3 maggio 2012

Anselmet Propone un Bianco per conquistare i Bar valdostani

L'autore di questo blog (a sinistra) con Renato Anselmet negli studi di registrazione di Radio Proposta in Blu
Nei giorni scorsi a Impresavda ho intervistato Renato Anselmet, produttore vitivinicolo
di Villeneuve. L'intervista è stata proposta anche la scorsa settimana sul Corriere della Valle. Ti invito a tenere d'occhio questo blog perché nei prossimi giorni provvederò alla premiazione della seconda edizione del Concorso di miglior produttore di vino valdostano, vinto proprio dall'etichetta Anselmet.

Diamo un po' di numeri: quante bottiglie producete, quanto ettari coltivate, quanto autoctono e quanto internazionale?
Produciamo tra le 60-65mila bottiglie all'anno in base alla stagione. Abbiamo 7 ettari di vitato e produciamo un 60% di autoctono e un 40% di internazionale.

Da quante generazioni?
Già mio nonno aveva un surplus di produzione. Ovviamente trafficava in damigiane, non imbottigliava. Mio papà l'ha seguito e quando è mancato io ho cercato di valorizzare questo prodotto imbottigliandolo ed etichettandolo

E ora c'è suo figlio…
Nel 2001 ho passato la mano e c'è mio figlio che proviene dall'Institut agricole e si è fatto un'esperienza in varie altre realtà vitivinicole valdostane.

Come è andata l'ultima vendemmia?
Purtroppo non è andata molto bene. Abbiamo avuto a fine agosto una violenta grandinata in tutta la zona - da Villeneuve fino a Gressan- che ha distrutto molta uva e meli. Ci stiamo sempre più tropicalizzando dal punto di vista climatico temo perciò che in futuro capiterà ancora.

Siete riusciti comunque a mantenere i livelli di produzione?
In parte. I danni comunque ci sono stati.

E questo influisce anche sulla qualità?
No. Ma si ripercuoterà sicuramente sulla produzione di quest'anno perché la pianta ha sofferto.

Da circa un anno avete anche una nuova cantina. Come mai questo investimento era così necessario?
E' stata una scelta faticosa dal punto di vista economico ma eravamo obbligati in quanto era necessario aumentare la funzionalità dell'impianto e far crescere l'immagine aziendale. Ad  esempio non avevamo una sala di degustazione. L'aspetto dell'accoglienza in cantina andava migliorato. Con la nuova struttura inoltre dal punto di vista della tecnologia in cantina abbiamo fatto un passo importante che ci aiuterà a far crescere ancora la qualità.

Spesso nel passato avete partecipato al Vinitaly. Per un'azienda di piccole dimensioni
è un appuntamento ancora importante? 
Secondo me è importantissimo. E' un evento mondiale dove bisogna essere presenti anche se non sempre i ritorni commerciali sono immediati.

I vini valdostani stanno attraversando un buon periodo. E' una moda passeggera o un “trend” destinato a durare?
Dire che si tratta di un trend destinato a durare. La qualità del vino valdostano negli ultimi vent'anni è decisamente cresciuta e crescerà ancora. La Valle d'Aosta non ha delle materie prime da poter sfruttare per cui l'agricoltura in generale è alla fin fine un prodotto primario. Sono convinto che le eccellenze emergeranno.

Qual è la vostra quota di export?
Si tratta di una piccola finestrella sul mondo: circa il 10%. Un 5% negli Usa e un 5% in Giappone.

Meglio far crescere l'export o la vendita diretta?
Secondo il mio modesto parere la vendita diretta è importante per diverse ragioni. La più significativa è che se riusciamo a far venire il turista in Valle d'Aosta e a farlo consumare qui non comprerà solo la bottiglia del vino, ma occuperà un letto in un albergo, andrà a mangiare un pranzo al ristorante, a bere un caffè al bar, per cui si verificherebbe una ricaduta maggiore sul territorio. L'esportazione è sicuramente utile economicamente per il produttore, ma non ha una ricaduta in regione.
A suo giudizio quanto è sviluppato il turismo del vino in Valle?
Si sta evolvendo. I viticultori valdostani si stanno attrezzando bene sul fronte dell'accoglienza. Il visitatore che viene in Valle si trova ben accolto e l'accoglienza in una cantina lascia comunque un ricordo, un'emozione grazie alla quale l'enoturista ritorna sicuramente in Valle d'Aosta a consumare del vino.

Una curiosità: qual è il vino che le ha dato le maggiori soddisfazioni?
Sicuramente il Prisonnier. E' un vino che nasce in una zona molto vocata sulla collina di Saint-Pierre.In centro alla zona Torrette, già menzionata dal Dottor Gatta a fine '800. E' una zona dove terreno e clima sono unici in tutta la Valle d'Aosta.

Una novità da raccontare in esclusiva ad ImpresaVda?
Quest'anno usciremo con un bianco da sbicchierare che si chiamerà Latouche. E' ideale per l'aperitivo e con questo vino vorremmo conquistare i bar valdostani. I vini valdostani si trovano nei ristoranti valdostani, ma sono molto latitanti nei bar, dove c'è ancora tanto bianco di fuori regione.

Dovendo mandare un telegramma urgentissimo a chi lo invierebbe e che cosa ci scriverebbe?
A nome di tutti gli agricoltori valdostani chiederei alle istituzioni di diminuire la pressione della burocrazia, cioè di ridurre il numero di tutte quelle carte che ci tocca a compilare per rimanere a galla. Probabilmente ad un'azienda medio-grande non pesano, ma per i piccoli produttori valdostani si tratta di un vero cappio. 

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