Ho chiesto a Gilles Quey, il mio «corrispondente londinese», di offrirmi le sue riflessioni sul G20 che si sta tenendo nella City. Data l'attualità dell'evento eccezionalmente pubblico il suo scritto prima sul blog e poi sul Corriere della Valle. Qui trovate le altre puntate.
Lasciamo momentaneamente perdere i motivi di questa crisi e gli strumenti attraverso la quale si è propagata per occuparci di un tema di attualità: il G20 di Londra.
Un fatto nuovo
Comincerei col dire che l’organizzazione di un evento che riunisce i paesi che rappresentano circa l’80% della ricchezza mondiale è un fatto di per sè nuovo se comparato al più noto G8 e fornisce una chiara indicazione sulla necessità di trovare rimedi e soluzioni su vasta scala, per un sistema economico fortemente interconnesso ed oramai globalizzato.
Le aspettative sono alte ed i malumori pure poiché, anche se non è mia intenzione soffermarmi sulle guerriglie che si sono sviluppate per strada in prossimità della Bank of England, è invece notorio che l’aggravarsi della crisi ha creato delle tensioni sociali molto forti che hanno indotto l’MI5 (il servizio di intelligence inglese) a porre il rischio sociale nel Regno Unito ad un livello di guardia superiore rispetto alla minaccia del terrorismo internazionale. A questo aspetto va aggiunta la pericolosa deriva cui si assiste in Francia, paese nel quale il sequestro di dirigenti è oramai all’ordine del giorno.
Un po' di concretezza
Ma veniamo ad i contenuti di questo summit ed a cosa di concreto questo tipo di eventi puo produrre. Inizierei con una panoramica di quelle che sono le leve di azione di uno Stato e di una banca centrale su di una economia.
Esistono due tipi di strumenti:
i) La politica fiscale, che ha come veicoli la spesa statale e le tasse, ed è gestita dallo Stato
e
ii) La politica monetaria,
che ha come leve la massa di liquidità ed i tassi di interesse ed è invece in mano alle banche centrali. Fino ad ora si è proceduto ad una visione «nazionale», o per area valutaria delle politiche monetarie e fiscali di cui si occupano i singoli stati o le banche centrali come la BCE, la FED la BoE ecc.... ciò che è successo e la situazione che stiamo attraversando impongono oggi una visione globale e possibilmente unificata delle politiche in maniera tale da aumentarne la forza d’urto su un sistema che possiamo definire unico. Questo tipo di visione unitaria si è già intravisto per quanto riguarda le politiche monetarie, e dunque le banche centrali, con manovre congiunte sui tassi si interesse e di immissione di liquidità ma tali misure stanno oramai esaurendo la propria utilità e comunque non influenzano direttamente i consumi che sono il vero motore di ogni economia reale.
Le politiche fiscali, gestite invece dai singoli stati, sono molto più difficili da attuare unitariamente, poiché, se da un lato è vero che sono attualmente indispensabili a garantire la ripresa dei consumi (pensiamo ad esempio al taglio di due punti percentuali sull’IVA fatto in Inghilterra che impatta direttamente il prezzo del prodotto per il consumatore), d’altro lato rispondono a peculiarità dei singoli paesi, a differenza di politiche monetarie che impattando sul mercato dei capitali hanno ad oggetto un sistema globale per definizione.
Obama vs Sarkozy-Merkel
Ci sono mercati del lavoro differenti ed in genere modi di intervenire e di concepire il ruolo dello Stato completamente diversi. Prendiamo ad esempio gli ammortizzatori sociali italiani come la cassa integrazione, comparati con l’assenza degli stessi in un’economia come quella a stelle e strisce. Uno stato potrà scegliere dunque di investire in ammortizzatori sociali piuttosto che aumentare unicamente la spesa pubblica tramite commesse di stato ecc.....per questo ritengo le politiche fiscali legate ad aspetti culturali e più difficilmente allineabili. Tale diversità nel concepirle è anche alla base della differenza di vedute tra il presidente Obama ed il duo Sarkozy-Merkel.
Si è parlato infine molto delle nuove regole che dovrebbero impedire in futuro il ripresentarsi di situazioni come quella che stiamo attraversando ed a tale proposito non ritengo che sia un tema prioritario poiché è perfettamente inutile fissare delle regole fintanto che i mercati non si siano stabilizzati e il sistema non abbia ripreso a funzionare regolarmente, pertanto tali regolamentazioni non ci aiuteranno per ora ad uscire dalla crisi anche se saranno fondamentali in futuro.
Una presa di coscienza
Concludendo sono perplesso circa l’utilità di un summit come quello in corso ma lo ritengo estremamente significativo per la presa di coscienza della crisi come fenomeno globale, che richiede dunque risposte altrattanto globali, ed in cui un massimo di paesi possano esprimere la loro visione sul come affrontarla anche se - magari sono affezionato a visioni semplicistiche - solo la ripresa dei consumi e la ripartenza dell’economia reale potrà veramente tirarci fuori da questo tunnel.
Il crinale fra protesta e democrazia
10 mesi fa
2 commenti:
La ripresa dell'economia corrisponde alla ripresa dei consumi. Le masse consumano se hanno un lavoro e stipedi adeguati al costo della vita. Dunque: nessuna speranza, almeno non in Italia e non con questo governo.
http://francobrain.ilcannocchiale.it
Concordo col commento di sopra: "Le masse consumano se hanno un lavoro e stipedi adeguati al costo della vita.".
Sono fiducioso che molte industrie italiane lasceranno Cina, India, Brasile e Polonia per ritornare in Italia :)
http://italianconnection.blogspot.com/
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