«Prendersi cura della vita: lavoro ed economia a servizio della persona. Indicazioni e proposte dalle migliori pratiche del paese». E’ toccato al professor Leonardo Becchetti, Economista, Ordinario di Economia politica presso l'Università di Roma Tor Vergata, Membro del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani, introdotto come sempre dal Vescovo di Aosta, Mons. Franco Lovignana, proseguire il cammino del ciclo di conferenze di Fede e Scienza, ospitato, venerdì 3 novembre, al Cinema Théâtre de La Ville. Propongo qui di seguito il testo che ho pubblicato sul Coriere della Valle. Buona lettura.
1 - Dare una risposta
«Chi studia l’economia – ha esordito Becchetti – un po’ come lo scienziato è affascinato dai pianeti, dalle stelle e comprende che ci sono veramente delle armonie provvidenziali. Purtroppo a differenza dei pianeti noi quelle armonie le possiamo anche sporcare. In quanto l’economia è anche il risultato delle nostre interazioni, dei nostri comportamenti. E purtroppo le roviniamo. Ma ci sono. Il problema è come rimetterci in sintonia con quelle armonie. Per questo con le Settimane sociali di Cagliari siamo ripartiti dalla piaga del nostro Paese, cioè il lavoro. Abbiamo due milioni di Neet cioè di giovani che non studiano e non lavorano, 4,5 milioni di poveri. Parlare di lavoro oggi è affrontare il tema più delicato e importanti. Le Settimane sociali lo hanno fatto soltanto tre volte, ma in tre epoche molto significative 1946, fine della Guerra e Costituzione, 1970, Statuto dei lavoratori e oggi. Perchè oggi? Perché ci troviamo in un momento molto critico in cui la globalizzazione e l’innovazione tecnologica sembrano minacciare la possibilità di un buon lavoro e di un lavoro degno. Per la prima volta abbiamo assistito alla nascita dei lavoratori poveri. Ci sono molte persone che lavorano e non riescono a superare la soglia di povertà. Noi veniamo da un mondo in cui l’economia era abbastanza chiusa e potevamo vivere con alte tutele sindacali, alte garanzie, siamo entrati improvvisamente in un sistema aperto entrando in concorrenza con i lavoratori poveri del sud del mondo, un miliardo di persone che vive con un dollaro al giorno e ci fa concorrenza al ribasso sul costo del lavoro. E allo stesso modo l’innovazione tecnologica sembra poter fare a meno con la nuova generazione di macchine di tutta una serie di attività routinarie e ripetitive non particolarmente entusiasmanti che però prima davano lavoro. E allora la domanda è come si fa a vincere questa concorrenza forte e drammatica con il lavoratore a basso costo e con la macchina. L’altra questione da capire è che questa malattia del lavoro è figlia di una malattia ancora più profonda. Il Papa, nel messaggio che ci ha inviato a Cagliari, ha parlato di una bicicletta con una ruota sgonfia. Io uso un’immagine simile e cioè una macchina con due ruote sgonfie e due gonfie. Se infatti si prende un manuale di economia si leggono due soli grandi obiettivi che il sistema si pone: il primo è il benessere del consumatore, cioè sempre più prodotti a prezzi più bassi, e il secondo è quello di creare profitti per fare investimenti, per fare innovazione. Questi due aspetti funzionano perfettamente. Viviamo nel migliore dei mondi possibili come consumatori. Però ci sono due altre ruote sgonfie e cioè la qualità e la tutela del lavoro e l’ambiente. Per realizzare i primi due obiettivi si sacrificano i secondi. Il rapporto fra queste due forze va riequilibrato».
