1 marzo 2018

E’ arrivata l’#etichetta per #Pasta e #Riso (#mossoni10)

Prosegue la via della trasparenza alimentare. Si tratta di una “guerra” lunga e difficile che, come già accennato in altre occasioni, mette in evidenza quali e quanti siano gli interessi che l’industria agroalimentare – certo non tutta – mette in campo contro la trasparenza auspicata da consumatori e produttori. Nella generalità dei casi, dietro le indicazioni e le norme Comunitarie, si nasconde quella forte azione di lobby che tende a generalizzare e uniformare le produzioni, a nascondere le identità territoriali e le specificità che, invece, vengono esaltate anche quotidianamente accendendo la televisione dove i grandi Chef sono diventati star mediatiche e le trasmissioni “salutiste” si sprecano.
Si deve dare atto a Coldiretti di essere stata certamente tra i primi organismi di rappresentanza sociale a muoversi nella direzione della trasparenza. Nel “lontano” 2004, infatti, oltre 1,5 milioni di firme autenticate sono state depositate per una iniziativa di legge popolare che è poi sfociata nella legge n.204 del 3 agosto 2004, appunto sulla trasparenza dell’origine della materia prima.
La legge ha avuto molte opposizioni – dalla rappresentanza dell’ Industria Alimentare in particolare – che si è appellata, anche più volte, alla Commissione Europea ma la volontà dei consumatori ha tracciato una via che potrà essere rallentata ma non fermata. La sentenza del TAR del Lazio che ritiene “prevalente l’interesse pubblico ad informare i consumatori considerato anche l’esito delle consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del paese di origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario” ha indicato una direzione ben precisa.

La tracciabilità è ormai obbligatoria per molti alimenti e, proprio nel mese di Febbraio, entreranno in vigore le indicazioni per pasta e riso, due fondamentali produzioni nazionali di grande risalto sia per il consumo interno che per l’Export. Un pacco di pasta imbustato in Italia su tre che è fatto con grano straniero, fenomeno che ha provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione, con una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono per un territorio di 2 milioni di ettari coltivati. Ma l’etichetta darà ossigeno anche ai risicoltori italiano, “assediati” dagli arrivi di prodotto straniero, una  vera e propria invasione di prodotto dai paesi asiatici, da dove proviene ormai la metà del riso importato. Il risultato è che le quotazioni del riso italiano, per gli agricoltori, sono crollate dal 58% per l’Arborio e il Carnaroli al 37% per il Vialone nano, senza peraltro avere effetti sui prezzi al consumo. 

Secondo quanto previsto dal decreto, dal 17 febbraio le confezioni di pasta secca prodotte in Italia devono avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”. L’indicazione in etichetta dell’origine per il riso è scattata il 16 febbraio e deve riportare le diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e “Paese di confezionamento”. Qualora le fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento del riso avvengano nello stesso Paese, può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita dal nome del Paese. In caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi, possono essere utilizzate le diciture “UE”, “non UE”, ed “UE e non UE”.

Ricordiamo che dal 19 aprile 2017 è d’obbligo indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro. A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto. Dopo pasta, riso e pomodoro resta però ancora da etichettare con l’indicazione dell’origine 1/4 della spesa alimentare degli italiani dai salumi ai succhi di frutta, dalle confetture al pane, fino alla carne di coniglio.

Poi, come sempre, ai consumatori la scelta.

Ezio Mossoni


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