L'enologo regionale Massimo Bellocchia |
Prima di tutto i numeri: 21mila quintali di uva prodotta pari a 16mila litri. 440 gli ettari dove si coltiva la vite di cui 240 di Doc. 1,8 milioni le bottiglie che saranno messe in commercio (circa 250mila quelle legate all’autoconsumo) per un giro d’affari intorno ai 7 milioni. «La vendemmia per i vini precoci, ad esempio muller thurgau, pinot e chardonnay – commenta Bellocchia – è iniziata con una quindicina di giorni di ritardo. Oggi però torrette e nebbioli sono raccolti nel periodo canonico».
Guardando alla mappa regionale nel centro valle, nella zona attorno a Chambave, nota per le sue varianti di muscat, è stato registrato un calo del 10%. Situazione diametralmente opposto in Altavalle - con la cantina sociale di La Salle e Morgex che dichiara un più 20% - e in Bassa valle dove il Donnas dell’omonima cantina sociale, presieduta da Mario Dalbard, dichiara un più 25%. «In quest’ultimo caso – osserva Bellocchia – si tratta di un dato fisiologico. Il Donnas, prodotto dall’omonima cantina sociale, dopo le annate molto deludenti del 2008 e del 2009, nel 2010 ha fatto registrare un +25% rispetto all’anno precedente e addirittura un +50% nell’ultimo biennio».
Bellocchia constata da tempo la crescita del settore anche se nota come a fronte di una maturazione sul fronte della vinificazione i viticultori valdostani non curano ancora a sufficienza il versante commerciale. «E’ stata compresa la necessità dell’agronomo e dell’enologo in campo perché non avere anche l’addetto di marketing?». Anche l’eccessivo frazionamento è un elemento che non aiuta il settore. «Sono 48 i soggetti iscritti all’albo degli imbottigliatori, quasi quanto il Friuli Venezia Giulia. – sottolinea l’enologo - E’ chiaro che così diventa molto difficile disporre dei quantitativi adeguati per presentarsi sui mercati esteri. Lo spazio di espansione esiste ma va maggiormente ragionato».
Chi comincia ad avere i numeri per presentarsi al di fuori dei confini nazionali è sicuramente l’etichetta Les Crêtes di Costantino Charrère, presidente della Federazione dei viticultori indipendenti (anche se ormai il testimone è solidamente nelle mani delle figlie Eleonora e Elena). Il produttore di Aymavilles, località a pochi chilometri da Aosta, con il suo Chardonnay è da diversi anni una delle costanti dei 3 Bicchieri valdostani (oltre a Charrère, quest’anno è toccato al Chambave Moscato Passito Prieuré '08 de La Crotta di Vegneron, Chardonnay Élevé en Fût de Chêne '09 di Anselmet, il Petite Arvine Vigne Rovettaz '09 dei F.lli Grosjean, Pinot Gris '09 di Lo Triolet e il Torrette Supérieur Vigne de Torrette '06 di Di Barro) e produce 220mila bottiglie con un fatturato per il 2010 di circa 1,4 milioni.
Un po' di numeri sulla Doc
Cresce la produzione di doc in Valle d’Aosta. Nel 2000 si trattava di 162 ettari, diventati 195 nel 2003, 219 nel 2005 e 240 nel 2009. Ad oggi la Valle d’Aosta è rappresentata da sette sottodenominazioni di area (il Blanc de Morgex et de La Salle , l’ Enfer d’Arvier , il Torrette , il Nus , il Chambave , l’ Arnad-Montjovet e il Donnas) e quindici di vitigno (Chardonnay, Cornalin, Fumin, Gamay, Mayolet, Merlot, Müller Thurgau, Nebbiolo, Petite Arvine, Petit Rouge, Pinot Blanc, Pinot Gris, Pinot Noir, Prëmetta e Syrah).
Le dieci realtà maggiormente presenti sul territorio regionale sono: il Torrette con 50 ettari, il Blanc de Morgex 25, il Donnas 21, il Pino nero, Chambave muscat, Muller Thurghau e Chardonnay con il 19,5, il Fumin con 18, il Gamay con 17 e il Pinot Gris con otto ettari.
2 commenti:
Assolutamente vero quanto dichiarato da Bellocchia. Ma il problema non è tanto, a mio avviso, puntare sui mercati esteri. Si inizi a puntare sul mercato italiano, ad uscire dalla nicchia. Io non smetterò mai di insistere su questo punto. Un esempio di enologo/addetto marketing è il bravo Gianluca Telloli della Cave du Vin Blanc de Morgex et de la Salle: ha una preparazione tecnica e una capacità di comunicare il prodotto che pochi hanno. Charrère è stato un precursore, un antesignano, forse un visionario in tempi non sospetti. Sono questi gli esempi da seguire. Perchè la viticoltura valdostana vale. E vale davvero tanto.
@Enofaber
Secondo me la fortuna della Valle è il mercato turistico. L'export può essere interessanbte per migliorare la redditività, ma i vini valdostani devono diventare un tassello fondamentale dell'offerta turistica. Sul mercato nazionale temo che la lotta sarà dura anche perché (a partire dal Piemonte)cominciano a crescere i quantitativi di vino invenduto e la Valle sui prezzi ha difficoltà ad essere competitiva.
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