22 febbraio 2018

Carla Chiarle (#LespritàlEnvers): «La scommessa della co-progettazione»

Questa settimana proponiamo l’intervista a Carla Chiarle, Presidente della Cooperativa l’Esprit à l’envers.

Esprit à l’envers? Un nome singolare…
Il nome l’Esprit à l’envers  nasce nel lontano 1994 quando un gruppo di soci fondatori della Cooperativa cercano di individuare un nome che ci rappresentasse, nel quale ci potessimo identificare. Molti di noi lavoravano nella zona dell’Envers in un servizio residenziale e ci piaceva l’idea di portarci dietro queste origini e, siccome in quel momento, noi ci occupavamo di servizi rivolti a persone con problemi psichiatrici, di salute mentale, attraverso un’attività di brainstorming alla fine siamo arrivati a questo nome che può essere letto come lo spirito collocato nella zona dell’Envers o lo spirito al contrario.

Di cosa si occupa la vostra cooperativa?
La cooperativa in questi ultimi anni ha diversificato la sua attività siamo nati per vocazione sulla salute mentale mentre oggi lavoriamo con anziani, disabili, giovani, orientamento e avvicinamento al lavoro, laboratori occupazionali per disabili con filiere di servizi residenziali, territoriali, domiciliari e progetti vari.

Nel 2017 su quali progetti vi siete impegnati? .
La nostra cooperativa nel 2017 ha lavorato nell’ambito della salute mentale progettando e gestendo una comunità alloggio, collocata a Pont Suaz, e il servizio di educativa territoriale. Rispetto agli anziani ci siamo occupati della gestione su affidamento del Consorzio Trait d’Union della microcomunità di Arvier. Ci siamo poi occupati di laboratori occupazionali, il Labeau, che è pensato sul recupero e riutilizzo di abiti. Segnalo anche un servizio di assistenza domiciliare privato che stiamo provando a sperimentare. Inoltre collaboriamo alla gestione della Cittadella dei giovani, in particolare per quanto riguarda l’area della prevenzione. Abbiamo concluso l’attività con il Comune di Aosta per il servizio di prossimità in quanto abbiamo perso la gara, servizio che però ci rivede nel 2018 di nuovo attivi in un altro progetto. Infine con il Consorzio Trait d’Union abbiamo collaborato alla gestione e conduzione di progetti rivolti all’orientamento e inserimento lavorativo.

Come è nata l’idea di Labeu: il bello del riabbigliamento ?
In un momento di difficoltà della Cooperativa per la perdita di servizi e gare ci siamo impegnati e formati sul settore del recupero e riuso degli abiti usati. Le persone donano al laboratorio abiti usati che vengono risistemati e rimessi in vendita in quanto le persone attraverso una piccola offerta possono portarsi a casa un abito rivisto, risistemato, rietichettato. Questo impegna ragazze disabili che sono state coinvolte in questa attività occupazionale. La sede è in Via Xavier de Maistre 19, con una vetrina che dà sulla strada in quanto è stato pensato proprio come un negozio.

Occuparsi di un tema come quello della salute mentale immagino richieda una grande investimento in formazione…
Si. Noi negli anni abbiamo sempre continuato ad investire nella formazione personale, anche quando eravamo in difficoltà. Perché le cooperative sociali se hanno un capitale è quello umano e questo va curato, occorre una buona manutenzione, accompagnamento, sostegno e formazione. Necessita anche di una supervisione. Nell’ambito poi della salute mentale c’è una stretta collaborazione con il Dipartimento di Salute mentale, che ci ha visti coinvolti con figure educative, personale socio-sanitario e psicologi, e che ha visto in questi anni il dipartimento e noi in quanto gestori impegnati in un processo di riorganizzazione dei servizi. E quindi ha visto sedersi allo stesso tavolo, gestori, dipartimento e Assessorato alla Sanità in un processo che è durato un anno e che alla fine, con meno risorse, si è arrivati ad una diversificazione di servizi e un’offerta più ampia di risposte alle famiglie e alle persone. A volte la mancanza di risorse aguzza l’ingegno.

Come è il rapporto con la pubblica amministrazione?
E’ in evoluzione però a volte i momenti di criticità sollecitano tutti quanti a recuperare capacità creative e risorse inaspettate. Non è detto che i tagli per forza significhino chiusure o riduzioni, a volte c’è anche un ottimizzazione e trovi soluzioni anche con altri attori, dalle associazioni alle imprese.

Cosa possiamo segnalare per il 2018?
Pensando ai cambiamenti in corso mi piacerebbe segnalare che la Cooperativa insieme alle Cooperative Anziani per l’autogestione, La Sorgente e Leone Rosso ha partecipato ad un bando di coprogettazione del Comune di Aosta. Una vera novità in quanto il Comune lo utilizzava per la prima volta. Le quattro cooperative hanno così affrontato il bando in una maniera diversa. Se altre volte eravamo concorrenti in questa occasione ci siamo seduti intorno ad un tavolo e abbiamo affrontato questa sfida insieme. La coprogettazione è uno strumento fondamentale per promuovere e integrare la massima collaborazione fra i diversi soggetti del sistema al fine di rispondere al meglio e adeguatamente ai bisogni della persona e della comunità. Il Comune si è così dotato di questo strumento, è stato avviato un processo che si è concluso con l’aggiudicazione e adesso stiamo iniziando a lavorare. Questo ha riguardato i servizi rivolti agli anziani autosufficienti prevedendo altri servizi innovativi e la coprogettazione consente di continuare a sedersi intorno ad un tavolo e a ridiscutere i contenuti, a rivedere e a ripensare. Ed è un processo davvero interessante.

Un sogno da imprenditore sociale da realizzare?
In questo momento a me piacerebbe riuscire a stabilizzare un po’ il lavoro delle persone perché adesso c’è molta più precarietà rispetto al passato e vorrei anche innovare quanto già stiamo facendo.

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