Seconda parte dell'intervista all'assessore comunale Giuliana Ferrero. La prima la trovate qui e le altre qui.
L’altra novità?
Abbiamo eliminato il reddito come elemento decisivo per definire il posizionamento all’interno della graduatoria. Il reddito rimane per definire la tariffa. Per definire la graduatoria si terrà conto di altri indicatori. Questo per aiutare la famiglia che lavora, in particolare dove entrambi
i genitori lavorano. Il nostro intendimento oggi è di avvantaggiare il più possibile la famiglia media. Dove soprattutto la mamma lavora e ha un’urgenza di trovare una sistemazione
perché spesso sono proprio le donne che hanno contratti cococo o a tempo determinato e la
differenza di un mese può anche determinare il mantenimento di un posto di lavoro oppure no.
In materia di servizi sociali legati alla terza età c’è qualche segnalazione che si può fare?
E’ più un lavoro fatto dietro le quinte, che si vedrà in futuro. Il primo elemento è una riflessione
generalizzata che stiamo facendo come assessorato sui servizi che oggi offriamo. In particolare sui servizi domiciliari. I bisogni stanno cambiando volto. Mentre un tempo il servizio domiciliare era rivolto ad anziani che avevano bisogni di un certo tipo, oggi ci troviamo a dover gestire
invece a domicilio dei casi molto complessi, anche dal punto di vista sanitario. Tutto questo ci
deve interrogare. Va messo insieme al sistema delle micro comunità, alle badanti. Siamo in una fase di passaggio e come pubblica amministrazione abbiamo il compito di saper leggere
i cambiamenti e in qualche modo adattare i nostri servizi. Per ora grossi cambiamenti visibili non ci sono. C’è però un ripensamento in atto.
So che sulle badanti state facendo una ricerca…
Nell’ottica di recuperare informazioni più dirette stiamo conducendo questa ricerca che dovrebbe concludersi a fine anno sulle donne straniere che fanno il lavoro di cura. Le cosiddette badanti. Ci interessava capire chi sono queste donne, il loro percorso di immigrazione, che cosa portano in termini di bisogni – perché sono anche delle donne, delle madri che hanno lasciato nei loro paesi dei figli, dei mariti – e anche comprendere come le famiglie aostane hanno vissuto la presenza di una persona estranea e per di più straniera. Con questa ricerca vorremmo anche poter misurare quanto è cambiata la visione di queste famiglie rispetto al fenomeno dell’immigrazione. Secondo me le donne, infatti, sono portatrici inconsapevoli di una cultura dell’integrazione. Chiaramente
il compito che noi abbiamo come amministrazione è anche che la convivenza va governata. Bisogna avere rispetto delle paure. Le paure sono legittime. Viviamo in un’epoca di grandissimi
cambiamenti. E’ comprensibile l’aver paura. Però il compito di chi governa è proprio quello di governare la convivenza. Capendo fino in fondo i bisogni anche delle persone aostane, trovando un punto di incontro. Bisogna stare attenti ad un certo buonismo facile che poi non ti risolve
i problemi, dentro ovviamente una cornice di diritti e di doveri.
Sul tema delle pari opportunità state lavorando molto…
Da tre anni su questo tema è anche impegnato il comune di Aosta. Siamo presenti in tutti i tavoli istituzionali. Collaboriamo in tutte le iniziative messe in campo in un’ottica di rete. Fra qualche settimana presenteremo una ricerca fatta con la Consulta regionale e la Consigliera di parità
sulle carriere al femminile, cioè le nomine di secondo livello. Quante donne sono state nominate dalla politica per coprire alcuni ruoli nei consigli di amministrazione? Quando noi parliamo di pari opportunità – ci tengo a sottolinearlo – noi intendiamo pari opportunità per tutti. Non soltanto il tema del genere che è comunque importante. Ci sono altri elementi di discriminazione di cui è necessario tenere conto come indicato dall’Anno europeo. Anche qui nel momento in cui
facciamo politiche di «welfare » applichiamo tutti i giorni le politiche di pari opportunità. Ad esempio, con la microcomunità permetti alla figlia di continuare a lavorare, all’anziano di avere una vita dignitosa. E’ una prospettiva culturale che cambia un po’ la visione delle politiche di «welfare». In concreto come Comune di Aosta abbiamo aderito alla rete di Arianna, una rete nazionale contro la violenza contro le donne. Abbiamo perciò firmato un protocollo con il dipartimento delle pari opportunità e perciò il numero 1522 è attivo anche qui ad Aosta
grazie alla collaborazione che abbiamo con il Centro Donne contro la violenza.
Non è facile mantenere un simile modello di «welfare» in un momento così forte di crisi economica almeno a livello nazionale…
Io sono convinta che proprio in un momento come questo la rete di «welfare» e gli investimenti nel sociale sono una garanzia importante affinché questa crisi non abbia effetti così deflagranti. Io lo dico perché in momenti di crisi il tentativo di reperire risorse economiche è legittimo, però sarebbe veramente dannoso disinvestire nel sociale in un momento come questo. La differenza
fra noi e l’America è tutta nel «welfare» e non soltanto in un sistema bancario di questo tipo. E’ la nostra misura anticrisi in più. E dobbiamo mantenerla visto che in questa regione la cultura del «welfare» non è mai venuta meno.
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