Siamo in presenza di un fenomeno crescente di "femminilizzazione" della società: la sempre maggiore presenza di imprese guidate da donne può rappresentare un modello diverso di gestione e organizzazione del tempo e delle relazioni tra le persone e con l'ambiente. Vuole accompagnare questa riflessione il volume, edito da Città Nuova, e scritto da Mons. Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, e Michele Colasanto, docente di sociologia all’Università Cattolica di Milano, dal titolo «Il genio femminile e l’impresa». Un volume composto da una serie di contributi rappresentativi di un percorso che è possibile collocare nell'orizzonte del progetto culturale sul quale la Chiesa italiana è impegnata da tempo che affrontano il tema da diversi punti di vista disciplinari e di "esperienza sul campo". Fra gli interventi segnaliamo quello dell’economista Vera Negri Zamagni, docente di storia economica alla Facoltà di Economia dell’Università di Bologna, intitolato «Donne e lavoro un manifesto per donne imprenditrici» di cui ci occuperemo più diffusamente nel prossimo numero del Corriere della Valle d'Aosta. Qui di seguito ospitiamo un’intervista all’economista tratta dal sito della Regione Emilia Romagna. Un'occasione per riflettere insieme su cosa significhi imprenditoria femminile in Italia e nella nostra regione.
Responsabilità sociale una riflessione di Vera Negri Zamagni
Studiosa delle forme assunte dal processo di sviluppo economico in Italia, la docente universitaria invita imprese e territori ad un impegno importante per la qualità della vita e del lavoro. Liberarsi da consuetudini sedimentate in secoli di storia implica uno sforzo di cambiamento condotto con grande determinazione. Se il recupero - formale - dei diritti da parte delle donne ha raggiunto il suo traguardo nelle società occidentali, è ancora da percorrere la strada della conquista dell’effettivo esercizio delle opportunità garantite sulla carta equamente a uomini e donne. La riflessione non esclude la sfera privata, in cui, in Italia più che altrove, la distribuzione dei compiti penalizza le donne, che scontano le crepe di un’organizzazione del lavoro che non si è adeguata, nel complesso, ai progressi “morali” delle società. Un boomerang, che inibisce la motivazione a creare legami stabili e a mettere al mondo dei figli, per poter perseguire il desiderio di realizzazione e di valorizzazione dei propri talenti.Vera Negri Zamagni, docente di storia economica alla Facoltà di Economia dell’Università di Bologna, in un saggio dal titolo “Donne e lavoro: un manifesto per donne imprenditrici”, pubblicato quest’anno nel volume Il genio femminile e l’impresa (a cura di P. Tarchi e M. Colasanto, Roma, Città Nuova) affronta i temi delle responsabilità che coinvolgono imprese, istituzioni, associazionismo e famiglie per un importante cambio di mentalità: esistono, infatti, sfere di interessi comuni a famiglie e imprese che ha senso considerare insieme, per attivare circoli virtuosi in cui al centro degli scambi economici sia il riconoscimento dei talenti di ognuno e l’adesione responsabile al lavoro.
Responsabilità sociale una riflessione di Vera Negri Zamagni
Studiosa delle forme assunte dal processo di sviluppo economico in Italia, la docente universitaria invita imprese e territori ad un impegno importante per la qualità della vita e del lavoro. Liberarsi da consuetudini sedimentate in secoli di storia implica uno sforzo di cambiamento condotto con grande determinazione. Se il recupero - formale - dei diritti da parte delle donne ha raggiunto il suo traguardo nelle società occidentali, è ancora da percorrere la strada della conquista dell’effettivo esercizio delle opportunità garantite sulla carta equamente a uomini e donne. La riflessione non esclude la sfera privata, in cui, in Italia più che altrove, la distribuzione dei compiti penalizza le donne, che scontano le crepe di un’organizzazione del lavoro che non si è adeguata, nel complesso, ai progressi “morali” delle società. Un boomerang, che inibisce la motivazione a creare legami stabili e a mettere al mondo dei figli, per poter perseguire il desiderio di realizzazione e di valorizzazione dei propri talenti.Vera Negri Zamagni, docente di storia economica alla Facoltà di Economia dell’Università di Bologna, in un saggio dal titolo “Donne e lavoro: un manifesto per donne imprenditrici”, pubblicato quest’anno nel volume Il genio femminile e l’impresa (a cura di P. Tarchi e M. Colasanto, Roma, Città Nuova) affronta i temi delle responsabilità che coinvolgono imprese, istituzioni, associazionismo e famiglie per un importante cambio di mentalità: esistono, infatti, sfere di interessi comuni a famiglie e imprese che ha senso considerare insieme, per attivare circoli virtuosi in cui al centro degli scambi economici sia il riconoscimento dei talenti di ognuno e l’adesione responsabile al lavoro.
