L'augurio di Luigino Bruni, docente di Economia politica all’università
Lumsa di Roma, è che nascano scuole popolari che si occupino non solo di parole
economiche come spread, fiscal compact e spending review ma che aiutino a
governare la democrazia. E' una preoccupazione seria che deve riguardare tutti
noi.
Del resto sempre Bruni, in un editoriale sul quotidiano Avvenire, ha
precisato che se «Economia» è stata la parola regina del 2012, la prima parola
del 2013 dovrà essere «Politica», se vogliamo che l’anno che si sta aprendo sia
migliore, anche per l’economia.
«C’è, infatti, - scrive Bruni - un estremo
bisogno di invertire una tendenza in atto da qualche decennio, quella che ha
portato a usare sempre più la logica economica in ambiti non economici, quali
scuola ("offerta formativa", debiti e crediti), sanità, cultura. E
politica. Non è raro ascoltare importanti giornalisti economici italiani
parlare oggi dei partiti come di «competitors», di «offerta» e «domanda»
politica (quale sarebbe il «prezzo» di equilibro?)». Ma l'aspetto più grave è
che nel Paese è diffuso un «sentire comune disincantato che a troppi non fa più
credere che ci possano essere ancora cittadini, tanto meno politici, motivati
anche dal bene comune e non soltanto da interessi privati. Il pan-mercatismo di
questi decenni ha anche alzato il "cinismo medio", convincendo tanti
di noi che la logica degli interessi sia la sola vera e realistica, e che tutto
il resto è solo chiacchiere». Per Bruni non è vero. Anzi oggi sarebbero molti i
cittadini «che vanno oltre il loro interesse economico continuando a tenere
aperta un’impresa per non licenziare, a pagare tutte le tasse sapendo di essere
quasi gli unici a farlo, a credere e a investire nella politica e ad andare a
votare per amore civile, nonostante tutto. L’Italia ha già avuto dei momenti
felici nei quali la politica, a tutti i livelli, è stata qualcosa di più e di
diverso dalla ricerca di interessi privati di elettori ed eletti».
Dobbiamo
convincerci che uomini e donne sono capaci di agire anche per interessi più
grandi di quelli privati, negarlo significherebbe negare l’umanità e la dignità
della persona. «I decenni dai quali stiamo (forse) uscendo - ha scritto Bruni -
hanno minato la virtù della speranza di poter cambiare: ma è da questa
speranza, che a livello antropologico, e quindi politico, possiamo e dobbiamo
ricominciare. Imboccando la strada della buona politica, che dipende certamente
dalla "intelligenza media" del Parlamento prossimo venturo, ma
dipende anche, e oggi soprattutto, dalla sua "moralità media"». E non
solo. Dipende anche molto da noi.
E il 2013 ci offre una doppia occasione di
rendere veramente nuovi questi tempi. Tuttavia prima di tutto dobbiamo essere
noi a scegliere la speranza e non il disincanto, a dimostrare di avere davvero
a cuore il bene comune. Votare per stabilire quali saranno i futuri assetti
regionali e nazionali è un esercizio di carità inestimabile. A ricordarcelo è
stato il Vescovo di Aosta, Mons. Franco Lovignana, in occasione della messa del
giorno del 1° gennaio, festa di Maria Madre della Pace. La fede è impegno
dentro alla storia, quella storia in cui il Figlio di Dio, nato da donna, non
ha disdegnato di entrare. Una storia che in questo anno ci porterà anche a
vivere gli appuntamenti importanti delle urne. «Come cristiani - ha
sottolineato il Vescovo nell'omelia - sappiamo che si tratta di fare un vero
discernimento informandoci, confrontandoci e alla fine giudicando secondo coscienza.
Dobbiamo prestare attenzione al particolare momento storico che stiamo vivendo
e soprattutto avere sempre davanti agli occhi alcuni punti luminosi di
riferimento che diventano criteri di scelta: bene comune, onestà, libertà,
vita, famiglia, giustizia, solidarietà».
Una scelta, qualunque essa sia alla
fine, per la quale «non possiamo seguire logiche di parte o di interesse
personale, ma solo la logica del bene comune come ci viene presentato dal
Vangelo e dalla Dottrina sociale della Chiesa». Di qui una proposta. «Perché
non prendere in mano e studiare in questo periodo il Compendio della Dottrina
sociale della Chiesa? - ha concluso il Vescovo - Guardiamo in faccia le persone
che si presentano davanti a noi. Chiediamo loro piena trasparenza: non accontentiamoci
delle parole, guardiamo alla loro vita, anche privata. Se hanno già avuto
impegni pubblici, verifichiamo come hanno agito: hanno promosso il bene comune
o se stessi? Hanno creato una cultura di libertà, di partecipazione, o un
sistema di potere clientelare? Dobbiamo esigere da chi ci chiede il voto non
favori per noi stessi o per la nostra famiglia, ma esigere trasparenza e
progetti chiari e concreti sui problemi delle persone e delle famiglie, dei
giovani in cerca di futuro … non promesse, ma progetti concreti sul lavoro,
sulla salute, sui trasporti, sulle politiche a difesa e promozione della
famiglia che va riconosciuta nella sua singolarità umana e sociale e quindi
aiutata e non penalizzata; impegni chiari e non fumosi a difesa della vita in
tutte le forme e in tutte le stagioni che vuol dire difesa della vita nascente
e della vita al suo tramonto, ma anche diritto al lavoro, libertà di
educazione, dignità e qualità della vita, diritto alla salute per tutti».
E'
chiaro che queste parole implicano prima di tutto un serio esame di coscienza.
Quali sono i criteri che mettiamo in campo al momento del voto? La Fede ci dà
dei paletti chiari. Inequivocabili. Scegliamo perciò la speranza non il
disincanto.
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