«Occorre che il programma amministrativo privilegi la prevenzione piuttosto che la cura, l’assistenza, o la rimozione del disagio». Sono parole dette dall’Avvocato Giovanni Salghetti-Drioli, già sindaco di Bolzano, in occasione dell’incontro, promosso da Mons. Giuseppe Anfossi, in collaborazione con il Celva, come momento di formazione per i sindaci valdostani. Il tema era particolarmente specifico: «Il ruolo del Sindaco nella società che cambia – gli equilibri sociali tra identità e integrazione». Eppure alcuni passaggi, come quello appena citato,
ben si adattano all’amministratore tout court. Salghetti-Drioli proseguiva sottolineando «come la qualità della vita non dipende solo dal livello di istruzione e di formazione, ma dalla forza morale, dalla fiducia in se stessi, dallo spirito di sacrificio, dalla capacità di risparmio e di resistenza al consumismo, dal grado di conoscenza dei servizi socio-culturali, dal senso civico». Un futuro che rischia di essere compromesso però dalla bassa natalità e da una società che inevitabilmente invecchia. E’ un’intuizione non nuova per la nostra Diocesi. Nel 2003, infatti, con il contributo degli uffici pastorali, proponemmo sulle colonne del Corriere un appello-riflessione in vista della tornata elettorale per chi desiderava dialogare con la comunità cristiana. Un testo che, purtroppo, non ebbe nel dibattito politico la eco che meritava. Anche allora si parlava di immagini di futuro e vi era un punto che ritornava più volte: l’immagine del villaggio, che insieme richiama al passato e si proietta nella società globale. «Vorremmo
poter definire la Valle d’Aosta – si leggeva – non già un’isola felice, ma un piccolo villaggio del mondo globale,villaggio che si onora di essere abitato da gente sobria, solidale, accogliente». E nel testo era espresso l’auspicio «di ritornare ad essere una comunità solidale, come quella che sapeva organizzare la vita di villaggio con il lavoro volontario di tutti e che ha costruito sentieri, canali, terrazzamenti e chiese in ogni villaggio». Un luogo che non fa del guadagno il proprio metodo di misura, che sa vivere con intelligenza e creatività le proprie tradizioni. Un luogo che vive il turismo come un’occasione privilegiata di mettere in pratica il valore cristiano dell’accoglienza. «Un luogo – era scritto – di rispetto e di dialogo, di accoglienza e di proposta di qualità, che offra ai turisti il meglio della propria cultura basata sulla collaborazione e sulla cooperazione». Oggi lo scenario regionale ci mostra troppo spesso un eccesso di individualismo che da danno per la comunità sempre più diventa danno perfino per il singolo che se ne fa interprete. E’ curioso come un testo rivolto ai politici parlasse prima di tutto al popolo che abitava fra quelle montagne. E, in realtà, anch’io oggi, dopo aver scritto ai futuri consiglieri, voglio rivolgermi a voi, cittadini valdostani, perché si può aver scelto la classe politica cui affidare il futuro della nostra regione ma non si può venire meno al dovere di una cittadinanza consapevole. Un dovere fatto di vigilanza e di amore per la propria regione senza spirito di parte, di disponibilità a dare il proprio contributo alla pubblica opinione, magari anche dalle pagine di questo settimanale. (Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 5 giugno)
Il crinale fra protesta e democrazia
10 mesi fa
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