Dario Giovanetto |
Intervista
a Dario Giovanetto, presidente di FEDERMECCANICA Valle d’Aosta.
Venerdì
scorso avete presentato l’indagine trimestrale sull’industria metalmeccanica in
Italia. Prima di inoltrarci nei numeri è giusto sottolineare che l’evento
voleva anche essere l’occasione per lanciare un messaggio: quale?
Il messaggio principale è dato dalle riflessione
nate da questa prolungata crisi che stiamo vivendo. La necessità dell’unità di
tutti i componenti di questa nazione per cercare di superare questo momento
così critico. Ci siamo resi conto che nessun ente di questa nazione può pensare
di essere autonomo e andare avanti da solo. Ma soltanto insieme si può cercare
di creare i presupposti per lentamente uscire da questa crisi.
Qual è la situazione
italiana in base ai dati n vostro possesso?
Sono
appena tornato dall’Assemblea nazionale che abbiamo tenuto a Milano e i dati
non sono ancora buoni, anche se c’è il segnale di essere arrivati ad un
appiattimento della curva di discesa del grafico si riscontra ancora qualche
numero negativo. Sono ancora pesanti i numeri sulla cassa integrazione, e, più
in generale, quelli che arrivano da tutte le aziende. Però non sono così
disastrosi come un tempo. Si sono accumulati numeri che certamente non sono
piacevoli ma dovremo aver smesso di scendere.
Quali sono i numeri
della metalmeccanica in Valle?
L’industria
metalmeccanica valdostana rispecchia abbastanza quello che è successo in Italia.
Ci sono poco meno di 2000 occupati che però hanno il pregio di produrre un po’
più del 50% delle esportazione della Valle d’Aosta. Vorrei infatti che si
capisse che noi non siamo pessimisti, ma, dopo aver preso visione dei dati che
vanno osservati con realismo, dopo occorre essere ottimisti per il futuro. Noi
crediamo di essere il comparto principale della Nazione. Il messaggio che il
Presidente nazionale ci ha dato all’incontro di Milano era chiaro: dobbiamo
renderci conto che il saldo positivo derivante dalle esportazioni metal
meccaniche sono quelle che permettono all’Italia di poter accedere a tutti i
beni che produce il resto del mondo. E lo stesso avviene per la Valle d’Aosta.
Questo ci riempie di soddisfazioni in quanto significa che il lavoro fatto è
utile.
Del resto il ridursi
della presenza del pubblico dell’economia rende necessario un protagonismo
delle imprese…
Chiaramente.
Soprattutto ho visto molte facce che avevano voglia di continuare a fare
impresa e continuare a provare in un mercato mondiale con tutte le difficoltà
che comporta.
Una delle richieste
fatte a livello nazionale è quella della necessità di una politica industriale.
E’ un problema che avverte anche a
livello regionale?
Si
avverte in tutti i ragionamenti che si fanno pure individualmente. Riportare cioè
l’industria, in questo caso quella metalmeccanica, al centro delle prospettive
delle persone. Lo sforzo che faremo sarà di andare in questa direzione, mentre
a volte è accaduto nel passato che l’industria non fosse vista con una luce
benevola, noi oggi riteniamo che soltanto l’industria può essere di aiuto in
questo e non deve più essere snobbata. C’è l’orgoglio di essere dei lavoratori
che producono del reddito per tutta la nazione e desideriamo che questo possa
essere colto anche dai più giovani.
Che tipo di attività
svolgono le aziende di cui è amministratore?
Le
attività principali sono la costruzione di carpenterie metalliche, carpenterie
pesanti. Siamo principalmente al servizio di altre industrie. Nel caso della
Valle d’Aosta della Cogne Acciai Speciali e di altre aziende. Facciamo anche
montaggi meccanici, manutenzioni e tutte le attività che possono essere al
servizio di altre industrie. Costruiamo anche dei manufatti che cerchiamo di vendere
sui mercati per quello che è possibile. Siamo metalmeccanici fino in fondo.
Quali sono le maggiori
difficoltà che state incontrando?
Attualmente
operiamo principalmente sul mercato locale ma abbiamo intenzione di fare
qualcosa sul fronte dell’export per il futuro. Le difficoltà maggiori sono
innanzitutto il credito. Non è soltanto nostro ma di tutte le imprese del
comparto. Non credo di dire niente di nuovo. Le banche hanno avuto i loro
problemi. La crisi ha creato problemi a tutti e investire non è facilissimo in
questo momento. Forse perché siamo venuti da anni in cui questa attività era
molto più semplice ora si sono ristrette le maglie. Poi c’è il problema della
qualità dei lavoratori che si riescono ad avere. Anche in questo momento di
crisi i dipendenti sono essenziali affinché le aziende vadano avanti. E non
sempre e facile reperire la manodopera qualificata adatta.
Un’impressione
da osservatore esterno è una certa difficoltà delle imprese valdostane a
lavorare in rete. E’ un’impressione reale o la crisi sta modificando anche
questo?
L’individualismo valdostano c’era. E’ inutile
legarlo. La crisi sta facendo capire che soltanto creando imprese in rete si
può favorire il superamento della crisi. L’impressione è che ci si stia aprendo
maggiormente con altre imprese.
Una
novità da annunciare per ImpresaVda come azienda o come federmeccanica?
L’obiettivo del prossimo anno sarà riuscire a
trasformare in realtà lo scuola-lavoro. Adesso con i decreti attuativi
cercheremo di avere i giovani in azienda. Vogliamo realizzare una
collaborazione tra imprese e mondo della scuola in modo che i giovani prima di
terminare i loro studi possano già provare cosa significhi lavorare in un’azienda.
Un delegato a Milano diceva vogliamo portarli dentro e far vedere loro che
negli stabilimenti di oggi non c’è più il fumo, il freddo o il caldo che sono
diventati moderni.
Pensate
sia davvero la volta buona?
Sì. E’ l’obiettivo anche delle mie aziende.
Un
sogno imprenditoriale da realizzare?
Vorrei avere dei ragazzi giovani che vanno ancora a
scuola ma che pure vengono passino un po’ del loro tempo in azienda e prendano
contatto con una realtà che poi magari sarà anche il loro futuro. Addirittura
si intendeva di avere degli studenti molto giovani affinché capiscano che
esistano anche i metalmeccanici. E’ importante che vedano la realtà dal di
dentro, con i loro occhi. I tedeschi già lo fanno. Per gli istituti superiori
vorremmo arrivare addirittura a proporre 200 ore nell’anno. Speriamo di
riuscirci.
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