Il mio fondo sul Corriere della Valle di questa settimana.
Tutti dicono che se San Paolo fosse vissuto oggi sarebbe stato un giornalista e avrebbe trasformato le sue lettere in articoli di giornale. Io credo che sicuramente sarebbe stato un frequentatore della rete delle reti, da un lato come creatore di contenuti dall’altro come fruitore di quelli che oggi vengono chiamati social network, fenomeni come facebook di cui sicuramente avete letto in questi giorni o, per lo meno, avete seguito qualche servizio in tv.
San Paolo avrebbe puntato ad intessere relazioni puntando sulla credibilità delle sue parole e delle sue azioni, senza scoraggiarsi se magari il seme faticava a germogliare. E tutto questo non per il gusto della modernità. Il mistero che Paolo ha comunicato nel suo ministero e che noi tutti siamo chiamati a diffondere non ha bisogno di restyling, ma deve innervare di sé la società, scegliendo, di volta in volta i canali che gli uomini del tempo prediligono.
Di qui non deve stupire l’apertura improvvisa del Papa alle nuove tecnologie digitali e il suo appello accorato ai giovani affinché si facciano «missionari sulle strade tracciate oggi dalle tecnologie digitali, dove la domanda di senso e di verità rischia di essere soffocata dall'apparenza e dall'effimero». Anche se devo dire che la parte che ho maggiormente apprezzato del messaggio del Santo Padre per la giornata delle Comunicazioni sociali è stata quella dedicata al concetto di amicizia. «Il concetto di amicizia - scrive il Papa - ha goduto di un rinnovato rilancio nel vocabolario delle reti sociali digitali emerse negli ultimi anni. Tale concetto è una delle più nobili conquiste della cultura umana. Nelle nostre amicizie e attraverso di esse cresciamo e ci sviluppiamo come esseri umani. Proprio per questo la vera amicizia è stata da sempre ritenuta una delle ricchezze più grandi di cui l'essere umano possa disporre. Per questo motivo occorre essere attenti a non banalizzare il concetto e l'esperienza dell'amicizia».
Tutti dicono che se San Paolo fosse vissuto oggi sarebbe stato un giornalista e avrebbe trasformato le sue lettere in articoli di giornale. Io credo che sicuramente sarebbe stato un frequentatore della rete delle reti, da un lato come creatore di contenuti dall’altro come fruitore di quelli che oggi vengono chiamati social network, fenomeni come facebook di cui sicuramente avete letto in questi giorni o, per lo meno, avete seguito qualche servizio in tv.
San Paolo avrebbe puntato ad intessere relazioni puntando sulla credibilità delle sue parole e delle sue azioni, senza scoraggiarsi se magari il seme faticava a germogliare. E tutto questo non per il gusto della modernità. Il mistero che Paolo ha comunicato nel suo ministero e che noi tutti siamo chiamati a diffondere non ha bisogno di restyling, ma deve innervare di sé la società, scegliendo, di volta in volta i canali che gli uomini del tempo prediligono.
Di qui non deve stupire l’apertura improvvisa del Papa alle nuove tecnologie digitali e il suo appello accorato ai giovani affinché si facciano «missionari sulle strade tracciate oggi dalle tecnologie digitali, dove la domanda di senso e di verità rischia di essere soffocata dall'apparenza e dall'effimero». Anche se devo dire che la parte che ho maggiormente apprezzato del messaggio del Santo Padre per la giornata delle Comunicazioni sociali è stata quella dedicata al concetto di amicizia. «Il concetto di amicizia - scrive il Papa - ha goduto di un rinnovato rilancio nel vocabolario delle reti sociali digitali emerse negli ultimi anni. Tale concetto è una delle più nobili conquiste della cultura umana. Nelle nostre amicizie e attraverso di esse cresciamo e ci sviluppiamo come esseri umani. Proprio per questo la vera amicizia è stata da sempre ritenuta una delle ricchezze più grandi di cui l'essere umano possa disporre. Per questo motivo occorre essere attenti a non banalizzare il concetto e l'esperienza dell'amicizia».
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