«Sul fronte dei pagamenti le misure anticrisi 2009 per il settore zootecnico sono già state tutte liquidate, mentre i contributi per le aziende di trasformazione stanno arrivando in questi giorni. Un aiuto importante per un anno difficile». Ezio Mossoni, direttore di Coldiretti, dal suo osservatorio privilegiato (è la più rappresentativa organizzazione di rappresentanza agricola regionale con quasi 5000 aderenti tra titolari, pensionati e coadiuvanti) guarda alla festa della Désarpa (la discesa a valle degli allevatori con le mandrie al termine della stagione) che sarà celebrata, domani, Domenica 26 settembre ad Aosta come ad un giorno di tregua per il mondo agricolo.
La manifestazione, giunta alla sesta edizione, per un giorno fa transitare, come avveniva un tempo, le mandrie per le centralissime vie di Aosta, un corte accompagnato da gruppi folkloristici e numerose iniziative collaterali. Dati alla mano il trend negativo del settore è sotto gli occhi di tutti e, per certi aspetti, paradossalmente la crisi economica, lo ha acuito in maniera meno pesante degli altri settori. «Quindici anni fa – prosegue Mossoni – le aziende gestite da professionisti erano circa 4000 oggi sono la metà. L’archivio regionale ne censisce 3000 ma molti ormai sono part time».
Il peso sul Pil del settore, rilevato dall’ultima relazione di Banca d’Italia, è dell’1,6% pari a 45,4 milioni. Nel 2009 le imprese cessate sono state 177 contro 56 iscritte a fronte di 2037 imprese attive. Ma c’è un numero che più di tutti dà l’idea delle difficoltà del settore. Ben 1262 aziende (il 60% di quelle attive) hanno ottenuto gli aiuti anticrisi in attuazione del programma regionale di igiene e benessere animale negli allevamenti della Valle d’Aosta, ai sensi della legge regionale n. 2/2010 e della deliberazione della Giunta regionale n. 3101/2009. Si tratta di aiuti – di importo limitato fino a 15 mila euro – per un valore complessivo di oltre 4 milioni e 800 mila euro.
Alla crisi c’è una soluzione? Mossoni intravvede un’unica via d’uscita. «Il problema non sono, come spesso si dice, i costi troppo alti, dovuti alla montagna. Occorre in realtà aumentare la redditività. I nostri sono prodotti di nicchia e sui prezzi, a patto che ci sia qualità, è possibile operare. Il fatto che la fontina - in controtendenza con il comparto caseario nazionale – ci stia riuscendo è la miglior conferma che si tratta di una strada percorribile».
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