in termini di numero di imprese,
calando deIl'1,6%, principalmente per via della riduzione registrate nel settore
delle costruzioni.
Ora che
l'economia è messa alla prova da una prolungata fase di crisi, appare importante
interrogarsi sulle prospettive di componenti finora poco indagate del sistema: questa
è la ragione per cui si è cercato di conoscere meglio le imprese familiari, pur
fra molte difficoltà operative nell'identificare da un punto di vista statistico
le imprese di famiglia distinguendole dalle altre.
La realtà delle imprese familiari
Le imprese
familiari, intendendo per tali le imprese sia individuali sia societarie il cui
controllo è nelle mani di una famiglia, possono essere infatti stimate più che puntualmente
individuate e prevalentemente grazie ai dati sugli occupati familiari all'interno
delle imprese.
Questa
analisi può riservare delle sorprese in un quadro nel quale si è portati a ragionare
in termini di impresa public company; le imprese di famiglia infatti per numero,
occupazione e valore aggiunto prodotto sono anche in Valle d'Aosta una voce importante
del panorama produttivo. Un modello che non può essere ignorato nelle riflessioni
in tema di sviluppo e di ripresa competitiva dei sistemi economici locali.
Le imprese
familiari valorizzano infatti quel patrimonio di imprenditorialità diffusa che caratterizza
il nostro Paese ed evidenziano fattori di resistenza alla crisi quali la capacità
di rinunciare al profitto immediato in una prospettiva di lungo periodo e la tendenza
alla conservazione dell'impresa. Non mancano però fattori di debolezza,particolarmente
sentiti anche nella nostra realtà quali le piccolissime dimensioni, la scarsa propensione
al rischio e l'aspetto critico costituito dal passaggio generazionale, tutti elementi
sui quali le imprese avrebbero bisogno di sostegno e di assistenza.
Imprenditorialità sociale: cresce l'attenzione
L'ambito
dell'imprenditorialità sociale sta guadagnando attenzione, negli anni recenti, a
livello locale, nazionale e anche internazionale, non soltanto per la sua capacità
di tenere testa alla crisi economicofinanziaria, ma anche in quanto componente
cruciale all'interno di nuovi modelli socio-economici.
Giusto
per avere un ordine di grandezza, in Europa 11 milioni di cittadini - il 4,5% della
popolazione - lavorano nell'economia sociale, producendo il 10% del PIL dell'Eurozona;
le cooperative in particolare impiegano 5,4 milioni di persone. In Italia si tratta
di 77.000 imprese, con 1,2 milioni di occupati.
Il mondo
delle camere di commercio italiane ha già dedicato in passato spazi di approfondimento
a tale ambito, per esempio attraverso rapporti di analisi sulle imprese cooperative
(2006), nonché presentandolo tra le possibili 'tematiche per una lettura integrata
dei fenomeni economici' (2013).
Dal canto
suo, l'economia solidale e le imprese sociali sono ormai un elemento imprescindibile
all'interno delle discipline economico-aziendalistiche, e l'Università dedica loro
attenzione e specifiche azioni di formazione e ricerca.
Le imprese
sociali, secondo gli ultimi dati disponibili (ISTAT, Unioncamere, e altre fonti),
mostrano resilienza alle difficoltà, capacità di difendere l'occupazione, valorizzazione
delle competenze nonché della forza lavoro femminile, giovanile e immigrata, legami
con il territorio, propensione all'innovazione. Per contro, manifestano difficoltà
sui versanti del credito e della patrimonializzazione, delle dimensioni sovente
piccole e dunque fragili, delle strutture di governance, delle relazioni strategiche
con altri tipi di imprese e istituzioni e con il sistema dei media.
Si tratta
certamente di elementi che il mondo delle imprese sociali dovrà affrontare e migliorare,
nel prossimo futuro, per poter dispiegare al meglio le proprie potenzialità; in
parte, effettivamente, tali elementi sono presenti anche nelle Linee-Guida per il
terzo settore e l'economia sociale, recentemente proposte da parte del Governo italiano.
Perché, come afferma lo stesso Presidente della Commissione Europea J.M.Barroso, «L'impresa sociale può sicuramente rivelarsi un eccellente programma per il cambiamento».
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