1 dicembre 2012

Gaetano Bonfissuto (#Socialsurf): #SocialNetwork e #Professionalità

Gaetano Bonfissuto
Ho intervistato Gaetano Bonfissuto, amministratore unico  di Socialsurf

Come è cambiato il mondo del lavoro dopo l’avvento dei social network?
Noi ci occupiamo di ricerca e selezione del personale per le aziende. Siamo un’agenzia del lavoro certificata presso il ministero del welfare. Il mondo del lavoro è cambiato con l’avvento di Linkedin soprattutto, social network creato appositamente  per far meglio conoscere la propria professionalità. Ma non va neppure sottovalutato  anche Facebook. La propria carriera oggi non va gestita soltanto nella vita reale, ma per chi è presente con un profilo su questi Social network occorre badare affinché l’identità digitale coincida con quella reale, quindi nel caso di un manager, di un lavoratore, significa le sue esperienze, le sue qualità, quelle che in inglese sono chiamate skills, la sua rivendibilità sul mercato. Tutto questo fa sì che questi due canali si incrocino, stando attenti a quello che si scrive e tenendo a mente che attraverso di essi è possibile entrare in contatto con potenziali datori di lavoro.

Come è nata l’idea di dare vita a socialsurf? Se ho ben capito siete la prima società ad operare in questo settore?
Io faccio questo mestiere dal 2007. Provengo da esperienze manageriali nel campo del marketing e commerciale, soprattutto come facility management. L’idea non è mia, ma io ho fatto parte del Cda e ho fondato ExecutiveSurf, una società inglese. L’idea parte da loro, cioè il come sfruttare in tempi brevi le possibilità che internet ti dà – attraverso google, i database, mixando i diversi canali – di mescolare la caccia tradizionale con il web. Un anno e mezzo fa ho lasciato la vecchia società per fondarne una nuova con un nuovo socio amplificando il concetto: socialsurf. Con surf indichiamo il navigare in rete e con social la componente umanistica. E’ come l’uomo di Vitruvio di Leonardo. Il web senza l’intelligenza della persona, senza una tua strategia, senza le cellule grigie applicate non serve a nulla. E’ una scatola vuota. E qui torniamo al concetto di trovare un significato del perché esserci. La nostra peculiarità, per la quale siamo unici in Italia, è far trovare al cliente che ci affida un mandato di ricerca e selezione non soltanto in Italia, ma a livello internazionale – stiamo lavorando in questo momento Algeria, in Germania, ho lavorato in Guadalupe, in Brasile dall’Italia tramite Web – e in due settimane riusciamo a individuare la rosa ristretta dei candidati che il cliente ci ha commissionato. E’ un’attività quasi sartoriale. Io prendo le misure al cliente che ha bisogno, ad esempio,  di un direttore di cantiere per la costruzione di un Ospedale in Algeria. Mi descrive tutte le specifiche e così parte la caccia. In due settimane, sempre sul web, sul nostro portale il cliente che segue la nostra attività passo dopo passo si ritrova il profilo con i commenti del nostro selezionatore.

Come mai vi siete insediati in Valle d’Aosta?
Qui abbiamo la nostra sede legale. Io abito ad Ivrea,a soli 60 chilometri. Conosco la Valle d’Aosta molto bene perché è una regione che frequento tantissimo in quanto mi piace molto. Quando sono venuto a sapere dell’occasione delle Pépinières e quindi della possibilità di poter disporre di un ufficio, dato che a Milano e Roma eravamo già presenti, mi sembrava una buona idea stabilire la sede legale ad Aosta. E’ un territorio su cui vale la pena di investire. Anche perché ci sono iniziative legate a nuove tecnologie e start up e anche perché in Valle un servizio come il nostro non è assolutamente presente.

Quali società si rivolgono a voi e che cosa cercano?
Noi siamo generalisti. Lavoriamo sia per grossi gruppi internazionali sia per le Pmi. Non siamo specializzati in un settore, ma ci specializziamo nel momento in cui riceviamo un incarico. Abbiamo perciò lavorato nel campo della moda, in quello delle scarpe, nell’edilizia piuttosto che nel bancario. Il lavoro principale per chi fa il mio mestiere, cioè ricerca e selezione, quello che in americano è detto l’e-hunting, la caccia, e si rivolge a manager professionisti con livello di seniority da cinque anni in su, parte dalla visita commerciale. Per noi è importante avere un cliente che ci affida un mandato. Uno dei miei ultimi clienti è stato un’impresa di costruzione che opera a livello internazionale Toscana, con cui collaboro già da due anni, dove ho fatto tutta la squadra in Polonia degli ingegneri per la costruzione di un grattacielo e adesso stiamo cercando un direttore e un contabile di cantiere per l’ospedale in Algeria di cui ho già parlato in precedenza. Zone dove oltretutto non è così facile muoversi visti i recenti cambiamenti avvenuti in seguito alla primavera araba. Si tratta di figure molto specifiche. Noi facciamo i sarti devo perciò avere le specifiche. Io non posso conoscere tutte le figure professionali. Devo farmele spiegare dal cliente. Una volta che le abbiamo possiamo andare a caccia di quei profili. Va tenuto conto comunque che il più delle volte noi lavoriamo su posizioni molto difficili, in quanto spesso non ci sono un’infinità di candidati. Quando riusciamo a proporne cinque o sei è già un buon risultato. Noi offriamo anche al nostro cliente una fotografia del mercato: quali sono i concorrenti, le retribuzioni. Non ci limitiamo a individuare la figura, ma assicurare un quadro completo di tutto il settore che molto spesso il cliente non ha soprattutto se Pmi.

