Propongo l'intervista all’economista Massimo Lévêque
che ha curato per la Camera di Commercio di Aosta, editore Franco Angeli, il
volume «La Greeneconomy in Valle d’Aosta».
Prima di tutto come nasce questo
testo?
Questo volume è il risultato di una
ricerca commissionata dalla Chambre Valdôtaine e che aveva come obiettivo di
comprendere questo mondo della green economy, cioè dell’economia sostenibile e
che da più parti pare essere non soltanto uno dei segmenti che ha patito meno
la crisi ma che ha pure manifestato segni di dinamismo e crescita anche nel
periodo di crisi, e capire quali presupposti e prospettive potevano esserci per
la nostra realtà valdostana.
Il testo mette insieme più soggetti...
La ricerca è stata fatta a più mani, con più competenze. Per quanto riguarda l’analisi del posizionamento della Valle d’Aosta rispetto al resto delle regioni italiane è intervenuta Fondazione Impresa di Venezia, che ha elaborato l’indice di green economy per tutte le regioni italiane; per la parte di esame del sentiment, cioè delle condizioni di partenza della popolazione, dei vari operatori, imprese e policy makers, ha lavorato il Centro studi di Slow food con la professoressa Scafidi. C’è stata poi una parte curata dal professor Gorla dell’Università della Valle d’Aosta, specificatamente quella sulle policy, cioè sulle politiche che sarebbe auspicabile mettere in campo per accompagnare un processo di sviluppo green, però il lavoro è stato fatto insieme. C’è stato uno stretto coordinamento fra tutti che ho curato personalmente io e che ha dato omogeneità al lavoro e un senso compiuto e coerente.
Il sottotitolo parla di scenari e
opportunità. Partiamo dallo stato dell’arte…
I risultati della ricerca sono confortanti.
Per due ragioni. Il primo dato obiettivo è che la vocazione green della Valle d’Aosta
è insita nella sua natura, nella sua configurazione. Basti pensare che per
esempio solamente nel comparto energetico siamo nell’eccellenza e questo è
merito della caratteristica della Valle, delle sue acque, delle sue dotazioni
naturali. Però dal punto di vista anche
delle risorse, umane e imprenditoriali, i dati emersi sono stati confortanti.
Noi abbiamo intervistato più di 500 famiglie e l’attitudine, la sensibilità per
esempio a nuovi stili di vita e di consumi – nel libro si trova quanti sono
disposti a spendere un po’ di più per poter mangiare bio o avere
elettrodomestici a basso consumo – è indubbiamente significativa. E direi un po’
su tutte le fasce di età e su tutto il territorio. In secondo luogo abbiamo
approfondito questi argomenti con gli imprenditori e con i decision maker, cioè
coloro che sono nelle istituzioni, nell’amministrazione pubblica, negli enti
locali attraverso dei focus group, cioè delle riunioni dove abbiamo posto delle
domande e fatto discutere fra di loro queste persone e anche in questo caso,
malgrado molte difficoltà emerse – ad esempio quelle di tipo burocratico per
far partire nuovi progetti, la incoerenza a volte fra certe norme che da una
parte aiutano il green e dall’altra il brown e quindi l’esigenza di andare
incontro ad una razionalizzazione delle politiche – constatiamo un punto di
partenza buono. Addirittura abbiamo pubblicato sul volume 10-12 casi esemplari
di imprese che sono già green, in tutto o in parte, senza che ci sia stato nessun
tipo di sostegno o di politica e sono in settori diversificati. Non soltanto energia
o progettazione nel campo energetico come è facile pensare che sia ma nell’agricoltura
biologica, nella ricerca e sviluppo sperimentale. C’è un Institut agricole che
è una straordinaria struttura non solo di formazione, ma di ricerca applicata
proprio nei comparti sostenibili.
Quali sono dunque i settori di
interesse?