A questo punto
Becchetti ha illustrato il grafico ad elefante di Milanovic che mette
in relazione
la popolazione nel
mondo partendo dai più poveri a più ricchi (sull’asse
orizzontale) e il loro successo relativo negli ultimi vent’anni
(sull’asse verticale). Il grafico mostra quattro gruppi di perdenti
e quattro di vincenti e il gruppo di perdenti maggiore è proprio
quella della classe media nei paesi ricchi. Di qui il loro malessere
e il crescere delle risposte populiste. «Lì – ha spiegato
Becchetti - si concentrano gran parte dei cittadini dei nostri paesi
che prima avevano un reddito dignitoso e adesso sono scivolati verso
il basso». Per il relatore era chiaro che le Settimane sociali
dovevano cercare di dare una risposta questo.
2 - Gli Olivetti di oggi
«Abbiamo deciso –
ha proseguito il professore - di non andare a fare il solito convegno
parlando degli eroi del passato, ad esempio Olivetti, dando l’idea
che in passato qualcuno ha provato a creare una impresa a misura
d’uomo ma poi ha fallito. No. Abbiamo deciso di andare a cercare i
400 Olivetti di oggi. Chi è che oggi sta creando buone pratiche? Sta
dando una risposta, creando buon lavoro in un momento difficile come
questo? Cercatori di lavOro è stato il nostro motto da cui è nato
un logo che abbiamo consegnato al premier Gentiloni». Un’attività
portata avanti attraverso la vision dell’economia civile. «Per
riassumere la vision – ha commentato Becchetti – possiamo partire
dall’idea di generatività, cioè desiderare, far nascere,
accompagnare, lasciare andare ed è in tutti gli studi sulla
soddisfazione di vita la parola chiave che ci spiega la gran parte
degli impatti sulla felicità delle persone in giro per il mondo. In
questa logica noi abbiamo voluto creare un paradigma che pensa
all’economia in modo diverso: l’economia civile vuol dire andare
oltre una visione riduzionista della persona, dell’impresa e del
valore. Noi crediamo che la persona è capace di risolvere il famoso
dilemma di Hume come è descritto nel Trattato sulla natura umana del
1740. “Il tuo grano è maturo, oggi, - si legge - il mio lo sarà
domani. Sarebbe utile per entrambi se oggi io... lavorassi per te e
tu domani dessi una mano a me. Ma io non provo nessun particolare
sentimento di benevolenza nei tuoi confronti e so che neppure tu lo
provi per me. Perciò io oggi non lavorerò per te perché non ho
alcuna garanzia che domani tu mostrerai gratitudine nei miei
confronti. Così ti lascio lavorare da solo oggi e tu ti comporterai
allo stesso modo domani. Ma il maltempo sopravviene e così entrambi
finiamo per perdere i nostri raccolti per mancanza di fiducia
reciproca e di una garanzia”. In sintesi il racconto mette in
evidenza la realtà dei rapporti economici. Occorre decidere se
buttarsi o no. E quindi il simbolo dell’economia è il trapezio, il
dare e ricevere fiducia. In quei territori dove questo avviene si
creano reti di relazioni, organizzazioni, imprese e consorzi e si
crea ricchezza. Questo è il segreto oggi dell’economia: il
generare fiducia e la creazione di capitale sociale. La persona nella
visione dell’economia civile è quella che vive la logica che uno
più uno è uguale a tre e non uno meno uno uguale a zero. L’economia
non è una torta fissa dove se io prendo una fetta la tolgo a te, ma
un luogo dove insieme possiamo produrre un valore che si moltiplica
se ci mettiamo insieme e cooperiamo. Nell’economia civile le
imprese creano valore in maniera sostenibile e la direzione verso cui
va l’economia non è il Pil ma il Bes, il benessere, cioè lo stock
dei beni economici, culturali, ambientali, spirituali di cui una
comunità può vivere sul territorio».
3 - Buone pratiche
Becchetti ha
sottolineato come nella logica dell’economia civile sia apparso
chiaro a tutti i partecipanti alle Settimane sociali che la visione
più bella di valore è proprio quella che ci dà la Dottrina sociale
con il bene comune e che c’è una straordinaria somiglianza con la
Costituzione, cioè creare un ambiente, delle condizioni di vita in
cui le persone possano svilupparsi e garantire lo sviluppo integrale
della persona. All’articolo 3 si legge infatti che è “compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale
che impediscono la realizzazione della persona”. Questo significa
che lo Stato non deve essere una balia e laddove certe attività
possano essere fatte meglio dalle comunità locali è meglio che le
facciano loro piuttosto che lo Stato.
