Completo il testo dell'intervista all'Assessore Ennio Pastoret. La prima parte è stata pubblicata ieri.
Lei si è detto preoccupato per l’occupazione. Il prossimo autunno potrebbe diventare particolarmente critico…
Non posso non pensare che certe turbolenze non toccheranno la nostra regione. So che ci sono alcune aziende che sono state sagge e hanno diversificato le loro forniture. Certo è che un impatto forte dal punto di vista economico su aziende importanti come Fiat in qualche modo qualche ricaduta la provocherà. Ho apprezzato il cauto ottimismo di Marchionne, in parte dovuto alla consapevolezza della dirigenza Fiat di avere un’organizzazione industriale più robusta rispetto al passato, in parte anche al tentativo di difendere il titolo che sottoposto a turbolenze borsistiche ne uscirebbe troppo deprezzato ed è una circostanza che loro non si possono permettere nei confronti degli azionisti. Credo e spero che una combinazione di queste due situazioni possa rendere l’autunno meno critico.
C’è già qualche azione in vista a partire dall’Ambrosetti?
No. Per ora riprendiamo in mano il dossier.
Spostiamo l’attenzione sull’artigianato, anzi sull’artigianato tipico. Lei ha parlato di applicazione di buon senso delle nuove regole per la tutela dell’artigianato tipico valdostano. Cioè?
Non c’è molto da spiegare di più. Non c’è niente di immutabile a questo mondo. Oggi c’è un quadro regolamentale sul quale tenere aperti i canali della riflessione e del confronto. Dobbiamo difendere l’artigianato tradizionale senza penalizzare troppo questo tipo di attività. Però dobbiamo stare attenti che non appena perdiamo il contenuto del brand che l’artigianato tradizionale porta con sé ci apriamo alla possibilità di avere Taiwan che produce oggetti di artigianato tradizionale. E così il non avere previsto delle regole per quanto condivise con dei limiti precisi ci metterebbe in una condizione di cui pagherebbero le conseguenze gli stessi artigiani.
Beni contingentati: legge per il settore dei liquori e buoni benzina. Ci può fare il punto della situazione.
Sul settore liquori ci confronteremo con le ragioni di insoddisfazione del settore e valuteremo. Per i buoni benzina invece la situazione è nota e nulla è cambiato. Dobbiamo porci noi nella condizione di sapere come ci muoveremo e cosa vorremo fare. Di idee ce ne sono molte si tratta di scegliere quella giusta. Confesso che a fianco delle idee ci sono anche molte leggende metropolitane. E’ un po’ come la composizione delle squadre di calcio tutti hanno una teoria in proposito. Evidentemente dobbiamo garantire delle ricadute che coinvolgano la maggior parte della popolazione che siano compensative se si dovrà porre fine all’esperienza dei buoni benzina.
Quella dei buoni energetici è una strada percorribile?
E’ fra quelle prese in considerazione ma al momento non ho elementi tecnici sufficienti per dire se è fattibile.
Le aziende faticano a trovare manodopera specializzata e un po’ si lamentano che il mondo della scuola è poco permeabile alle loro esigenze. Cosa si può fare?
L’organizzazione del sistema scolastico occidentale è da tempo in crisi, soprattutto in Italia. La scuola è stata ed è un soggetto autoreferenziale che si rigenera per conto suo. Ad esempio la proliferazione delle facoltà universitarie negli ultimi dieci anni è stata spaventosa. E tutto questo è andato avanti senza nessun controllo. Ad un certo punto il ministero è intervenuto dicendo che bisognava avere un certo numero di docenti e così in Valle ci siamo trovati in questo tipo di contraddizione perché avendo il Corso di Scienza della Formazione abbiamo dovuto immettere in ruolo tutto un certo numero di professori. In Italia queste situazioni sono state sempre regolate dopo che tutti i fatti erano accaduti senza mai mettere mano prima ad un progetto serio di riforma che ponesse dei vincoli. L’autonomia scolastica, grande invenzione della riforma Berlinguer, ha reso il governo della scuola autoreferenziale rendendolo ancora più sfuggente rispetto alle esigenze della società, della comunità. Noi siamo preda di un sistema così congegnato che non possiamo modificare neanche noi perché fa parte di un quadro generale più ampio. Del resto tutte le discussioni sul titolo terzo della Costituzione era che la centralità del governo della scuola doveva rimanere saldamente nelle mani dello Stato e non avere delle scuole differenziate sul territorio per delle ragioni anche in parte condivisibili. Però quell’elefantiasi fa in modo che la scuola non risponda alle esigenze della comunità o vi risponde nella misura in cui in micro-situazioni ci siano organizzazioni di istituto più attente che mettano insieme relazioni, capacità di confronto. Noi possiamo favorire l’incontro ma questo va fatto da scuola e imprese.
Il mondo delle imprese nel passato ha avvertito da parte della pubblica amministrazione un atteggiamento di sospetto. Anche l’eccesso burocratico è stato avvertito come una sfiducia nei confronti del settore. Cosa vi sentite di dire oggi alle imprese…
Ma questo è stato uno degli elementi programmatici che il Presidente della Regione ha enunciato pubblicamente e trova tutti concordi. Negli incontri che faremo verificheremo i tempi di risposta che ci siamo dati codificandoli in delibere e leggi applicative e poi detto questo faremo un’analisi dei tempi effettivi se sono rispondenti o meno e definiremo un quadro che ci possa consentire di avere un quadro chiaro e eventualmente porre dei correttivi laddove si registrassero delle anomalie. Dove, probabilmente, si dovrà sicuramente intervenire sarà sulla mole di documentazione che deve essere presentata, caratterizzata da molti doppioni.
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