5 novembre 2008

Sen. Antonio Fosson: dopo il federalismo fiscale serve quello istituzionale (1)

Dopo l’onorevole Roberto Nicco tocca ora al senatore Antonio Fosson riferirci del suo impegno romano. Oggi pubblico la prima parte domani la seconda.

Che cosa pensa dell’approccio al federalismo del governo?
E’ sicuramente l’argomento più importante di tutto l’autunno. In questi giorni è scoppiata la contestazione nel mondo della scuola altrimenti nell’agenda dei lavori parlamentari il federalismo sarebbe sicuramente il dossier più importante. Fra l’altro è incardinato al Senato quindi ne discuteremo prima noi. Per una regione, poi, come la Valle d’Aosta, dove da sessant’anni si parla di federalismo, di autonomie mi verrebbe anche da aggiungere meno male che si affronta questo tema. Meno male che finalmente si vuole abbandonare lo statalismo del passato. Vuol dire che la nostra strada di rispetto del particolare è significativa e che lo Stato la riconosce come percorribile.

Ma perché è importante?
Perché alla base del federalismo c’è sempre la difesa della persona nella sua particolarità. Non esiste un sistema che rispetti maggiormente la persona di questo che va a governare nel piccolo, ispirandosi al principio di sussidiarietà. Una dimensione federale che però deve comunque preservare quella nazionale. Secondo me è una grande occasione per riformare l’amministrazione. Anche noi la vediamo in maniera positiva in quanto ci troviamo di fronte ad un sistema italiano che non riusciamo più a gestire. I cardini sono due: il primo è quello della spesa reale. Ne abbiamo parlato a lungo con il ministro Calderoli e siamo convinti, sono convinto, che si tratti della scelta che garantisca la maggior equità, che è il secondo cardine. Una appendicectomia deve costare 5000 lire a Palermo come a Milano. I bilanci analizzati sotto il punto di vista della spesa storica come è stato fatto ultimamente non sono equi perché, soltanto per fare uno dei tanti esempi possibili, risentono di regole amministrative non corrette. Io perciò dico che la spesa reale è il cardine da cui partire. Fra l’altro questo criterio ci dà la possibilità di far finalmente pesare quei costi sanitari aggiuntivi, pari a circa il 25%, di cui da tempo parliamo, derivanti dalla particolare conformazione geografica del territorio regionale. E così giustificare il fatto che non abbiamo dei privilegi, ma delle spese in più.

Con il cardine dell’equità a cosa fa riferimento?
Chiaramente al fondo di perequazione. La Giunta regionale ha già annunciato da tempo la propria intenzione di aderire al fondo in quanto deve essere data a tutti la possibilità che la già citata appendicectomia possa essere operabile dovunque su tutto il territorio nazionale alle stesse condizioni. Vorrei però aggiungere che il federalismo fiscale è soltanto un primo passo di quello che poi deve essere un federalismo istituzionale. Diversamente c’è il rischio che ad uno statalismo imperante si sostituisca un regionalismo imperante. Il federalismo istituzionale
dà più possibilità di intervento agli enti locali, alle comunità montane se ci saranno ancora, alle associazioni di comuni. Serve una mentalità che dica sì è giusto che la persona si determini attraverso una sussidiarietà trasversale, attraverso una partecipazione delle decisioni. Aggiungo però che la Regione Valle d’Aosta non nasconde alcuni timori. Per la nostra specificità noi avevamo già una condizione di autonomia, giustificata dalle spese. Non si tratta di privilegi.
Con quello che riceviamo in più paghiamo la sanità mettendo un terzo in più di quello che farebbe lo Stato. Se ci dicessero di tagliare di un terzo le spese sanitarie tante cose che si fanno adesso non si potrebbero fare più. E così nella scuola, ad esempio nelle scuole di montagna, che pur in presenza di un decreto Gelmini possono continuare la loro attività.

Che cosa pensano, gli altri parlamentari, della Valle d’Aosta?
Alcuni parlamentari vedono la Valle d’Aosta come una regione privilegiata. Poi se conoscono un po’ di più la realtà della nostra regione l’opinione cambia. In particolare capiscono che noi abbiamo delle spese di cui loro non si rendono conto. Ad esempio abbiamo delle tac particolarmente sofisticate per 120mila abitanti. (Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 30 ottobre 2008)

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Adesso comincia l'operazione di giustificazione delle maggiori spese (sanità, scuola, ecc.) che giustificherebbero i "privilegi", al fine di dimostrare che non sono affatto dei privilegi. A dire il vero è da un bel po' di tempo che sentiamo questi discorsi.
Adesso, al di là dei discorsi, vorremmo dei numeri ben precisi (non li abbiamo mai avuti!), che giustifichino i 13.300 euro/abitante a confronto dei 3000 di altre regioni. E di sprechi non parliamo mai?
Intanto Rosset vieta l' apertura pubblica della commissione che discuterà il bilancio (si discute di come spendere i nostri soldi sì o no?), con la banale scusa che c'è già l'asettico e asfittico consiglio regionale. Per quali argomenti apriranno i lavori delle commissioni? solo per le discussioni sullo statuto, cioè sui massimi (o minimi) sistemi che interessano solo a pochi addetti ai lavori? Ridicole le motivazioni di Rosset (a volte si divaga, si parla di problemi privati, ecc.). Trattenetevi, per una volta! Ma forse gli exsindaci sono abituati a trattare la gente così.

 

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