Da sinistra Giorgio Anselmet con la moglie e il papà Renato |
Entrambi, padre e figlio, colpiscono per la continua ricerca di un'innovazione che sia al servizio della genuinità del vino (solo un'altra cantina in Italia ha il loro sistema di aspirazione della CO2), per il desiderio di apprendere e per questo di cercare gli insegnanti migliori (Gaja e molti maestri della Borgogna), fino alla cura minuziosa dei particolari simbolicamente rappresentata dalla cantina, costruita ex-novo in frazione Vereytaz 30, ma piena di innesti d'antan spesso con una storia da raccontare, come quella porta che porta che un tempo conduceva a ben altre storie nelle vecchie carceri di Torino. E l'attenzione all'ambiente con pannelli solari e i tralci utilizzati come cippato per il riscaldamento dei locali dove si depositano le uve.
E poi i profumi. Quando si entra nella stanza buia dove il vino riposa nelle barrique se si chiude egli occhi si ha l'impressione di avere in mano uno di quei bicchieri enormi da rosso (le prime botti che si incontrano appena superata la soglia sono quelle del Prisonnier, vino realizzato seguendo le attente indicazione del Gatta, di cui gli Anselmet producono soltanto 400 bottiglie) e di prepararsi all'assaggio. E, infine, la degustazione finale. Quattro bevute meravigliose: Chardonnay barrique, Chambave Muscat, Pinot Nero e Fumin. Le foto raccontano un po l'evento. con la consueta foto della coppa.
Più tardi proporrò anche l'intervista. Le stesse 17 domande già poste a Grosjean.
Qualche altra info la puoi trovare sul loro sito che però non li soddisfa, tanto da avermi già annunciato la loro intenzione di realizzarne uno in grado di offrire una migliore accoglienza della clientela.
In verità la visita risale a ieri mattina, ma i fatti di Brindisi mi hanno indotto a non proporre un avvenimento così festoso in una simile giornata. Purtroppo a neppure a 24 ore di distanza a dolore si è aggiunto altro dolore. Il mio pensiero cerca di abbracciare tutti.
0 commenti:
Posta un commento