Può dare un consiglio a chi sta cercando lavoro?
Noi riceviamo tantissimi curricula. Visto  che siamo molto esposti sui social network chi è in cerca di lavoro pensa che noi facciamo da intermediari. Non è in realtà così. Io devo avere il mandato della società. Il suggerimento che do sempre ai candidati di qualsiasi livello è quello di ricordarsi che sono le aziende che assumono. E normalmente le aziende vogliono risparmiare i costi di un e-hunter, anche se i nostri sono bassi. Occorre ricordarsi che a  seconda delle funzioni che si ricoprono – se io faccio il controller o l’amministrativo – magari mi informerò su chi è il direttore amministrativo di quella specifica azienda e cercherò di contattarlo. Molto spesso si sbaglia scrivendo genericamente all’Ufficio risorse umane. Ufficio che è un e-hunter interno. Non si muove mai di sua spontanea volontà se non ha un imput.

Qualche altro suggerimento?
Darei tre semplici regole sul curriculum premettendo però che in questo campo non siamo nella Fisica o nella Matematica, quindi non ci sono degli assiomi. Altri miei colleghi hanno anche idee diverse e invito sempre i candidati a ragionare con la propria testa. Soprattutto a non pagare persone che dicono di poter procurare lavoro perché è proibito dalla legge Biagi che dice che noi come intermediari prendiamo il nostro compenso soltanto dalle aziende. Il curriculum deve essere al massimo due pagine. Molto sintetico. Io sento persone che hanno 50-55 anni che mi dicono che avendo tanta esperienza alla spalle devono indicare tutto quello che hanno fatto. E così abbiamo curriculum di 8-9 pagine che nessuno legge. Siamo in una società liquida. Oggi le persone impiegano al massimo due minuti. Il curriculum è il marketing di sé stessi. I Rolling Stones hanno fatto 500 canzoni, quando realizzano il best ne metto al massimo 20. Il curriculum deve essere il meglio di quello che abbiamo fatto. E’ inutile mettere nel 1990 lavoravo come controller, prenderanno quel profilo per quello che ha fatto negli ultimi 4-5 anni. Ricordarsi poi che il curriculum porta al colloquio e questo al lavoro. Se si devono fare degli approfondimenti si faranno durante il colloquio che può anche durare un’ora-un’ora e mezza. In Italia c’è l’ansia di scrivere tutto. Ma il curriculum va realizzato per sottrazione, non è la Bibbia della nostra vita. La sintesi diceva Montanelli è una cosa bellissima e con essa e il linguaggio possiamo esprimere nel migliore dei modi le nostre skills, far capire che cosa possiamo portare come valore aggiunto. I candidati scrivono spesso tanto, troppo, a mo’ di tema, ma alla fine non si evincono le qualità, le caratteristiche che possono portare. Occorre sempre chiedersi qual è il valore aggiunto che io posso portare, quel qualcosa che oltre a me hanno poche persone. Se tutti fanno le stesse cose ci sarà più concorrenza. Il curriculum europeo non ha mai funzionato in Italia. Siamo troppo individualisti. Occorre trovare una formula che rifletta sé stessi. Cercare di empatizzare attraverso il curriculum. Ricordarsi  poi che attraverso linkedin si può mettere altre informazioni. Stare poi attenti a quello che si mette su Facebook dove sempre più direttori del personale vanno a controllare. Qui in realtà on si cancella mai nulla. E la reputazione è un bene primario.

 Un sogno imprenditoriale da realizzare…
Continuare a far crescere Socialsurf. Ho abbracciato questa professione per essere di aiuto. L’aspetto più affascinante del mio lavoro è che ogni volta si possono conoscere le particolarità di diversi settori. Spero di poter aiutare molta gente in gamba a trovare il proprio lavoro.

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