Con questo sfondo
ideale si è sviluppato il lavoro sulle buone pratiche. «L’Italia
– ha spiegato Becchetti - ha oggi tre polmoni fondamentali: il
primo è quello della manifattura di successo che punta sulla qualità
e necessitano di lavoro qualificato che però in Italia non si trova.
Oggi ci sono 250mila posti di lavoro vacanti cioè imprenditori che
non trovano le persone qualificate per il loro tipo di lavoro. Per
questo abbiamo proposto che cerchi di creare un maggior collegamento
tra la scuola e il lavoro con il duale. In Germania un ragazzo su tre
che esce dalla scuola ha già fatto un percorso molto solido
all’interno del mondo del lavoro, almeno 200-300 ore. E nelle
migliori pratiche, anche in Italia, gli imprenditori lungimiranti del
loro territorio progettano assieme agli Istituti tecnici, alle scuole
dei percorsi formativi per poter avere quelle persone di cui hanno
bisogno. Il secondo polmone del Paese è quello socio-sanitario,
assistenziale. Se si prende uno studio dell’Unione europea tutti
segnalano servizi alla persona, agli anziani, come uno dei settori in
forte sviluppo. La materia prima in Italia è enorme, la domanda
pagante c’è. Una delle migliori buone pratiche censite è Civitas
Vitae di Padova, un quartiere intero costruito per favorire
l’incontro tra le generazioni e favorire la generatività dei
longevi. Ci lavorano 500 persone. Ci sono asili nido, scuole,
palestre ed è un luogo fatto per costruire queste relazioni. Il
terzo polmone è quella che chiamo scherzosamente la Montalbano
economics, cioè quell’insieme di arte, storia, cultura,
biodiversità gastronomica, slow living che tutti ci invidiano, cioè
ciò che piace dello stile di vita italiano. Tenete conto che il
mondo di oggi è fatto di territori che competono fra di loro per
attrarre flussi, di visitatori, di turisti, di capitali. Oggi si può
cercare di costruire delle realtà che valorizzano il proprio
territorio. Se un territorio cresce diventa attrattivo e questo
genera ricadute per tutti. Un esempio molto bello è Ragusa che con
Ragusa Ibla è diventata patrimonio dell’Unesco, Matera che è
diventata capitale della cultura, o la Cooperativa La Paranza che ha
ridato vita al Rione Sanità a Napoli riaprendo le catacombe, ma
tanti altri borghi che vengono valorizzati e rivitalizzati e
diventano attrattivi, combattendo il pericolo dello spopolamento. Un
altro filone molto importante sono le cooperative di reinserimento
lavoro. Un altro grande tema è quello della rigenerazione dei
tessuti urbani o delle zone abbandonate ad esempio gli orti
compensativi a Genova dove chi si dedica alla rigenerazione di un
territorio diventa proprietario di una parte di ciò che ha lavorato.