Quando si parla di green economy si
tende a circoscrivere l’ambito a quei primi settori di economia sostenibile che
sono stati evidenziati nel tempo cioè energetico e rifiuti. In realtà le attività
green e i prodotti e servizi a base green sostenibili sono molto più
trasversali. Noi abbiamo individuato come potenziale per la Valle d’Aosta il settore ovviamente dell’agricoltura, ma
pure il manifatturiero, per esempio nel campo del food e del legno, legato a
quello delle costruzioni, normalmente considerato poco green mentre sta
diventando in alcune aree europee trainante per il proprio comparto. Si tratta
di un nuovo modo di costruire, di costruire con risparmio energetico,
bioarchitettura.Poi c’è quello dei rifiuti inteso non soltanto nella logica
tradizionale, il cosiddetto ambito delel tre R, cioè riduzione degli scarti, riuso,
tema molto per una realtà valdostana dove le tracce della tradizione e dell’etnografia
sono importanti. Penso che dal riuso di tante cose che noi abbiamo a casa s
potrebbero fare delle piccole cose interessanti anche come impresa. Senza
dimenticare il riciclo. E poi il turismo. Sul turismo green ci sono degli spazi
straordinari. Pensiamo soltanto ai dati nazionali ed europei sulla bicicletta
che non è un prodotto green, ma quello che implica il turismo legato alla
bicicletta offre spazi straordinari per un’offerta di contorno dal punto di vista
ricettivo, delle infrastrutture che è legato ad una sostenibilità che non il
turismo con l’auto.
Siamo in un momento di crisi
economica mi sembra che con la green economy si possa delineare una sorta di
percorso di sviluppo per il sistema…
Sì. Intanto uno degli aspetti importanti
di questo lavoro, del piacere di presentarlo è che in un momento in cui gli
interventi, le relazioni, le presentazioni sono tutte improntate al pessimismo
della crisi, ai dati certamente inquietanti che sanciscono un ritorno al Pil
del 2000, ai consumi del 2001 e gli occupati sono sui livelli del secondo
semestre 2003 - si tratta di dati nazionali, ma anche in Valle ci sono stati
forti segnali di crisi – questo comparto dà segnali incoraggianti e ci consente
da un lato di affermare che nulla è più come prima ma allo stesso di tornare a
visioni che possono essere positive.
Il testo è molto ampio. Avete anche
provato ad immaginare degli scenari concreti?
Intanto abbiamo cercato di misurare
lo stato dell’arte. Dall’indice di green economy regionale la Valle d’Aosta si posiziona
al secondo posto dopo Trento e Bolzano. Questo significa che oggi dagli ultimi
dati in nostro possesso ci ritroviamo con il 2% di imprese che offrono prodotti
e servizi green, cioè circa 150 aziende. E’ un punto di partenza interessante.
Naturalmente ci siamo occupati di quelle che offrono prodotti e servizi green,
ma ce ne sono pure altre che non offrono prodotti green, ma sono intervenute
sui processi. Abbiamo poi provato se con un’ipotesi di penetrazione media, diciamo
prudente, nell’arco di un settennio che cosa possiamo trovarci. L’ipotesi è di
1400-1500 imprese, cioè decuplicare il dato attuale, e circa 4500-4700 occupati
che naturalmente più sono aggiuntivi e non sostitutivi e più è benefico per il
nostro mercato del lavoro. Possiamo pensare a circa 300 milioni di valore
giunto, pari all’8% dell’attuale Pil. In sintesi una presenza importante anche
se non prevalente e in grado di connotare la Valle come una regione dove l’economia
sostenibile ha preso piede e ha il suo spazio.
E’ una strategia fondamentale anche
in un momento in cui inevitabilmente ci deve essere un nuovo protagonismo del
privato…
La sostenibilità per molti anni dai tradizionalisti
è stata considerata come nemica della competitività Oggi invece pare che sia un
elemento importante: C’è una relazione tra sostenibilità e competitività forte
nel senso che il green sta diventando causa ed effetto di competitività. Pensiamo
ad una regione turistica come la nostra: avere un label all green sicuramente costituirebbe
un brand forte, e assicurerebbe un valore aggiunto incrementale all’immagine
della Valle.
Questo è insomma il sogno?
Più che un sogno è un auspicio, una
visione. Naturalmente non è facile in quanto gli aspetti educativi e formativi
sono alla base di un simile sistema. Ci vuole anche un software dell’economia
green che passa attraverso la cultura, la competenza, la conoscenza dei consumatori
e dei professionisti che vi operano.
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