2 febbraio 2014

Costo di produzione del #latte in Valle d'#Aosta: Così non va...

Tratto dalla rivista di Coldiretti «L'Agriculteur Valdôtain» ti propongo l'articolo dal titolo «Costo di produzione del latte in Valle d'Aosta». Il tema è di sicuro interesse.

L'INEA (Istituto Nazionale di Eco­nomia Agraria) ha elaborato - su incarico della Amministrazione 
Regionale - un interessantissimo studio sul costo di produzione del latte in Valle d'Aosta pubblica­to su un quaderno INEA a cura di patrizia Borsotto. Riprendiamo di seguito alcuni passaggi significati­vi e utili al mondo agricolo. I dati citati sono relativi al 2011. 

Intanto la produzione di latte, nel periodo 2007/2011 è risultato di circa 45.000 tonnellate medie an­nue registrando una progressiva diminuzione dei titolari di "con­segne" per circa il 15% (risultato della concentrazione delle aziende zootecniche) ma il quantitativo di latte consegnato ai caseifici è ri­masto costante per circa 33.000 tonnellate. A differenza delle altre regioni si registra una incidenza si­gnificativa delle "vendite dirette" con poco meno di 12.000 tonnel­late, ben il 27% della produzione mentre, nel resto d'Italia, la me­dia si aggira intorno a 3%. Da no­tare che il 64% degli allevamenti produce meno di 50 tonnellate an­nui dando un significativo segnale di forte permanenza sul territorio di aziende medio piccole.

L'INEA, nel suo studio articolato, ha tenuto conto della strutturazio­ne dei vari tipi di allevamento in­crociando tali situazioni con i costi espliciti (foraggi, mangimi, e spese generali) che quelli impliciti (am­mortamenti, costo lavoro, ecc). Sono stati analizzati quattro tipi di "gestione aziendale":

A) Aziende di fondovalle che af­fidano a terzi il bestiame per l'alpeggio: (523 aziende) sono generalmente costituite da un campione con un numero di UBA allevati piuttosto basso e il co­sto totale del processo è pari a 0,78 euro al chilogrammo.

B) Aziende di fondovalle che mantengono in loco i capi tut­to l'anno non praticando l'al­peggio (273 aziende) anch'esse con un numero di capi basso ma con un costo totale migliorato rispetto alla situazione prece­dente con un costo totale del processo pari a 0,69 euro al chi­logrammo.

C) Aziende che praticano fondo­valle e alpeggio solo con i pro­pri capi (92 aziende): le mandrie sono composte - mediamente - da 55 UBA con 32 capi lattiferi e una produzione di circa 35 quintali per capo. Il costo del processo risulta, mediamente, di 0,79 euro al chilogrammo.

D) Aziende che praticano fondo­valle con i propri capi e alpeg­gio prendendo in affida anche capi da terzi: (306 aziende) tali aziende rappresentando la tipica azienda valdostana. Tali aziende sono in crescita, era­no 250 nel 2007 e quasi 400 nel 2011. Tale organizzazione aziendale è - indubbiamente - la migliore, arrivando ad una per­formance di 0,62 euro per chi­logrammo

Fin qui le analisi dell'INEA, a noi rimane l'amaro compito di rilevare, ancora una volta, come il settore agricolo sia strangolato dai costi di produzione che sono in continuo aumento mentre i ricavi sono fer­mi a quanto si ricavava anni fa. Si fa presto a dire che chi conduce in alpeggio propri capi e capi presi in affida da terzi riesce a mantenere i costi (sigh!) in 0.62 euro al chilo. Sappiamo tutti che si tratta delle aziende più strutturate ma sappia­mo tutti che sono rr a numero chiu­so"! gli alpeggi quelli sono, e non possiamo certo farli crescere, anzi sono inflazionati da un mercato che - abbiamo visto anche questa primavera in occasione di alcune aste comunali- porta i conduttori a fare offerte di canone affitto sempre più importanti andando cosi - di fatto - a diminuire costan­temente i ricavi. La maggioranza delle aziende zoo tecniche è costi­tuita da allevatori che affidano in estate in proprio bestiame a terzi, il tessuto naturale è quello ed è, quindi, facile ipotizzare un costo medio generalizzato molto vicino ai 0,78 euro per chilo.
Se rapportato ai ricavi diventa ve­ramente difficile immaginare una corretta gestione aziendale che ritenga gli aiuti una integrazione del reddito agricolo ma, di fatto, si rischia che l'aiuto venga ritenu­to, esso stesso, il reddito agricolo, con evidenti rischi alla sopravvi­venza considerando che gli aiuti dipendono da altri fattori che non quelli gestionali dell'impresa agri­cola.

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