Secondo elaborazioni su dati Ismea - Ac Nielsen, nel primo trimestre 2008, l'aumento dei prezzi ha favorito il calo dei consumi a tavola con riduzioni record per il pane (- 5,5 per cento), per la pasta (- 2,5 per cento) e in generale una grave stagnazione delle quantità di prodotti alimentari acquistate dalle famiglie (- 0,4 per cento). E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti, in occasione della diffusione dei dati Istat sull'inflazione a giugno, nel sottolineare tuttavia che la difficile congiuntura economica sta cambiando la priorità delle spese dei cittadini che, secondo una indagine Axis, se potessero disporre di 100 euro, nel 20 per cento dei casi li destinerebbero al cibo, nel 17 per cento all'acquisto di vestiti, al 14,5 per cento per cene, al 13,5 per libri, dischi e riviste. Sull’incremento dei prezzi le quotazioni del grano sono le stesse di inizio anno e non possono aver influito su ulteriori aumenti del prezzo del pane. Secondo il servizio Servizio Sms Consumatori dell'Ismea il pane ha raggiunto il valore medio nazionale di 2,85 euro al chilo il grano si attesta su 0,24 euro al chilo, appena l'otto per cento. Gli aumenti sono invece da ricercare, oltre che nelle diseconomie della filiera, soprattutto nel crollo dei mercati finanziari dovuto al record del costo del petrolio (che sembra in aumento senza fine) e che ha spinto al massimo storico i costi dei trasporti e dell’energia. Trasporti ed energia che sono tra i principali indicatori anche dei costi di produzione delle materie prime agricole. Di conseguenza sono volati verso l’alto anche le quotazioni della soia che rappresenta una importante fonte per l'alimentazione degli animali negli allevamenti e fanno dunque schizzare alle stelle i costi di produzione di carne e latte nelle stalle. Come se non bastasse i costi di produzione agricoli paiono destinati a salire ulteriormente per effetto dell'aumento del mais utilizzato per l'alimentazione animale dopo che l'Usda, il dipartimento governativo statunitense dell'Agricoltura, ha annunciato una riduzione del 9 per cento nei terreni coltivati a granoturco negli Usa anche per effetto dell'alluvione del Mid west.. Dagli Stati Uniti partono il 60 per cento del mais, un terzo della soia e un quarto del frumento commercializzati a livello mondiale e gli andamenti delle produzioni sono destinati ad influenzare le quotazioni a livello internazionale dove ad incidere è anche il bilancio del terremoto in Cina con la perdita in agricoltura di 6 miliardi di dollari: 350.000 tonnellate di grano, serre distrutte, campi da riso danneggiati fino al 70 per cento e oltre 3 milioni di maiali uccisi. La maggiore vulnerabilità delle coltivazioni ai cambiamenti climatici, l'aumento del benessere in economie emergenti come la Cina e l'India e la crescita della popolazione si traduce in una maggiore richiesta di sicurezza alimentare dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Una situazione che richiede un cambiamento delle gerarchie all'interno dell'economia e un ruolo più centrale da svolgere per l'agricoltura che ha bisogno di politiche forti per garantire la disponibilità di cibo ad una crescente popolazione mondiale. Occorre investire nella produzione agricola per dare stabilità ai mercati e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti nelle diverse realtà del pianeta, dove le politiche di mercato devono valorizzare prima di tutto le produzioni locali per essere meno dipendenti dalle esportazioni; la sensazione è che, o accurate scelte di consumo locale e stagionale diventino una abitudine immediata, sia alimentare che di spesa, o il nostro portafoglio provvederà , da solo, tra poco tempo.
Il crinale fra protesta e democrazia
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