5 dicembre 2007

Lettera dal mondo dell’impresa 1 – Jacquin e il settore delle costruzioni: «non siamo più capaci di pensare in grande»

Federico Jacquin in quanto presidente della sezione edile di Confindustria Valle d’Aosta ci invia un suo commento sull’andamento del mercato. L’idea è che questo appuntamento diventi un’occasione mensile di confronto sul settore. Una possibilità che sto offrendo anche ad altre associazioni di categoria. Ogni associazione potrà scrivermi una sorta di lettera dal mondo dell’impresa in cui fa il punto sul suo comparto indipendentemente dalla presenza di notizie catastrofiche o particolarmente mirabolanti. Oggi ci occupiamo di costruzioni.

Ormai è un dato di fatto. Siamo portati per natura a pensare al 70% in negativo. Non siamo più capaci di pensare in grande per due motivi, diametralmente opposti. Da un lato esiste un problema di stipendi. Gli attuali stipendi in Italia non garantiscono una vita dignitosa. Sempre meno famiglie possono permettersi di comprare una casa. Un bene da ritenersi ormai primario. In questo senso sono d’accordo con chi parla di salario minimo garantito, anche se questo non può pesare totalmente sulle aziende. La verità è che bisogna entusiasmare di nuovo questo paese dove troppe categorie economiche in questo momento giocano al risparmio, stanno in difesa. Contemporaneamente però tutto il catastrofismo che ci circonda induce molte persone che hanno mezzi economici significativi, dovuti principalmente a rendite di tipo immobiliare, a vivere pensando in piccolo, tenendo tutto per sé, scegliendo impieghi comodi che garantiscono un buon stipendio a fronte di tanto tempo libero. Molte di queste persone hanno rilevanti disponibilità economiche, sia in termini di liquidità che dal punto di vista immobiliare, ma non li mettono in circolo. Timori accresciuti dalla paura legata ai mutui subprime che ha colpito anche l’Italia il cui peso sul mercato dei mutui europeo però è di appena il 5%. (Quindi ci troviamo di fronte ad un allarmismo fasullo. In Italia l’unica accortezza necessaria sarebbe quella di allungare i tempi di restituzione delle rate e renderle meno pesanti sul bilancio famigliare. Il risultato è che in Valle d’Aosta da tempo ci sono tantissimi capitali bloccati che non vengono più messi a disposizione dello sviluppo. Si difende quello che si ha. Tantissime persone vivono al di fuori dell’impresa e finiscono perfino per guardarla con sospetto. E’ svanita la rete di solidarietà che un tempo caratterizzava la parrocchia o la sezione del partito e così svaniscono i punti di riferimento. Ognuno pensa soltanto a se stesso. Al proprio tornaconto. Anche la politica non guida lo sviluppo. Nessuno vuole abbracciare un grande progetto. Ad esempio garantire la casa a tutti gli immigrati. Darsi un grande obiettivo e trovare gli strumenti per raggiungerlo. Nessuno prova a sognare il futuro, ad avere una propria personalissima visione di cioè che sarà la Valle d’Aosta fra dieci anni. E’ un vero peccato. Ecco perché anche per me come imprenditore del comparto delle costruzioni è sempre più difficile lavorare in Valle d’Aosta.
Federico Jacquin
Presidente Sezione edile Confindustria Valle d'Aosta

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