Questa settimana proponiamo l’intervista a Carla Chiarle,
Presidente della Cooperativa l’Esprit à l’envers.
Esprit à l’envers? Un
nome singolare…
Il nome l’Esprit à l’envers nasce nel lontano 1994 quando un gruppo di
soci fondatori della Cooperativa cercano di individuare un nome che ci
rappresentasse, nel quale ci potessimo identificare. Molti di noi lavoravano
nella zona dell’Envers in un servizio residenziale e ci piaceva l’idea di
portarci dietro queste origini e, siccome in quel momento, noi ci occupavamo di
servizi rivolti a persone con problemi psichiatrici, di salute mentale,
attraverso un’attività di brainstorming alla fine siamo arrivati a questo nome
che può essere letto come lo spirito collocato nella zona dell’Envers o lo
spirito al contrario.
Di cosa si occupa la
vostra cooperativa?
La cooperativa in questi ultimi anni ha diversificato la sua
attività siamo nati per vocazione sulla salute mentale mentre oggi lavoriamo
con anziani, disabili, giovani, orientamento e avvicinamento al lavoro,
laboratori occupazionali per disabili con filiere di servizi residenziali,
territoriali, domiciliari e progetti vari.
Nel 2017 su quali
progetti vi siete impegnati? .
La nostra cooperativa nel 2017 ha lavorato nell’ambito della
salute mentale progettando e gestendo una comunità alloggio, collocata a Pont
Suaz, e il servizio di educativa territoriale. Rispetto agli anziani ci siamo
occupati della gestione su affidamento del Consorzio Trait d’Union della
microcomunità di Arvier. Ci siamo poi occupati di laboratori occupazionali, il
Labeau, che è pensato sul recupero e riutilizzo di abiti. Segnalo anche un
servizio di assistenza domiciliare privato che stiamo provando a sperimentare.
Inoltre collaboriamo alla gestione della Cittadella dei giovani, in particolare
per quanto riguarda l’area della prevenzione. Abbiamo concluso l’attività con
il Comune di Aosta per il servizio di prossimità in quanto abbiamo perso la
gara, servizio che però ci rivede nel 2018 di nuovo attivi in un altro
progetto. Infine con il Consorzio Trait d’Union abbiamo collaborato alla
gestione e conduzione di progetti rivolti all’orientamento e inserimento
lavorativo.
Come è nata l’idea di Labeu: il bello del riabbigliamento ?
In un momento di difficoltà della Cooperativa per la perdita
di servizi e gare ci siamo impegnati e formati sul settore del recupero e riuso
degli abiti usati. Le persone donano al laboratorio abiti usati che vengono
risistemati e rimessi in vendita in quanto le persone attraverso una piccola
offerta possono portarsi a casa un abito rivisto, risistemato, rietichettato.
Questo impegna ragazze disabili che sono state coinvolte in questa attività
occupazionale. La sede è in Via Xavier de Maistre 19, con una vetrina che dà
sulla strada in quanto è stato pensato proprio come un negozio.
Occuparsi di un tema
come quello della salute mentale immagino richieda una grande investimento in
formazione…
Si. Noi negli anni abbiamo sempre continuato ad investire
nella formazione personale, anche quando eravamo in difficoltà. Perché le cooperative
sociali se hanno un capitale è quello umano e questo va curato, occorre una
buona manutenzione, accompagnamento, sostegno e formazione. Necessita anche di
una supervisione. Nell’ambito poi della salute mentale c’è una stretta
collaborazione con il Dipartimento di Salute mentale, che ci ha visti coinvolti
con figure educative, personale socio-sanitario e psicologi, e che ha visto in
questi anni il dipartimento e noi in quanto gestori impegnati in un processo di
riorganizzazione dei servizi. E quindi ha visto sedersi allo stesso tavolo,
gestori, dipartimento e Assessorato alla Sanità in un processo che è durato un
anno e che alla fine, con meno risorse, si è arrivati ad una diversificazione
di servizi e un’offerta più ampia di risposte alle famiglie e alle persone. A
volte la mancanza di risorse aguzza l’ingegno.
Come è il rapporto
con la pubblica amministrazione?
E’ in evoluzione però a volte i momenti di criticità
sollecitano tutti quanti a recuperare capacità creative e risorse inaspettate.
Non è detto che i tagli per forza significhino chiusure o riduzioni, a volte c’è
anche un ottimizzazione e trovi soluzioni anche con altri attori, dalle
associazioni alle imprese.
Cosa possiamo
segnalare per il 2018?
Pensando ai cambiamenti in corso mi piacerebbe segnalare che
la Cooperativa insieme alle Cooperative Anziani per l’autogestione, La Sorgente
e Leone Rosso ha partecipato ad un bando di coprogettazione del Comune di Aosta.
Una vera novità in quanto il Comune lo utilizzava per la prima volta. Le quattro
cooperative hanno così affrontato il bando in una maniera diversa. Se altre
volte eravamo concorrenti in questa occasione ci siamo seduti intorno ad un
tavolo e abbiamo affrontato questa sfida insieme. La coprogettazione è uno strumento
fondamentale per promuovere e integrare la massima collaborazione fra i diversi
soggetti del sistema al fine di rispondere al meglio e adeguatamente ai bisogni
della persona e della comunità. Il Comune si è così dotato di questo strumento,
è stato avviato un processo che si è concluso con l’aggiudicazione e adesso stiamo
iniziando a lavorare. Questo ha riguardato i servizi rivolti agli anziani
autosufficienti prevedendo altri servizi innovativi e la coprogettazione
consente di continuare a sedersi intorno ad un tavolo e a ridiscutere i
contenuti, a rivedere e a ripensare. Ed è un processo davvero interessante.
Un sogno da imprenditore sociale da realizzare?
In questo momento a me piacerebbe riuscire a stabilizzare un
po’ il lavoro delle persone perché adesso c’è molta più precarietà rispetto al
passato e vorrei anche innovare quanto già stiamo facendo.
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