Lei riconosce un ruolo importante alle donne che fanno impresa…
Le imprenditrici hanno spezzato il dualismo tradizionale tra lavoro e famiglia e il loro impegno nell’attività imprenditoriale dimostra la possibilità di conciliare sfera pubblica e privata. Si sono “prese” la possibilità di sperimentarsi in posizioni di responsabilità e di misurarsi con le complessità. Le difficoltà che si incontrano, tuttavia, devono spingerle in quanto pioniere in terreni tipicamente non loro ad un impegno serio perché il sistema prenda in carico le esigenze delle donne nel lavoro oggi.
Si riferisce alla necessità di veder riconosciute le proprie capacità?
Anche. Ma non è solo una questione di riconoscimento, le donne oggi hanno la possibilità di formarsi e di specializzarsi: è nell’attività professionale che assetti rigidi - e maschili per secoli -frenano la possibilità di esprimere i propri talenti e vocazioni. Le esigenze delle donne sono, poi, quelle delle famiglie, perciò delle società tutte, e riguardano il modo di tenere insieme gli impegni di cura familiare e quelli professionali. La casa è di tutti quelli che ci abitano, quindi tutti, dal più piccolo al più anziano, devono contribuire al lavoro domestico. Per questo non condivido l’idea di remunerare il lavoro delle casalinghe: questo è un ambito in cui tutti devono collaborare, non è un lavoro ma un’esigenza comune di buon vivere. Non è una cosa di cui deve caricarsi ancora solo la donna.
Quali segnali positivi individua?
Sicuramente i segnali di flessibilità nell’organizzazione del lavoro, sia per quanto riguarda i modi che i tempi, sono indicatori di modernità. Tempi e modi studiati per andare incontro alle esigenze produttive compatibilmente con la capacità di lavoro di donne e uomini che hanno interessi e occupazioni anche familiari, penso ai posti di lavoro “condivisi”, il part time quindi, ad orari di lavoro flessibili, o al telelavoro, che può anche diventare l’alternativa a congedi per motivi familiari.
Sono prassi diffuse sul territorio?
Non tanto. È evidente che un’organizzazione più articolata e complessa del lavoro è molto più realizzabile per una grande impresa, sul territorio invece la realtà imprenditoriale, in particolare femminile, è ancora infinitamente minuta e le sofferenze delle microimprese sono note…
Quali politiche sono, secondo lei, opportune, per facilitare le performance delle imprese femminili?
Beh, ritengo sia importante sostenere il consolidamento delle imprese esistenti, attraverso sistemi di affiancamento e tutoraggio, ma anche con un impegno per la loro strutturazione. È inoltre fondamentale sensibilizzare alle necessità di rendere flessibili i tempi e i modi di lavoro, per evitare la discontinuità lavorativa e rendere più produttiva l’organizzazione attraverso sistemi innovativi di divisione del lavoro. È necessario che tutto il sistema delle imprese e dei servizi si parli, per trovare soluzioni che snelliscano le problematiche connesse, ad esempio, alla mobilità, agli asili, alle esigenze di cura di bambini e anziani. La trasversalità delle politiche è un’esigenza del nostro sistema, che a volte resta imbrigliato in “competenze” delle varie politiche che non aiutano il progresso delle società.
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