Un altro aspetto molto interessante e tutto ciò che si fa in termini
di modulazione dei tempi fra lavoro e vita. La rete ci dà la
possibilità di non dover lavorare tutti insieme nello stesso tempo e
nello stesso luogo e quindi lavoro agile, smart working. Oggi abbiamo
la possibilità di modulare in maniera più armonica i quattro
momenti fondamentali della nostra vita: lavoro, tempo libero,
formazione permanente e cura delle relazioni». Per il relatore un
esempio particolarmente significativo è il Comune di Bolzano che
propone un centinaio di tipologie di contratto di lavoro che tengono
conto del particolare stato di vita del dipendente. Un altro tema
evidenziato è il ripopolamento dei piccoli centri. «L’Italia si
sta spopolando ed ha una natalità bassissima e neanche gli stranieri
che arrivano compensano questa perdita di natalità. Su questo – ha
spiegato il relatore - sono molto interessanti le politiche di
insediamento urbano che stanno portando avanti alcuni sindaci, cioè
cercare di attirare quelle persone straniere che vedono l’Italia
come un luogo dove venire a trascorrere l’ultima parte della loro
vita dopo la pensione. Ma ci sono anche servizi sociali che le
comunità locali possono fare meglio dello Stato e a costi più
bassi. Negli Stati Uniti in molti casi i penitenziari sono affidati a
comunità religiose, associazioni e gruppi in quanto si riconosce che
sono più motivati nell’ottenere la rieducazione e la riduzione
della recidiva. In Italia a Lecce abbiamo Made in carcere dove
attraverso il lavoro all’interno del penitenziario la recidiva
femminile si è ridotta del 70%. Se la burocrazia fosse meno
soffocante anche l’Italia sarebbe molto avanti da questo punto di
vista e con un risparmio per lo Stato è molto importante. Con il
Budget di salute la Fondazione comunitaria di Messina ha dimostrato
che è possibile gestire una persona con disabilità psichiche con un
costo minore rispetto ad una struttura dove questa viene imbottita di
farmaci. E ancora Housing first, esperimento con i fissa dimora
iniziato negli Usa ma con qualche primo esempio anche in Italia, dove
ci si è resi conto che è meno costoso assicurare a un senza fissa
dimora una casa piuttosto che mantenerlo per strada». Un altro
modello che si sta sviluppando anche nel Sud Italia è quello delle
Fondazioni comunitarie che a fronte di un progetto e di una raccolta
di fondi effettuata dai soggetti interessati si impegna a raddoppiare
la cifra per dare gambe al progetto.
4 - Le proposte
Dalle buone pratiche
si è arrivati alle proposte fatte al Presidente del Consiglio
Gentiloni e al Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. «Per
quanto riguarda l’Europa – ha commentato il professore –
abbiamo manifestato la necessità di una Banca centrale europea che
come la Federal reserve americana metta al centro il tema
dell’occupazione, mentre adesso si occupa per Statuto soltanto di
inflazione. Ci vogliono forme di mutualità del debito progressivo.
Bisogna fare passi avanti nella tassazione dei giganti digitali che
fanno lavoro qui ma poi spostano i ricavi nei paradisi fiscali.
Occorre una certa attenzione anche sul fronte degli investimenti
europei, soprattutto quelli ad alto moltiplicatore. Concentrandoci
poi sull’Italia abbiamo ricordato a Gentiloni che devono essere
rimossi gli ostacoli a chi può creare lavoro. Il Paese è
caratterizzato da una burocrazia soffocante e lenta. Abbiamo una
giustizia civile che ha tempi biblici e una attenzione inferiore, ad
esempio, agli Stati Uniti, alle Pmi e all’impresa artigiana che
sono il centro pulsante della vita del Paese. Negli Stati Uniti c’è
una corsia preferenziale sugli appalti per le piccole imprese perché
si riconoscono che gareggiano non ad armi pari con le grandi, c’è
una small business autority che decide se un pezzo di
regolamentazione può essere o no applicata ai piccoli. L’Italia
continua – e i dati ultimi sono impietosi – a segnare segno più
per il credito alle grandi imprese e meno per le piccole. Una delle
quattro grosse proposte fatte al Premier è quella di un patto
generazionale fra le generazioni adulte anziane e i giovani. Noi
abbiamo generazioni adulte-anziane patrimonializzate con risorse e
giovani che non trovano lavoro senza capitali per far partire
un’attività economica. Bisogna mettere in contatto questi due
mondi. In questo senso l’idea dei piani individuali di risparmio
dove un anziano investe in un fondo che va a dare capitale di rischio
nelle piccole e medie imprese quotate è interessate, ma per noi è
troppo poco e riteniamo che debbano arrivare anche alle imprese non
quotate attraverso strumenti nuovi come già si fa in Inghilterra».
