Vi propongo, in versione integrale, l'intervista che ho fatto al consigliere regionale Luciano Caveri sulla manovra finanziaria, pubblicata la scorsa settimana sul Corriere della Valle d'Aosta. Il testo sarà proposto in due parti, oggi e domani.
Sulla finanziaria ci siamo rivolti ad un esperto. Non lo si può di certo definire neutrale ma Luciano Caveri, consigliere dell’Union Valdôtaine, ha al suo attivo un cursus honorum di ben 14 finanziarie ed una pratica romana (da deputato di lungo corso nonostante l’età) che gli fa buon gioco nell’aggredire certi mallopponi che ancora oggi continua ad analizzare attraverso il centro studi del Senato. Ed è con un faldone di fogli di carta certosinamente sottolineati che Caveri si presenta al nostro rendez-vous in una sala riunioni dell’ufficio gruppi. Non dimentichiamoci che sull’impatto economico le cifre non sono ancora così chiare.
Come si presenta questa finanziaria?
Le finanziarie hanno assunto spesso diverse configurazioni. Alcune monstre, poi più brevi. Adesso con il decreto si inaugura si inaugura un modello nuovo. E’ una finanziaria che viene imputata principalmente all’Europa, cioè alla necessità del rientro del debito pubblico. Anche se in realtà l’Europa finisce per essere una specie di schermo dietro al quale ci si ripara quando è necessario. L’applicazione del patto di stabilità europea fatto in Italia è particolarmente invasivo delle competenze delle autonomie locali. Si tratta comunque di una scelta del nostro Governo. Il patto non prevedeva una severità così grande come risulta in questa manovra. L’altro aspetto nuovo è che viene fatta con un decreto legge, cioè si utilizza uno strumento previsto dalla Costituzione per la straordinaria necessità e urgenza e se la manovra è di per sé stessa urgente non lo è di certo una parte dei contenuti dei 56 articoli. L’utilizzo del decreto legge – come è noto – è ben diverso dal tracciato che percorre un disegno di legge governativo, che prevede una discussione. Qui invece hai 60 giorni per convertire – e poi i tempi saranno talmente brevi alla vigilia dell’estate da immaginare che si arriverà facilmente ad un voto di fiducia.
Possiamo dire che sia per impatto che per modalità sia tra le più invasive?
Sicuramente per quanto riguarda l’autonomia speciale è una delle più invasive. Io ho vissuto le manovre del governo Amato all’inizio degli anni ’90, quelle percepite con grandi arrabbiature dai cittadini, che tassarono una parte dei conti bancari, mutarono il quadro pensionistico, però al di là dell’aspetto meramente quantitativo, cioè di quanto la Valle d’Aosta dovrà pagare in termini di riparto fiscale – e già su questo si potrebbe eccepire perché noi, secondo i calcoli fornito dal Governo regionale, dovremmo contribuire con circa 25 milioni quest’anno e altrettanti il prossimo, ma in realtà questa manovra per come si presenta non avrebbe carattere di costituzionalità, perché, essendo il riparto fiscale basato su un principio dell’Intesa, non puoi fare un decreto legge, devi prima discuterne con la Regione essendo il nostro ordinamento finanziario, come diciamo sempre, blindato da una norma di attuazione dello Statuto che, naturalmente – e lo dico a premessa di tutto – non vuol dire che noi non si debba fare i sacrifici, ma non si può accettare che i sacrifici siano imposti con una logica di tagliola a incidere sull’ordinamento specifico della Valle d’Aosta. Quindi va bene concordare i tagli ma bisogna avere un minimo di intelligenza. E alcune delle scelte fatte in questa finanziaria non sono logiche e, in termini generali, va detto che i contenuti deflagranti per il sistema della democrazia locale rischiano di svaporare il federalismo fiscale.
Perché?
Ma perché il federalismo fiscale si basava su certi presupposti, se però prima di tagliare la torta uno se ne mangia metà…
Entriamo nel merito del testo…
Come dicevo si tratta di 56 articoli. Di questi almeno 50 ci toccano partendo da una serie di trucchetti giuridici in base al quale noi come Regione autonoma veniamo fatti rientrare sull’utilizzo piuttosto nuovo, emerso soltanto in questi ultimi anni, di un criterio classificatorio dell’Istat in materia di spesa pubblica. La legge fa riferimento alle “amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della Pubblica amministrazione, come individuato dall’Istat, ai sensi del comma 3 dell’art 1 della legge 31 dicembre 2009 numero 136”. Fra queste vi sono anche le regioni autonome e, quindi, rientrando nella spesa pubblica sono sottoposte alla finanziaria, chiaramente con la precisazione che l’eccezionalità della manovra fa sì che siano eccezionali anche gli strumenti costituzionali.
E in questa maniera viene superata la questione costituzionale di cui si parlava prima?
Sì, ma fino ad un certo punto. Perché come ho scritto sul mio sito se la prima cosa che mi ha detto Luis Durnwalder, presidente della Provincia di Bolzano, qualche giorno fa è «ricorreremo alla Corte costituzionale» è perché da parte sua c’è una certa sicurezza. Anche perché mentre nel caso nostro la trattativa sul federalismo fiscale deve ancora essere avviata loro erano convinti di avere chiuso la partita. L’ipotesi è che alla Valle, in cambio della rinuncia ai 300 milioni ottenuti in seguito alla perdita dell’iva da importazione, siano lasciate delle accise che oggi non prendiamo come gas e gioco d’azzardo.
Sono cifre significative?
Non ci sono dei calcoli precisi, tuttavia è lo stesso accordo fatto da Trento e Bolzano. Io comunque credo che non siano cifre da poco. Certo è che Trento E Bolzano sono ancora più arrabbiati perché a loro si fa una manovra ulteriore nel momento in cui nella finanziaria di quest’anno – anticipando una norma di attuazione – loro avevano chiuso l’intesa. Noi invece con gli emendamenti presentati dal Antonio Fosson cercheremo di dirci disponibili a fare dei sacrifici a patto che in contemporanea si chiuda la partita del federalismo fiscale.
E in questa partita l’ipotesi zona franca montana?
C’è un articolo proprio di questo decreto legge che pone una pietra tombale sull’ipotesi di zona franca montana cioè l’articolo 43 del decreto che si occupa delle zone a burocrazia zero, cioè le ex zone franche urbane. (continua)
Il crinale fra protesta e democrazia
10 mesi fa
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