Strumento di rilancio e non aiuto camuffato. Sull’ipotesi di zona franca montana (Zfm) avanzata dal Presidente della Giunta Augusto Rollandin la Presidente di Confindustria Valle d’Aosta ha indubbiamente le idee molto chiare. «Istituire una zona franca di montagna – commenta - va bene a condizione che serva alle imprese per investire in tecnologie e per crescere, per qualificarsi, per creare filiere e reti tra le aziende e non diventi solo una occasione per chiuderci in noi stessi, nel nostro campanilismo, una scappatoia per coprire i maggiori costi perché la competizione oggi è globale e non si gioca su qualche aiuto pubblico».
La storia
L’argomento Zfm era già stato introdotto a inizio legislatura da Rollandin. Il presidente aveva allora dichiarato al Sole 24 Ore Nord Ovest di voler «capire se possiamo creare delle piccole aree, magari nella media montagna, dove insediare attività ad alta tecnologia con un numero significativo di ricercatori». Si parlò anche di una formula sperimentale allo studio di cui però poi si persero le tracce. Il tema è tornato in agenda in seguito all’approvazione da parte del Governo di 22 zone franche urbane (quasi tutte situate al Sud con l’eccezione della ligure Ventimiglia) e, soprattutto, dopo l’autorizzazione della Commissione europea che ha constatato come la creazione di questi nuovi soggetti non incida sulla concorrenza in maniera sproporzionata. Queste zone godranno infatti di un regime di esenzioni fiscali a favore delle piccole e micro imprese che iniziano una nuova attività economica. In particolare, le imprese in queste aree beneficeranno di un’esenzione dalle imposte sui redditi, dall’imposta regionale sulle attività produttive, dall’imposta comunale sugli immobili e dai contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente.
Una sorpresa
L’ok di Bruxelles ha sorpreso il mondo politico valdostano. Enrico Tibaldi, consigliere di opposizione del Pdl ha addirittura lanciato l’accusa di doppiopesismo. Bruciante per la Valle la perdita dei buoni di benzina sancita dall’Unione Europea e definitivamente confermata circa un mese fa. «È triste constatare – ha commentato Tibaldi - che l’Europa usi più pesi e più misure nel definire la legittimità delle zone franche, guardando con occhio favorevole alcune situazioni e voltando le spalle ad altre». «Se nel definire queste 22 nuove aree - ha aggiunto il consigliere di centrodestra - è valso il criterio dello svantaggio socio-economico, vale la pena ricordare a Bruxelles che la montagna rappresenta intrinsecamente una condizione difficile per la vita dei suoi abitanti, sia per l’orografia accidentata, sia per il clima più rigido, sia per i trasporti e le comunicazioni e - non ultimo - anche per l'insediamento e lo sviluppo di attività economiche».
L'azione della Giunta
Rollandin ha evitato di polemizzare con i vertici comunitari e in occasione della Conferenza dei presidenti delle Regioni ha preso la parola per sottolineare che «è necessario approfondire le problematiche istituzionali e finanziarie del sistema montagna per giungere alla definizione degli aspetti di coesione territoriale e quindi poter sviluppare politiche mirate per i territori montani. Da qui la necessità dell’istituzione di Zone Franche Montane, simili a quelle Urbane, per garantire le agevolazioni e gli incentivi previdenziali e fiscali in grado di attrarre gli investimenti di capitale e sostenere le imprese, con benefici per l’occupazione». La strategia d’ora in poi dovrebbe dipanarsi secondo due filoni: da un lato l’impegno del presidente all’interno del Comitato montagna Stato-Regioni da lui presieduto con l’obiettivo di raccogliere la solidarietà più ampia possibile intorno al tema e dall’altro la messa a punto di uno studio per presentare il progetto di zona franca montana». «Si tratta di una strada molto in salita – osserva Roberto Franzé, docente di diritto tributario della facoltà di Economia di Aosta -. La stessa concreta applicazione delle Zfu è tutta da verificare. Di certo – dati per assodati i rigidi limiti comunitari in materia di aiuti di Stato – l’unica carta da giocare è quella della montagna come zona svantaggiata». (Pubblicato sul Sole 24 Ore Nord Ovest del 18 novembre 2009)
Il crinale fra protesta e democrazia
10 mesi fa
2 commenti:
L'opinione del Prof. Franzé, oltre che autorevole, è a mio avviso da condividere.
Non so dire se sia in salita, ma l'orentamento attuale della Commissione Europea induce a ritenere che la via delle zone franche "montane" o "rurali" sia percorribile se e nel limite in cui la proposta si riveli coerente con i principi e gli obiettivi comunitari di coesione e inclusione sociale, senza alterazione della concorrenza.
Non mi pare cioè azzardata l'idea, già praticata nella vicina Francia, di piccole aree di esenzione fiscale in territori non urbani svantaggiati (spopolamento, emigrazione, invecchiamento, carenza di servizi essenziali), soprattutto se parte di un modello più ampio, articolato e multidisciplinare di gestione del territorio (urbanistica, pianificazione, socialità, agricoltura, turismo, assistenza) che veda coinvolti, come dovrebbe accadere per le Zfu perchè abbiano successo, soggetti pubblici e privati.
Se mi è consentito dall'amico Fabrizio Favre, con il quale ho il piacere di dialogare da tempo su questi temi, rinvio a un mio commento di ieri: http://roccoiemma.wordpress.com/2009/11/20/non-solo-urbane/ .
Constato con piacere che una strada c'è, ma mi sembra che nel rapporto con Roma l'attuale Giunta sia un po' deficitaria. E i parlamentari? Che cosa stanno facendo?
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