Seconda parte dell'intervista ad Andrea Leonardi, presidente di Valfidi. La prima è stata postata ieri.
Dal vostro osservatorio cosa dite sulla crisi?
Dal vostro osservatorio cosa dite sulla crisi?
L’esame condotto da Valfidi sul nostro territorio regionale, nell’anno 2011, nonostante i segnali di crescita del primo semestre dell’anno, ha fatto osservare un andamento congiunturale fortemente incerto. Poi, via via, nell’anno 2012, sono progressivamente aumentate le incertezze degli imprenditori e, in linea con le previsioni economiche sulle diminuite possibilità di incremento delle attività produttiva (e ancor di più di quelle destinate ai servizi), si è dovuto constatare un evidente rallentamento dei programmi di investimento. L’economia valdostana, dunque, non è rimasta schiva dal contesto congiunturale e ha sofferto, come soffre, al pari delle vicine realtà economiche regionali, di un forte rallentamento che, di pari passo con l’aggravarsi della situazione del debito italiano, ha visto la lievitazione, effettivamente oltre misura, dei costi di finanziamento e dei tassi bancari applicati.
Sono di conseguenza aumentati i ricorsi al ceto bancario per esigenze di credito a breve termine (liquidità e cassa). L’occupazione ha fatto registrare una costante flessione, pressoché continua, così come è diminuita l’offerta di lavoro. I primi mesi del trascorso esercizio 2012, avevano fatto segnare una generale ripresa dei prestiti bancari e dell’accesso al credito, pur registrandosi modesto il contributo delle imprese conseguente a tale ripresa. Nel corso del medesimo anno, però, è peggiorata la qualità dei finanziamenti concessi alla clientela imprenditoriale, con un inasprimento sia delle sofferenze che delle partite incagliate. Per le situazioni considerate più vulnerabili, Valfidi ha sostenuto
manovre di consolidamento e supporto della liquidità, certo, anche con l’ausilio del settore bancario, che avrebbe dovuto considerare, tra l’altro, anche gli effetti dell’inflazione che, nell’ultimo trimestre
dell’anno, si è arrestata ed è addirittura diminuita anche nelle economie locali.
Gli investimenti delle imprese sono scesi, a ritmi meno intensi nel terzo trimestre del 2012 rispetto alla prima metà dell’anno – è vero –, per effetto della attenuazione dell’interesse all’assunzione del rischio imprenditoriale ed al calo della spesa in beni immateriali, in attrezzature, macchinari, mezzi di trasporto.
L’attività di investimento nella nostra Regione ha risentito soprattutto delle prospettive incerte della
domanda e degli ampi e crescenti margini di capacità produttiva inutilizzata, della non migliorata, ed
ancora contratta, possibilità di accesso al credito. Molte, troppe piccole e medie imprese hanno o stanno per chiudere la loro attività. Lo fanno spontaneamente o ricorrono – loro malgrado – alle procedure concorsuali. In tal senso, stiamo assistendo ad un fenomeno sempre più frequente, fenomeno che non deve sottovalutare, dimenticandola, l’importanza che le Piccole e Medie Imprese hanno in campo nazionale e soprattutto in Valle d’Aosta.
Che cosa è successo in Valle d'Aosta
In primo luogo, si deve considerare che gli imprenditori non reagiscono subito alle sollecitazioni del mondo esterno, pensano a produrre, trascurano, come in effetti hanno trascurato, i segnali di apertura della eventuale crisi economica. È inutile nasconderci che il mare in cui il nostro Paese sta navigando ha cominciato a muoversi qualche anno fa; ed ora le onde sono divenute alte e spumeggianti. Si sarebbe dovuto carpire qualche segnale fin da quando, per incassare i crediti dai clienti e dalla Pubblica Amministrazione, si era dovuto ricorrere ad azioni legali, anche culminanti in decreti ingiuntivi. Si sarebbe dovuto comprendere come il deteriorarsi del rapporto con il personale dipendente, la frequenza dei licenziamenti per riduzione del personale stesso, l’aumento della conflittualità innanzi al Magistrato, era già di per se segnale di disagio gestionale. Non si sarebbe dovuto ricorrere al ritardo nel pagamento dei debiti erariali o al mancato versamento dei contributi previdenziali, profittando delle lentezze burocratiche, poiché, a breve tempo, l’azienda avrebbe sopportato un danno finanziario molto più concreto, per l’effetto moltiplicatore delle sanzioni e degli interessi, oltre alla normativa effettivamente coercitiva della esazione esattoriale. In secondo luogo, si deve portare l’attenzione sul fatto di come l’esercizio 2011 e la prima parte dell’esercizio 2012 siano stati caratterizzati da fasi alterne nell’andamento congiunturale del sistema economico della nostra Regione. Se nel primo trimestre dell’anno 2011 si sono registrati tassi di crescita positivi, in linea con le aspettative di sostenibilità di ripresa globale, nella successiva parte dell’anno, e più intensamente nel secondo semestre, si sono cominciati ad evidenziare segnali di