11 dicembre 2011

Enrico Bucci (Biodigitalvalley): nella Ricerca Contano soprattutto i Brevetti Industrializzati

Enrico Bucci (Biodigitalvalley)
Enrico Bucci di Biodigitalvalley, start up del biomedicale insediata nell'incubatore d'impresa di Pont-Saint-Martin e di cui ho scritto spesso in questo blog, è stato mio ospite nei giorni scorsi a ImpresaVda. Ti riporto i contenuti dell'intervista radiofonica...
Qual è storia della vostra azienda? Di cosa vi occupate?
Prima di tutto va detto che noi siamo una start up di un gruppo più grande che si chiama Rgi, gruppo di circa 700 dipendenti tutti quanti dedicati alla programmazione software di prodotti e servizi per il ramo assicurativo. Tre anni fa Paolo Benini,il fondatore del Gruppo, ha deciso di differenziare il mercato creando una start up dedicata sempre allo sviluppo software, ma nel settore della biologia e della medicina, quindi nel settore della bioinformatica. Fin dalla sua fondazione, pochi mesi dopo, Biodigitalvalley ha deciso di aprire il proprio centro ricerche in Valle d'Aosta per le condizioni particolarmente favorevoli all'insediamento di start up innovative. Ed ora eccoci qui, a tre anni di distanza, con un prodotto e un inizio di mercato.
Si tratta di un settore che di certo non patisce la crisi?
No, soprattutto se si guarda a due cifre: al numero di occupati , che è in crescita non soltanto in tutta Europa e nel mondo, ma sorprendentemente anche in Italia. In effetti la bioinformatica va a traino del settore dell'informatica che non patisce crisi occupazionali in questo momento. E poi ai fatturati dove si assiste ad un rallentamento di crescita, ma non ad una inversione nel mondo, al contrario di quello che sta avvenendo nella farmaceutica. Il disinvestimento nel settore farmaceutico di fatto si traduce in una virtualizzazione della ricerca e quindi in una promozione della ricerca bioinformatica.
Che cosa è cambiato in quest'ultimo anno?
Dal punto di vista dell'azienda si è ampliata l'offerta. In particolare mentre un anno fa eravamo appena arrivato sul mercato con il nostro prodotto oggi offriamo anche una linea differenziata di servizi che, qualche giorno fa, siamo ad esempio andati a raccontare a Dusseldorf, in Germania, e su cui stiamo cominciando i primi potenziali clienti sia nazionali che internazionali. Un concetto innovativo di questa offerta di servizi - che mi piace sottolineare - è che invece di  aprire una struttura dedicata ai servizi noi abbiamo realizzato alcuni accordi con dei partner universitari o comunque con dei partner dedicati alla ricerca in ambito accademico che mettono a disposizione per dei tempi determinati e con dei costi particolari i loro laboratori su tematiche specifiche. D'altra parte noi mettiamo a disposizione la nostra iniziativa commerciale e questo ha permesso già di attirare le prime richieste.

Avete accennato a Dusseldorf. So che in Germania avete partecipato alla  fiera internazionale BioEurope. Può raccontarci come è andata?
Si tratta della fiera dedicata alle biotecnologie farmaceutiche più importante d'Europa. Quest'anno per l'Italia erano presenti Lombardia e Piemonte con degli stand istituzionali e in rappresentanza di alcune grandi aziende nazionali noi eravamo l'unica biotech italiana presente con uno stand proprio. Abbiamo avuto una quarantina di interlocutori internazionali per realizzare occasioni di business.

Avete presentato Proteinquest il vostro prodotto base…
Abbiamo riscontrato molto interesse in merito alle attività di ricerca che stiamo conducendo, attraverso il progetto Paris della Valle d'Aosta, sulla malattia del Parkinson. Una malattia purtroppo a diffusione sempre più elevata. Nel caso di tre aziende c’è stata una buona risposta tanto che pensiamo di  fare qualche proposta di collaborazione a qualcuna di queste

Lei ha anche un passato da direttore del Bio Industry Park di Ivrea. Cosa ha portato di quell'esperienza nella sua attività imprenditoriale?
Io mi occupavo della direzione scientifica dei progetti. Una situazione a cavallo tra l'attività imprenditoriale e quella istituzionale. Direi che c'è molto dell'attività del bioparco in quello che oggi svolgo, perché il progetto che ha portato alla nascita del nostro prodotto è nato proprio come una collaborazione tra Rgi e il Bioindustry park del Canavese. E' un classico esempio di un'idea nata all'interno di un parco tecnologico che ha portato, in tempi abbastanza rapidi, alla costituzione di un'impresa, alla preparazione di un prodotto e all'ingresso sul mercato.
Nel suo curriculum si parla di una decina di brevetti. Mi sembra un numero significativo o lo è soltanto per l'Italia dove si fa poco in questa direzione?
Quello che ritengo significativo a prescindere dal mio curriculum quando mi confronto con qualcuno che ha brevettato non è tanto il numero di domande o i brevetti ottenuti, ma il numero di quelli che sono stati effettivamente industrializzati. E', a mio avviso, più interessante sapere che di quella dozzina di brevetti che ho depositato 5- o 6 sono attualmente mantenuti da imprese o enti diversi che ricavano business. Non tutte quelle domande di brevetto, per esempio, alla fine hanno portato ad uno sviluppo industriale reale. Il problema grosso dell'Italia non è che mancano i brevetti, ma che manca il mercato dei brevetti, cioè il mercato dell'innovazione, mancano sia persone in grado di offrire dei brevetti interessanti sia aziende in grado di valutarli e acquistarli. E la cosa ancora più interessante è che questo avviene nonostante con diverse in Italia sia riconosciuto un contributo nella spesa alle aziende che ne acquistano sia esteri che italiani. A questo si aggiunge poi un problema specifico della brevettazione in Europea, cioè la completa disarmonia della regolamentazione in campo brevettuale e la bassa difesa che fa l'Italia dei propri brevetti.
Una novità da raccontare in esclusiva ad ImpresaVda?
La costituzione di un'offerta commerciale diversa con una struttura commerciale dedicata. Questa è una novità apparentemente minima, ma non lo è per una start up dedicata alla ricerca perché le aziende italiane di questo tipo tendono a riunire in poche figure professionali, di solito di provenienza accademica, sia l'attività di ricerca che quella di promozione e commerciale. Invece nel nostro caso, avendo una cultura industriale che ci proviene dal Gruppo a cui apparteniamo  molto presto abbiamo deciso di differenziare. E questo ha già cominciato a portare i primi frutti.
Un sogno imprenditoriale da realizzare?
Il mio è un sogno un po' atipico, vista la mia provenienza di ricercatore pubblico. Ed è il sogno di trasformare la ricerca in prodotto, in lavoro e occupazione. Se volete è un sogno italiano, vista la situazione in cui ci troviamo, e io spero che in Valle si cominci a prestare attenzione in particolare a dei settori che vanno un po' oltre il turismo e l'enogastronomia e si cominci a guardare con interesse alla possibilità di sviluppo di settori dal respiro più internazionale e in grado di creare da laureati persone che lavorano in azienda e producono sviluppo per tutti.

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