16 dicembre 2019

Leopoldo Gerbore (#Confcommercio): «All'estero nella #ristorazione si può lavorare con maggior leggerezza»


Proponiamo l’intervista al ristoratore Leopoldo Gerbore, vicepresidente responsabile del settore Ristorazione per Confcommercio.
Leopoldo Gerbore

Lei ha lavorato anche all'estero...
Ho cominciato a 18 anni con una esperienza in Germania, poi sono stato un po’ in giro per l’Europa. Mi sono fermato un periodo e poi sono ripartito e ho finito 5-6 anni facendo l’executive chef in un resort in Thailandia.

Come è stato il ritorno in Italia e in Valle d'Aosta?
Combattuto tra la felicità di ritrovare gli affetti, gli amici, le mie montagne e l’infelicità di dovermi adeguare al fatto che nel nostro Paese fare impresa è più difficile che all’estero, c’è meno leggerezza, ci sono più regole, un sacco di burocrazia in più.

Cosa ci può dire sullo stato di salute del settore in Valle d'Aosta?
C’è una ripresa del turismo. Il che fa ben sperare. Viviamo in un momento di profondo cambiamento, cominciato con il Decreto Bersani che ha fatto una liberalizzazione piuttosto selvaggia per finire con questo periodo in cui l’avvento di internet ha allargato molto le maglie, togliendo professionalità, togliendo tutele, togliendo la possibilità a chi opera nel settore in maniera professionale e accurata di difendersi da certi personaggi che lavorano nel nostro stesso settore con regole diverse.

Quali sono i nodi più critici per i ristoratori valdostani?
I ristoratori di tutta Italia hanno dei nodi critici abbastanza importanti. Quello della concorrenza sleale è uno dei più importanti che sono. E purtroppo attualmente ci sono persone che lavorano nel nostro settore con regole diverse. E quindi si va ad interrompere quello che dovrebbe essere un mantra: stesse regole per stesso mercato. Poi c’è un aumento di costi derivanti da tutta una serie di spese che abbiamo in più rispetto al passato per poter fare il nostro mestiere. Da quelle tecniche a quelle di approvvigionamento di clientela. Oggi il cliente usa il ticket, la carta di credito oppure per mangiare a casa propria e potersi bere un bicchiere di vino utilizza i delivery…Sono tutti costi in più che ci dobbiamo sorbire e che al momento hanno delle spese molto importanti.

Sul fronte normativo?
Il regolamento è europeo. Ma in Italia ogni regione fa il suo. E quindi quello che si fa a Carema probabilmente non si fa a Pont-Saint-Martin. In Valle d’Aosta abbiamo quattro tipologie di professionisti che possono lavorare nel settore enogastronomico. Queste tipologie sono normate in maniera molto puntuale, ma è anche molto difficile stabilire quali sono veramente i paletti tra uno e l’altro: uno può riscaldare, l’altro può cuocere, scongelare oppure preparare. Stiamo lavorando con l’amministrazione regionale – e la ringraziamo per averci coinvolto  - per portare un’armonia in queste regole per portare dei paletti chiari su chi può fare un certo tipo di attività e su chi invece per fare ristorazione deve adeguare la propria attività.

Come è il dialogo con la pubblica amministrazione?
Io sono molto contento perché ultimamente ho partecipato a dei tavoli di lavoro proprio per la normativa igienico-sanitaria e per il turismo. Non si può prescindere da noi. Noi facciamo il turismo e siamo il 60% del PIL valdostano. Qualcosa si sta muovendo. Abbiamo visto più collaborazione, più voglia di coinvolgerci. D’altra parte non farlo sarebbe stato un errore.

Lei è attivo anche in Confcommercio. Quanto è importante e utile far parte di una associazione di categoria?
Nel nostro settore è più importante che in altri perché è un posto dove possiamo essere tutelati. Facciamo un esempio: per poter fare un progetto devi essere un geometra, un architetto, senza di questo non lo puoi fare. Per poter fare il ristoratore non devi avere nessun titolo di studio particolare. Devi aver fatto al massimo dei corsi. Siamo quindi più attaccabili. Non abbiamo un albo al quale siamo iscritti dove chi vuole fare ristorazione deve avere una persona iscritta. Di conseguenza il nostro albo è la nostra associazione che ci aiuta quando escono nuovi regolamenti, quando escono problematiche diverse, che ci dà una mano con chi legifera che non facendo parte del nostro settore può fare scelte non così corrette. Io faccio parte della Fipe da dieci anni. Vado a Roma regolarmente. Imparo. Porto a casa delle belle idee. E porto a Roma le problematiche regionali. Possiamo infatti contare su uno studio legale che il più delle volte ci ha aiutato. Sono molto contento della mia esperienza in associazione.

Novità per il 2020?
La prima novità è l’invio telematico delle chiusure contabili finali. Che sarebbe una cosa meravigliosa perché ci evita di andare a scrivere tutti i giorni sul registro dei corrispettivi dove se fai un errore sei multabile per minimo 480 euro. Toglierci questo onere non sarebbe male. Però purtroppo, come al solito, un’operazione semplice l’hanno complicata e quindi i registratori devono essere di un certo tipo, poi non arrivano, ci sono state sei circolari negli ultimi due mesi per capire come rendere questa novità meno difficoltosa possibile. L’ultima genialata – perdonatemi il termine – è quella dell’eliminazione del contante e del maggior utilizzo della carta di credito…Che andrebbe benissimo ma devono toglierci le commissioni bancarie. Per noi sarebbe meglio però non si può continuare a togliere potere di spesa al cittadino. Se uno mi paga 100 euro con la carata di credito io non ho più in mano 100 euro, ma 99 euro e 25 centesimi e via dicendo. E poi perché al posto di estrarre un fortunello che ha messo il codice fiscale sullo scontrino - e mi chiedo come riusciremo a mettere il codice fiscale sullo scontrino di 50 clienti che prendono il caffè nell’arco di mezz’ora -  non si prende questo monte di denaro e si fa sì che gli italiani possano scaricare dai loro redditi questa cifra dalle tasse. Infine abbiamo una finanziaria che invece di abbassare le tasse le aumenta. Aumenteranno le revisioni catastali e questo porterà ad un aumento di Imu e Tari che sono già a livelli insostenibili. Fare impresa è complicato in Italia.

Un sogno imprenditoriale da realizzare?
Di quello che ho fatto sino ad ora sono molto felice per questo il mio sogno è quello di aiutare le imprese a confrontarsi con la politica e fare in modo che in Italia si più semplice fare impresa come all’estero, dando alle figure professionali il giusto valore. 

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