Becchetti ha posto come altro tema fondamentale la necessità di una
rete di protezione universale per le persone vulnerabili, ma non deve
essere soltanto reddito perché non dà dignità, e questa si
raggiunge quando la persona è anche utile agli altri. «Noi perciò
– ha precisato il relatore - proponiamo sì un reddito di
inclusione, partito in Italia per ora con poche risorse cioè un
miliardo rispetto ai 7 che sarebbero necessari per portare almeno
tutti i poveri alla soglia di povertà, ma accompagnato da una presa
in carico dalle realtà locali del territorio. Deve essere
accompagnato da una relazione. Un po’ come succede in Puglia dove
c’è il tirocinio di attivazione. Puoi avere questo reddito ma
soltanto se partecipi ad un progetto di reinserimento nel mondo del
lavoro e della società. In questa maniera c’è anche il contrasto
al lavoro nero. Un’altra priorità per noi è la cultura. Per me il
ministro all’economia più importante in Italia è quello ai Beni
culturali, in quanto la cultura è un volano impressionante di
turismo, di manifattura e quindi è una filiera enorme e lavorare per
favorirla è fondamentale. Anche qui ci sono degli strumenti, cioè
incentivi fiscali, che facilitano la creazione di territori
attrattivi in questa concorrenza internazionale».
5 - La radice del
problema
Per riequilibrare la
famosa auto con due ruote gonfie e due sgonfie di cui scrivevamo
all’inizio per Becchetti sono necessari tre strumenti. «Il primo è
quello del voto con il portafoglio di noi cittadini. Noi abbiamo un
potere enorme e possiamo premiare le aziende che sono sostenibili,
che danno dignità al lavoro, che tutelano l’ambiente. Il vero
potere non ce l’hanno i sindacati, gli stati ma i risparmiatori. Il
mondo è governato dai consumi e dai risparmi. Abbiamo questo potere
ma non siamo in grado di usarlo per il nostro interesse. Di
conseguenza bisogna creare questi strumenti informativi per aiutare
le persone a scegliere. Per questo abbiamo creato una rete che si
chiama Next, che raggruppa tutte le associazioni della società
civile italiana che lavorano sul tema della responsabilità sociale,
per questo abbiamo slogan che dicono “attraverso le tue scelte puoi
cambiare il mondo”. In giro per l’Italia abbiamo anche fatto
degli esperimenti per verificarlo. Oxfam ha realizzato una classifica
sulle dieci più grandi aziende alimentari mondiali dando delle
pagelle in merito al loro comportamento sul fronte ambientale e del
rispetto dei lavoratori. Abbiamo posizionato questa classifica
all’interno di venti supermercati in Italia e abbiamo misurato nei
quattro mesi successivi il comportamento dei consumatori senza
modificare nient’altro. La gente ha premiato le aziende in cima
alla classifica e ha penalizzato quelle in fondo con una perdita di
quote di mercato del 16%» ha spiegato Becchetti. Sempre in questa
logica attraverso un video il relatore ha presentato EyeOnBuy,
un
progetto
online
(una sorta di tripadvisor della responsabilità sociale) che
mira a valorizzare
la sostenibilità ambientale e sociale delle aziende virtuose
attraverso il coinvolgimento dei cittadini nella loro veste di
consumatori. Nato nel contesto di NeXt
– Nuova Economia per Tutti,
EyeOnBuy
punta a costruire un modello economico sostenibile e partecipato,
in cui il dialogo tra le imprese e i consumatori diventi centrale per
la costruzione
di un processo di sviluppo comune e
in grado di generare benefici per tutta la società.