forte crisi economica. È intorno alla metà dell’anno che si è cominciato a verificare il sostanziale cambiamento di trend, (soprattutto in funzione del debito italiano apprezzato nell’area dell’euro.) L’esercizio 2012 è stato condizionato dall’acuirsi della crisi economica; e ad oggi non si è in grado di fare previsioni sull’andamento prossimo del sistema produttivo. Tale trend, di fatto, pur cercando di porvisi rimedio mediante il suggerimento rivolto alle imprese di attuare politiche di risanamento interno e di contenimento dei costi, anche nella nostra Regione ha mortificato le speranze di sviluppo e l’interesse ad azioni di investimento. In terzo luogo, il valore del prodotto interno lordo della Valle d’Aosta è diminuito, anche per effetto della contratta elargizione di contributi e provvidenze regionali, sebbene l’insieme dei meccanismi politici attuati sia stato comunque mantenuto efficace, riuscendo a rallentare il processo di recessione ed permettendo una relativa rinnovata contrattualità con il sistema creditizio nel suo complesso. In quarto luogo, il problema che si pone è quello di trovare i mezzi di finanziamento per l’attuazione dei progetti di sviluppo. Se da un lato le grandi imprese possono, in qualche modo, ricorrere a mezzi propri o a mercati finanziari più ampi, le piccole e medie imprese, sottocapitalizzate per natura, devono necessariamente ricorrere al credito bancario. Nell’ambito regionale è apparso evidente un percorso di sviluppo consono con la qualità del credito e degli Istituti bancari presenti sul territorio.
Un sistema del credito efficiente è particolarmente importante per le piccole e medie imprese, non dobbiamo nascondercelo. Il settore necessita di un sistema creditizio particolarmente efficiente e aperto per superare la crisi della domanda regionale che sta colpendo ora anche la produzione dei beni tradizionali e del settore manifatturiero, oltre che dei servizi. I problemi potrebbero presentarsi in modo molto più accentuato al termine della fase profonda della crisi, prima della attesa ripresa economica, quando sarà importante per l’imprenditore presentarsi sul mercato per ricondursi negli spazi perduti, giacché la mancanza di investimenti e di innovazioni avrà causato la mortificazione della sua capacità produttiva. Quindi, l’intervento di sostegno finanziario pur non essendo semplicemente concesso, dovendosi fare sempre riferimento al merito creditizio dell’imprenditore, deve servire, deve essere essere mirato ed utile a risolvere e non a spostare nel tempo le attuali problematiche. Così, gli interventi di Valfidi sono stati attuati ed hanno in generale prodotto effetti sia negli ambiti gestionali delle imprese che nei rapporti di queste ultime con il sistema creditizio, ovviando, almeno in parte, alle sempre più stringenti regole di accesso al credito. Data la natura (oltre che economica) finanziaria della crisi, sembra evidente la difficoltà del sistema creditizio di fornire i mezzi necessari, soprattutto alle PMI, per affrontare il difficile attuale contesto. Il quadro generale sembra essere abbastanza chiaro: le maggiori difficoltà di accesso al credito si riscontrano, soprattutto per le piccole imprese, e a tali difficoltà, considerati anche i sempre più lunghi tempi di pagamento di clienti, contribuiscono ad aggravare la situazione di cassa di tali imprese.
Ma che cosa si potrebbe fare?
Per evitare che la crisi incida profondamente sul sistema produttivo regionale sono necessari interventi volti, da un lato, a migliorare le condizioni di accesso al credito e, dall’altro, ad incentivare gli investimenti tramite il mantenimento di quelle leggi regionali di provvidenza. Le imprese marginali che potrebbero essere colpite maggiormente dalla difficoltà di accesso al credito sono soprattutto quelle piccole e medie, alle quali si dovrebbe assicurare la possibilità di ottenere finanziamenti, a tassi di interesse miti, atti a limitare l’impatto della crisi. Sarebbe opportuno definire una filiera della garanzia più lineare e senza sovrapposizioni, cercando di ottimizzare le poche risorse disponibili nel migliore dei modi. In alcune regioni, ad esempio, sono stati costituiti fondi rischi, anche con l’utilizzo di fondi comunitari, utilizzabili dai confidi per sostenere le imprese nell’accesso al credito, sia per investimento che per innovazione o liquidità. In altri casi l’accesso alla garanzia del Fondo di garanzia per le PMI, è stato limitato ai soli confidi per i finanziamenti fino ad un certo importo, al fine di ottimizzare le risorse pubbliche del fondo ed al fine di garantire alle micro e piccole imprese finanziamenti a tassi convenzionati, quindi più bassi, mentre le banche possono accedervi solamente per i finanziamenti sopra detto importo. E’ una soluzione che abbiamo già prospettato in Regione e ci auguriamo possa essere presa in considerazione.
0 commenti:
Posta un commento