Propongo il discorso pronunciato dal presidente Giorgio Squinzi Sabato 27 febbraio in occasione della prima udienza in Vaticano in 106 anni di storia di Confindustria. Settemila gli imprenditori arrivati da tutta Italia che hanno incontrato Papa Francesco di cui ho proposto l'intervento nei giorni scorsi.
Padre Santo,
a nome degli industriali italiani
grazie per averci concesso ascolto.
Per noi questa è una giornata di
grande importanza : la prima udienza nella storia della nostra
Associazione, impegnata in tutta la sua storia a promuovere la
crescita economica, sociale, civile e culturale del Paese, impegnata
a fare insieme affinchè si viva in un mondo migliore, più
giusto, più corretto, più rispettoso di tutto e di
tutti.
Questo impegno oggi è quanto mai
complesso. Viviamo un’epoca carica d’incognite, perfettamente
interpretata dalle sue parole, che mi permetto di citare,
“Stiamo vivendo non tanto un’epoca di cambiamenti, ma un
cambiamento d’epoca” .
Le sue parole ci hanno spinto fin
qui.
I gravi problemi attuali mostrano
un mondo che chiede a tutti atti di responsabilità a cui gli
imprenditori per primi non possono e non vogliono sottrarsi,
ricordando l’insegnamento di Angelo Costa: “l’imprenditore
ha maggiori possibilità con la sua opera di influire sul benessere
del prossimo”.
Oggi disponiamo di mezzi di
incredibili, eppure mai come nell’epoca attuale l’essere umano
sembra solo e fragile.
Alle domande che abbiamo di
fronte, la tecnologia e la scienza non possono dare soluzione da
sole, perché la risposta sta all’Uomo, nella sua capacità di
concepire e costruire un nuovo modo di stare insieme.
Oggi, qui, dico, con senso di
umiltà e consapevolezza dei nostri limiti, che non abbiamo risposte
immediate ai grandi quesiti planetari, ma disponiamo di un bene
prezioso : l’impegno nostro e delle nostre imprese.
Questa è dote importante,
su cui costruire.
Alessandro Manzoni ha scritto che
Dio perdona tante cose e noi sappiamo bene di essere uomini, che
sbagliano come tutti. Tuttavia le tante storie, vicissitudini e
successi su cui sono state costruite le nostre imprese hanno le loro
radici più profonde nel duro lavoro e il giusto profitto, senza il
quale solidarietà è una parola vuota di senso.
Santità, Lei ci ha fortemente
sollecitati nell’Evangelii Gaudium ricordandoci che “La crisi
finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine
vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato
dell’essere umano!”. Alla ricerca di questa nuova dimensione
centrale dell’uomo, la fede, in una società incerta, è un
elemento di straordinaria importanza e vitalità e punto di
riferimento anche per chi non crede, come l’impresa e la
libera iniziativa sono componenti centrali di una società capace di
solidarietà di sostanza, a cui tutti dovrebbero appellarsi.
Grazie di cuore da tutti noi per
averci ascoltato.
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