EyeOnBuy
vuole essere una piattaforma partecipata, in
cui l’azione e le scelte dei cittadini/consumatori possono fungere
da feedback per le aziende ma
anche da guida, fornendo indicazioni e suggerimenti sul miglioramento
delle strategie in senso responsabile. Il progetto, quindi, si
rivolge e coinvolge sia i cittadini che le aziende: i
cittadini possono verificare e valutare le aziende in
base ai loro comportamenti, sulla base dei commenti e delle
esperienze degli utenti possono orientarsi nella scelta dei propri
acquisti, e possono trovare nella piattaforma un canale per i
reclami; le
aziende possono trovare informazioni utili su quello che pensano i
consumatori e su come migliorare le proprie strategie,
e possono essere premiate sulla base delle azioni sostenibili sul
piano sociale e ambientale, aumentando così la loro reputazione.
«Nel futuro la società più importante sarà quella che dà le
patenti – ha aggiunto Becchetti – la sfida che vogliamo portare
in Italia è far sì che questo possa nascere dal basso, dalla rete
della società civile. A Cagliari abbiamo anche ricordato che a
votare con il portafoglio è anche lo Stato. Il 20% degli acquisiti
sono pubblici e uno Stato che si pone l’obiettivo del benessere dei
cittadini può fare degli appalti al massimo ribasso? Questa
tipologia di appalto fa vincere l’azienda più aggressiva, che
riesce di più a comprimere i costi del lavoro, la tutela
dell’ambiente, magari paga le tasse altrove e poi ti fa riaprire
l’appalto perché ha barato e non riesce a rispettare quei prezzi.
E’ dunque un errore. Sappiamo che c’è stata una riforma del
Codice degli Appalti che ha detto che bisogna passare dal massimo
ribasso all’offerta più vantaggiosa cioè che tiene conto dei
criteri ambientali, sociali e fiscali minimi. Noi abbiamo chiesto
però di abbandonare l’ottica del massimo ribasso che ancora
caratterizza il 60% degli appalti in Italia. A questa proposta ne
abbiamo aggiunta anche una in merito alla rimodulazione dell’Iva e
il tema, che ho portato in Parlamento con Legambiente, è stato
questo: l’Iva deve essere intelligente e premiare le filiere che ci
portano verso il futuro, verso la sostenibilità ambientale e dignità
del lavoro, e penalizzare quelle del passato. Per esempio l’economia
circolare deve avere una Iva al 4%. Va usata per favorire la
transizione verso un nuovo modello economico».
6 - Il percorso
Ma per Becchetti il
valore maggiore di Cagliari è stato sicuramente il metodo, il
percorso. «E’ possibile mettere in moto un percorso di
cittadinanza attiva, di partecipazione, che ci rende più generativi,
più ricchi di senso. Un futuro in cui vogliamo creare un percorso
fondato su questi verbi: partecipare, informare, disseminare,
innovare e condividere. Di conseguenza il percorso di cercatori di
lavoro continua con questo tipo di attività: si va sui territori a
cercare le buone pratiche, si ritorna e si riformulano le proposte e
poi si ritorna sui territori attraverso dei laboratori progettuali
Ancora mettersi in cammino, laboratori territoriali e proposte di
policy. I laboratori sono su quattro temi fondamentali: il primo è
sulla creazione di valore economico sostenibile, vedere una volta
compresi i bisogni se le buone pratiche sono riproducibili; il
secondo è quello del comunicare ed è molto importante, in
particolare per quanto riguarda la presenza sui social; il terzo è
sul capitale sociale, sulla costruzioni di relazioni e, infine, la
cittadinanza attiva cioè il voto con il portafoglio».
Il professore ha
concluso il suo intervento citando Papa Francesco che nella Evangelii
Gaudium dice il tempo è superiore allo spazio. «In Fisica non vuol
dire nulla, ma nella vita spirituale ha un significato molto
importante. Il principio della generatività ci dice che il magis
dell’azione politica non sta nell’occupare spazi tanto per
occuparli ma nel creare processi di cambiamento, cioè privilegiare
azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono
altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché
fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però
con convinzioni chiare e tenaci. Noi abbiamo visto Cagliari come
tutto questo cioè mettere in moto dei percorsi che possano avere un
futuro. E il dopo Cagliari ci dirà se ci siamo riusciti oppure no».
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